Dai Reparti Ospedalieri… Storie di Sofferenza
La testimonianza della Dott.ssa Paolelli. La storia di Giulio e Antonio, due fratelli riuniti dalla stessa sofferenza.
“L’OMAGGIO FLOREALE DELLE DUE VEDOVE UN GRANDE SEGNO DI PACE”
Nell’epoca delle terapie mirate, della terapia genica e della diagnostica supersensibile dare un segnale di speranza ai malati di cancro sarebbe stato utile, ma banale e poco rispettoso nei confronti di coloro che non ce l’hanno fatta o che continuano a lottare contro una malattia avanzata e non guaribile. Così la mia riflessione è andata ai tanti pazienti che affrontano quotidianamente le sofferenze con dignità, amor proprio e rispetto verso se stessi e i loro cari, a quelli che mettono a frutto pienamente e consapevolmente quella settimana o mese o anno offerti loro. Se le nostre cure possono permettere ad una madre di veder sposare il figlio o ad un padre di vedere la figlia diventar dottore allora vuol dire che il nostro lavoro è stato utile. Tra le tante storie vi racconto quella che più mi ha colpito per la forza e la determinazione delle famiglie coinvolte; luoghi e nomi sono di fantasia, la vicenda è vera. Nati e cresciuti sotto lo stesso tetto, divisi in gioventù dall’orgoglio e dalla incapacità di comunicare, Giulio e Antonio dopo 30 anni si ritrovano a dividere la stessa stanza d’ospedale in un reparto di oncologia.
Eppure le mogli, che avevano sempre continuato a frequentarsi in segreto, si erano raccomandate che i due non si incontrassero perché sarebbero state scintille. Infatti quel pomeriggio i due fratelli sono passati in pochi minuti dall’indifferenza, all’aria di sfida, alle parole grosse e se ne avessero avuto le forze sarebbero arrivati alle mani. Quello che le mogli ci avevano prospettato era stata solo una rosea previsione. Giulio combatteva con il tumore al polmone già da un paio d’anni; con determinazione, forza d’animo e spirito di sacrificio aveva vinto tante battaglie ma ora era consapevole di star perdendo la guerra. Antonio, dal canto suo, qualche anno fa si era illuso di aver sconfitto il cancro all’intestino ma, ora che si era ripresentato il “male”, era consapevole che stava prendendo il sopravvento sulla sua voglia di lottare. Entrambi avevano lavorato duro, prima in Svizzera e poi ad Aradeo avevano continuato l’uno a fare il muratore l’altro l’idraulico finché, una volta “sistemati” i figli, si erano dedicati alla campagna. Circa un anno dopo le due vedove mi vengono a trovare in ambulatorio portandomi un piccolo omaggio floreale. I loro mariti erano morti quasi insieme accanto stringendosi la mani. La condivisione del dolore aveva liberato la loro mente dalla nebbia dell’orgoglio e della vanità, e così avevano compreso di aver buttato via decenni conducendo vite parallele. Nonostante il finale tragico leggo negli occhi delle mogli soddisfazione e serenità e i fiori regalati assumono così un significato nuovo e più profondo.
Loretta Paolelli
















