Pubblicato in: Gio, Nov 12th, 2015

Archivio Diocesano/C’era il Campanile da restaurare

Un complesso documentario del 1823 racconta il clima dei rapporti tra il Comune e la Diocesi. 

Capita che nel corso della loro esistenza anche gli edifici sacri abbiano necessità di interventi di manutenzione, sia per il naturale invecchiamento o decadimento dei materiali, sia per eventi straordinari o sporadici, al fine di salvaguardarne l’integrità o la sicurezza. Una tale circostan­za coinvolse il campanile della Cattedrale di Lecce nel lontano 1823. Di questo evento, e di tutto ciò che ruotò intorno ad esso, ci parla un complesso documentario composto da 4 lettere (Instrumenta Miscellanea, Busta I, Schede n.1-4) ognuno delle quali offre informa­zioni utili, seppur a latere, circa la situazione che venne a crearsi in quel frangente, inerente soprattutto alle responsabilità dell’intervento e soprattutto, nella sostanza, a chi, tra Vescovo e Comune, spettasse l’onere di sostenerne il relativo peso economico. Primariamente il canonico Luigi Sellitto, nella sua missiva, datata 26 luglio 1822, ci informa come “un tavolato del terzo ordine del Campanile, si trova interamente infracidato, e perché dal medesimo si deve assolutamente passare e tra­sportar robba nella prossima festa del nostro Protettore Sant’Oronzo, perciò è necessaria la riparazione, altrimenti non ci si può metter piede”.

cupola

In data 9 agosto 1823, l’Inten­dente di Terra d’Otranto, informa il Vescovo come il Comune, da Lui incaricato di far eseguire la perizia circa le riparazioni neces­sarie al Campanile, dal momento che “nell’Archivio non vi esiste documento alcuno, onde rilevar­si che gli esiti per le riparazioni del Campanile essere dovessero a carico del Comune; e poiché il Campanile fa parte della Chiesa, ha conchiuso che le riattazioni del pri­mo debbono eseguirsi da chi è nel dovere di fare quelle che occorrono nella seconda”. Di ben altro tono è la missiva che il medesimo Intendente inoltra al Presule leccese in data 10 settem­bre nella quale si precisa come “Sindaco e Decurionato di Lecce (…) hanno riconosciuto il loro torto. Quindi si sono dati gli ordini per la formazion della perizia”. Tra le altre cose si fa riferimento come alle suddette autorità si sia “Comu­nicato (…) quant’ella (il Vescovo, N. d. A.) si servì di parteciparmi col suo pregiato foglio de’ 14 del caduto agosto in riguardo al cam­panile”. Quest’ultimo inciso è importante in quanto potrebbe fare riferimento all’ultimo documento che veniamo ad analizzare, e che può essere considerato l’anello di congiunzio­ne tra i tre precedenti. Esso non è datato ne firmato, (ma visto il rife­rimento precedente potrebbe essere stato vergato il 14 agosto 1823 da Mons. Caputo all’epoca Vescovo di Lecce). In ogni caso esso costi­tuisce una specie di promemoria circa le competenze relative alla Cattedrale. In primo luogo precisa come “[essa] sia di diritto padronato dell’Università (Comune, N.d.A.), e di tutto il Clero”.

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Prosegue poi aggiun­gendo come “La Università e il Clero sono stati sempre nel pacifico posses­so di tal padronato”. A sostegno di tale affermazione si portano una serie di eventi specifici verificatisi durante le Sante Visite del passato. In particolare “in quel­la del 1509 (…) il Vescovo Matteo d’Aquino (1508-1511) non potè principiare la visita della Cattedrale, se prima la Università non eliggeva, e non intervenivano a nome di essa due Nobili Cittadini per Convisitatori (…) lo stesso si vede pratticato nella visita del 1555 fatta dal Vescovo Braccio Martello, siccome nella Visita del 1577 sotto il nostro Vescovo Anni­bal cardinal saraceno, e in quella del Vicario, e Commissario Apostolico, D. Eugenio Sabino nel 1558, e nel 1600 fatta dal Vescovo Scipione Spina”. Prosegue sottolinenando come “un decreto della Regia Udienza Provin­ciale nel 1574 (…) decretò ‘Universi­tatis diruat sumtibus suis campanile’” senza trascurare il fatto che “(dalle Sante Visite del 1656 e del 1660 si evince come) l’attuale Cattedrale sia stata fatta da fondamenti fabbricata dal Clero, e da Cittadini, ciò che si conferma dalle iscrizioni in essa esistentino”.

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Non bisogna dimen­ticare anche la circostanza in base alla quale “i libri dei pagamenti (…) nella fabbrica della Cattedrale [testi­moniano] come Università e Clero ha il padronato della Cattedrale (…) anche per la continuata riparazione (…). Infatti l’Università nel 1771 (…) nel 1731 (…) Città e dal Clero. E (…) [circa] le riparazioni annuali (…) per convenzione avuta fra il Ve­scovo e Clero, a spese della mensa Vescovile si fanno i risarcimenti”. E ancora “Confermano un tal pa­dronato le imprese, ed arme dell’U­niversità, e Clero, sulle porte della Chiesa, e dentro il Coro, e molto più l’esercizio, in cui è di tal Padronato il Sindaco pro tempore della città a cui, come rappresentante tutta l’Uni­versità, si da nella Chiesa nel luogo più distinto la sedia con cuscino, la pace, l’incenso e tutti gli onori dovuti ai Padroni”. La conclusione conferma e raffor­za tutto ciò che è stato scritto in precedenza “Se viene in Chiesa il Vescovo, il Sindaco qual padrone della Chiesa, lo riceve sulla porta della medesima”. Dovendo tirare le somme possiamo dire come ancora una volta i docu­menti permettano di ricostruire con puntualità e dovizia di particolari i fatti del passato, fornendo non solo i dettagli ma altresì anche le sfumatu­re, aiutando a comprendere, nel caso specifico, quali dinamiche abbiano portato a comporre un contrasto che inizialmente sembrava lungi dal tro­vare soluzione e che invece alla fine riuscì a trovare l’esito al contempo auspicabile e migliore, a vantaggio di tutta la comunità cittadina leccese e di uno dei monumenti nei quali di più essa si riconosceva e trovava identità unitaria, come testimonia la carrellata storica della quale abbia­mo ampiamente delineato i tratti principali sia in chiave religiosa che laica.

Giacomo Cominotti

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