Pubblicato in: Ven, Gen 30th, 2015

A Lecce sempre meno Laureati… Per colpa di chi?

A colloquio con il prof. Giuseppe Patisso, Delegato dal Rettore per gli Studenti, orientamento e tutorato nell’Università del Salento. 

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“Abbiamo avuto 900 richieste per la facoltà di biologia, ma il sistema universitario nazionale ci ha permesso di accoglierne meno di 200, ora dove sono tutti quei ragazzi?”. 

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“Di recente l’UniSalento ha investito più di 1 mlione e 600 mila euro per sostenere il diritto allo studio. Senza ragazzi l’Università muore e senza l’università muore tutto”. 

In un paese fortemente se­gnato dalla crisi econo­mica e che non sembra in grado di offrire un avvenire certo ai pro­pri giovani, è normale che crescano la sfidu­cia e la paura del domani. In questo panorama sembrerebbe normale la drastica diminuzione del numero di lauree conseguite dai giovani italiani negli ultimi anni. Le cause sono da ricercare nelle pigrizia dei giovani o bisognerebbe guardare al sistema che è proposto loro? Cerchiamo di comprendere questa triste situazione con l’aiuto del prof. Giuseppe Patis­so, delegato del rettore per studenti, orientamento e tutorato nell’Univer­sità del Salento.

Professore, è vero che negli ultimi tempi i numeri di lauree consegui­te nell’Università del Salento è in forte ribasso?

In parte è vero, va detto che il problema persiste a livello naziona­le. Da qualche anno, dal 2008 in poi, non si è fatta una politica seria di diritto allo studio ed è mancato l’a­iuto per gli studenti che non hanno un appoggio ed una reale base eco­nomica su cui poter proseguire gli studi. Per quanto riguarda Lecce e la nostra università dobbiamo regi­strare che la flessione di laureati c’è, più marcata in alcune facoltà e meno in altre. Io, però, mi faccio delle do­mande; noi abbiamo avuto 900 ri­chieste per la facoltà di biologia, ma il sistema universitario nazionale ci ha permesso di accoglierne meno di 200, ora dove sono tutti quei ragaz­zi? A lingue e a tutti i corsi di laurea a numero chiuso abbiamo avuto il doppio, il triplo o anche più di quel­le che potevamo accettare per legge. Quindi bisogna riflettere su ciò che bisogna fare, non solo per l’UniSa­lento, ma a livello più alto. Bisogna capire quali sono le nuove politiche che noi dobbiamo adottare. Perché sbarrare la strada a tanti ragazzi?

Si può parlare di un’autentica “cri­si di laureati”?

Dati alla mano, l’Italia è uno dei paesi d’Europa con meno ragazzi che perseguono la laurea. Secondo una recente statistica, si registra che nel sud della Penisola si laureano meno giovani che in Turchia. D’altro canto bisogna capire anche se oggi in Italia un laureato ha una maggio­re possibilità rispetto ad un diplo­mato di vincere un concorso. Spesso non è così e per questa situazione si dovrebbe fare qualcosa a livello na­zionale. Bisognerebbe privilegiare chi ha una laurea. Dobbiamo dare un valore forte ed importante alla laurea a tutti i livelli, in tutti gli uf­fici. In questo modo si conferisce im­portanza allo studio, si valorizza la laurea e si vive meglio.

È vero che la laurea non può più essere considerata un “ascensore sociale”?

No, ma proprio perché ci sono leggi che non lo consentono. Guar­dandosi intorno si può vedere facil­mente come tanta gente non laureata ricopre posti di lavoro, più o meno prestigiosi, anche con contratti a tempo indeterminato, mentre molti ragazzi laureati, preparati e compe­tenti sono a casa senza la possibilità di dare una spinta forte al nostro pa­ese. Mancano politiche di valorizza­zione della laurea e del dottorato.

La difficile situazione economica del nostro paese ed il futuro incer­to spaventano i giovani. Potrebbe essere questo uno dei motivi di questa tendenza o ciò dovrebbe invogliare i ragazzi a studiare di più per avere maggiori possibilità un domani?

Lo studio, la conoscenza e la cultura sono gli unici strumenti per poter uscire da questa situazione. A mio parere, la crisi è dovuta al fatto che l’Italia investe pochissimo nella ricerca e nell’istruzione. Siamo la Cenerentola di tutta l’Europa per quanto riguarda gli investimenti per la ricerca. In Italia si investe circa l’1% del Pil, mentre in America si parla del 3%, e la differenza si vede. Si potrebbe pensare che studiare in un momento di crisi non serva a niente e invece è tutto il contrario. L’unico modo per affrontare questa situazione è investire risorse ingen­tissime sulla ricerca.

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Eppure i programmi ministeriali sono stati ridotti. Questo fattore potrebbe essere un’agevolazione?

Il problema è che fino ad adesso le riforme che sono state attuate non sono state riforme vere e proprie. Forse si utilizzava questa parola perché si aveva ancora il pudore di non utilizzare il termine “tagli”. Dal 2008 al 2011 la scuola ha perso 9 miliardi di euro e l’università 1 mi­liardo, questi sono dati reali.

Tali statistiche, allora, danno ra­gione a chi sostiene che quella dei giovani d’oggi sia la generazione degli “sdraiati”?

Assolutamente no. Non esistono ragazzi sdraiati, i pochi che non vo­gliono studiare e che non hanno vo­glia di fare niente sono sempre esi­stiti. Oggi ci sono ragazzi disperati che nonostante una preparazione eccellente non possono dimostrare il proprio valore. Dall’Università del Salento escono ragazzi che non han­no nulla da invidiare alle università del nord che beneficiano di maggiori finanziamenti e sono inserite in un tessuto socio-economico migliore. Le università del sud dovrebbero essere maggiormente aiutate perché rappresentano un baluardo della cultura.

Forse non a tutti serve una laurea. Tali numeri potrebbero essere un segnale di ritorno agli antichi “me­stieri”?

Gli antichi mestieri sono impor­tantissimi. Tuttavia uno degli errori che si fanno spesso è quello di pen­sare che la laurea sia sempre finaliz­zata al lavoro. Non ci sarebbe niente di male in un contadino laureato. La riscoperta degli antichi valori è mol­to importante, ma io non vedo una discrasia tra la laurea ed i lavori manuali. Un artigiano con una laurea non può che avere una mentalità più aperta.

Quale ricaduta sulla società po­trebbe avere la diminuzione delle lauree conseguite?

Una ricaduta tragica. Un impo­verimento non solo della conoscen­za, che dall’origine del mondo è sta­ta il motore del progresso umana, ma anche del livello di vita civile.

Come si muoverà l’UniSalento per far fronte a questa situazione?

L’UniSalento si sta già muoven­do in maniera forte. Dobbiamo darci da fare perché lo dobbiamo ai nostri ragazzi e al territorio. Abbiamo però bisogno che continuino ad arrivare gli aiuti della regione. L’Università del Salento si è mossa mettendo a di­sposizione borse di studio per quan­to riguarda la didattica, la mobilità degli studenti e lo studio. Nell’ultimo biennio l’UniSalento ha investito più di 1mlione e 600mila euro per soste­nere il diritto allo studio. È impor­tante continuare in questa direzione. Senza ragazzi l’Università muore e senza l’università muore tutto. 

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