Pubblicato in: Sab, Giu 20th, 2015

Conservatorio/Il M° Nitti: educare con la musica, una scommessa

La Festa della Musica. A colloquio con il Direttore dell’Orchestra Giovanile del “Tito Schipa”.

Il Conservatorio “Tito Schi­pa” di Lecce, in collabora­zione con l’Amministrazio­ne Comunale della città, ha proposto l’ultimo concerto in cartellone, dal titolo “Festa della Musica”. L’evento è sta­to promosso in occasione della popolare iniziativa, giunta alla XXI edizione, che si celebra ogni anno nel solstizio d’estate in oltre trecento Paesi in cin­que continenti. I protagonisti sono stati Gianmarco Leuzzi (flauto), Antonio De Pasca­lis (oboe), Fabrizio Miglietta (clarinetto), Antonio De San­tis (fagotto), Marco Olive­res (corno) e Alberto Manzo (pianoforte), sostenuti dall’Or­chestra Giovanile del Conser­vatorio “T. Schipa” diretta dal M° Michele Nitti.

nitti

La serata si è aperta con la Sinfonia con­certante per oboe, clarinetto, corno, fagotto e orchestra (K 297b) in mi bemolle maggiore di Wolfgang Amadeus Mo­zart; dopo è si è potuto ascol­tare la Fantaisie brillante pour flûte et orchestre sur des airs de  “Carmen” di Francois Bor­ne e si è concluso con il Rondò brillante in mi bemolle mag­giore per pianoforte e orchestra op. 29 di Felix Mendelssohn- Bartholdy. “L’Ora del Salento” ha intervistato, in esclusiva, il maestro Michele Nitti.

Il direttore di un’orchestra giovanile come riesce a co­niugare attività educativa e artistica?

L’arte è per definizione un mezzo privilegiato per la formazione della persona e per la sua educazione. Questa intuizione è espressa già nel De ordine di Sant’Agostino, e la ritroviamo nel De nupti­is Mercurii et Philologiae di Marziano Cappella, e ancora in Seneca, Quintiliano, Var­rone e altri ancora. Troppo a lungo, invece, la musica è stata confinata nel remoto regno del piacere e dell’evasione, pri­vata di qualunque contenuto intellettuale ed educativo; non a caso tantissime persone, pur culturalmente raffinate, non si vergognano affatto di con­fessarsi analfabeti per ciò che concerne la musica. L’orche­stra, nello specifico, permette di educare nel senso più stret­tamente etimologico del termi­ne e-dūcĕre: “tirare fuori” la propria individualità metten­dola a servizio dell’insieme, secondo le idee galvanizzanti ed interpretative del direttore.

Tra efficacia e bellezza qual è il valore prioritario del ge­sto di un direttore?

La figura del direttore, storicamente, nasce con la prerogativa di dare il tempo e permettere ad un’esecuzione di iniziare, svolgersi e terminare secondo una precisa volontà. È facile, quindi, intuire quanto possa esser determinante l’ef­ficacia del gesto perché ciò si realizzi. Molto più difficile, in­vece, è riflettere sul significato e sul valore della bellezza. È possibile definire univocamen­te e sistematicamente un gesto bello? Che valore avrebbe? Credo che rispetto alla bellezza del gesto in sé sia più impor­tante la bellezza che il gesto riesce ad evocare attraverso la musica. Non sempre, infatti, ad un bel gesto corrisponde un bel suono o una bella idea musica­le, così come non è da esclude­re aprioristicamente che da una gestualità sgraziata possano scaturire pagine di memorabi­le bellezza. Certamente il ge­sto dovrebbe essere funzionale all’idea e a ciò che si vorrebbe ottenere. Troppo spesso, invece, la gestualità strizza l’occhio alla teatralità, al pletorico, all’immagine stereotipata del direttore che si pavoneggia e che dà l’illusione che le com­petenze dipendano dall’esaspe­razione dei movimenti o dalla folta chioma.

Per un direttore d’orchestra non è facile sviluppare con successo la propria carrie­ra. Quali opportunità offre oggi ai giovani talenti que­sta professione?

Non sempre l’esito di una carriera dipende da fattori che afferiscono pienamente all’ambito delle competenze e del talento. Le grandi biografie dei più celebri direttori sono costellate da fattori che rasen­tano il caso, le coincidenze, talune congiunture favorevoli. Io continuo ad augurarmi che le naturali aspirazioni di ogni artista non si riducano mai a sterile carrierismo, ma puntino al tenace perseguimento dell’o­biettivo di poter far musica nel migliore dei modi possibili. Certamente le prospettive di­rettoriali, in senso stretto, sono strettamente connesse al diffi­cile panorama che tutte le arti attraversano. Ma ciò non ha il diritto di spegnere le speranze e le aspettative di chi può dare il proprio contributo allo sviluppo dell’arte. Ciò che mi preme riguarda, invece, i molti che hanno già una carriera felice­mente avviata. C’è una genera­lizzata “sovraesposizione” e un culto dell’immagine che finisco­no non di rado per obnubilare il valore della musica e che dimo­strano una diffusa incapacità di lunghi silenzi, talvolta necessa­ri per scongiurare concessioni alla banalità.

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