Pubblicato in: Sab, Apr 18th, 2015

Le Sfide Antropologiche nella Postmodernità

Bioetica/La Conferenza del Prof. Luca Cucurachi… 

Alcune settimane fa nella Sala “M. L. Ferrari” dell’Università del Salento si è tenuto il secondo incontro della dodicesima edizione di “Verso nuo­ve frontiere di Bioetica”, sul tema “Le sfide antropologiche nella postmodernità” a cura del prof. Luca Cucurachi, docente di storia della filosofia moderna e contemporanea presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Lecce. È alquanto difficile individuare con precisione una datazione storica di questi due avvenimenti pressoché consecutivi come la modernità e la postmodernità. La modernità ha inizio nel ‘500 e si conclude alle soglie del ‘900 quando i due conflitti mondiali, la crisi del ‘29 e i regimi totalitari demoliscono il “mito” della modernità dando origine alla postmodernità. Quest’ultima è caratterizzata dal decostruttivismo e dallo specialismo scien­tifico che impedisce il dialogo tra esperti della medesima disciplina; in tal modo il sistema precedente risulta essere decodificato, mentre l’omologazione e l’uniformità sono sostituite dall’ibridazione della natura sino a giungere all’uomo-macchina, detto “cyborg”, il corpo non risulta essere più un soggetto della politica e della società ma una mera preda della scienza e del tecnicismo.

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L’immagine più adatta a rappresentare la postmodernità è il labirinto: esso simboleggia il perdersi e il ritrovarsi ripetutamente, frutto della complessità, del disorientamento e del vivere tecnologico delle relazioni che alienano la coscienza dell’uomo. La società contemporanea è dotata di un’industria culturale rappresentata dai mass-media, che non sono più un mezzo atto a informare ma a dominare e a controllare; il Regno di Dio è sostituito dal regno dell’uomo, fondamentalmente narcisista e infelice, il quale sostituisce il concetto di provvidenza con il con­cetto di progresso. Il riduzionismo antropologico della modernità e ancor più della postmodernità mette in risalto solo una dimensione dell’uomo, oscurandone la sua totalità e la sua profondità; per questo occorre riportare la persona come punto prospettico di ogni sistema e promuove­re la dignità dell’uomo che, essendo un essere ragionevole, deve riconoscere responsabilmente l’intangibilità dei suoi diritti e la cogenza dei suoi doveri.

Romina Manca

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