Pubblicato in: Sab, Mag 23rd, 2015

Depressione/Quando la Speranza lascia il posto alla Disperazione

Nel 2011 più di 2 milioni d’Italiani usavano antidepressivi. La sensazione è che nel tempo il fenomeno sia in forte aumento.

depressione

Come detto in un recente articolo del quotidiano Avvenire, gli italiani hanno una vita sempre più lunga e la speran­za di essa alla nascita è ormai di 85 anni per le donne e di 80 per gli uomini. Ma si accresce la percentuale di patologia e croniche, che si protraggono a lungo e non una alla volta, ma in forma plurima. Aumenta so­prattutto il disagio psicologico e mentale, specialmente tra i giovani con meno di 34 anni, tra gli stranieri, tra le donne e i disoccupati, tra gli abitanti del Settentrione. Il disturbo pre­valente è la depressione, che tocca secondo l’Istat 2.600.000 persone e più della metà sono donne. Anche 1 anziano su 5 soffre di depressione. Per l’Ai­fa, cioè l’Agenzia del farmaco, l’acquisto degli antidepressivi in Italia è lievitato dal 2004 del 4,5% all’anno. Il Censis ha rile­vato tra il 2001 e il 2009 un au­mento del 114%. Il Cnr ha regi­strato per il 2011, che 5 milioni di italiani usano tranquillanti ed ansiolitici, 4 milioni i sonniferi e 2,2 gli antidepressivi. Negli ultimi tempi si denota un peg­gioramento della situazione, in modo precipuo a causa del cambiamento a livello sociale: anziani soli, stranieri sempre più isolati, stallo della crescita e principalmente egoismo au­toreferenziale e indebolimento dei legami.

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Alla psicologa dott.ssa Gio­vanna Arena abbiamo posto alcuni quesiti su questa diffusa patologia.

Cos’è la Depressione?

La Depressione fa parte dei disturbi dell’umore ed è carat­terizzata dalla tristezza.

Quali sono le cause?

Essa è attivata dalla per­cezione e dalla rappresenta­zione della perdita di un bene e si associa alla sensazione di mancanza fino ad arrivare alla disperazione. La tristezza ha un obiettivo specifico: ritrovare il bene perduto. Le cause deter­minanti tale patologia sono una combinazione multifattoriale: cause genetiche, biologiche, psicologiche ed ambientali.

Quali sono i sintomi e come si manifesta?

L’intensità della tristezza dipende dal valore che l’indi­viduo assegna al bene perduto, agli scopi che compromette e alla valutazione del proprio po­tere di recuperarli. La consape­volezza del bene perduto, che si acquista dopo un breve periodo di stordimento e di increduli­tà, è accompagnata da intenso dolore, angoscia, ansia, colle­ra. Lo stato mentale denota un vissuto di pericolo. La persona tende a reagire con collera ver­so chi vuole ricordarle la realtà della perdita e la necessità di accettarla proponendole altre possibilità. Nella depressio­ne maggiore (per distinguer­la dalla minore per quantità, intensità e durata) i sintomi sono apparsi almeno da due settimane con compromissione del funzionamento affettivo, so­ciale, lavorativo e di altre aree importanti: mal di vivere, calo degli interessi, rapporto con il cibo ed il sonno, facile stanca­bilità, ridotta progettualità etc.

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Qual è il decorso?

La durata del malessere e di circa sette-otto mesi e si differenzia nelle manifestazio­ni sia per cultura che per aree geografiche. Nell’esperienza di pedita, la speranza di recupera­re o sostituire il bene perduto si alterna alla disperazione di po­terci riuscire.

Come si supera?

I meccanismi che permet­tono di uscire dall’altalena sono abbassamento della va­lutazione del bene perduto e/o l’accettazione della perdita con conseguente riorganizzazione del proprio progetto esistenzia­le, dei propri scopi di vita alla luce della perdita avvenuta. Al soggetto malato gli specialisti propongono un trattamento far­macologico combinato con una terapia psicologica tendente a favorire l’elaborazione dei vis­suti emotivi profondi e la ipote­tica già prevista ristrutturazio­ne della personalità.

Quanto possono incidere sulla guarigione gli affetti, l’amicizia sincera, il lavo­ro, la correzione fraterna, la pratica della speranza cristiana e una buona gui­da spirituale?

Molto. Spesso si dimentica che per l’individuo percepire un recinto umano, dare fiducia umana alla famiglia, alle perso­ne care, ad un amico può ridur­re lo spazio della tristezza pato­logica. La fede in Dio aumenta le risorse per combatterla, può stimolare la pienezza del vivere (senso delle cose, progetto esi­stenziale ricco…). Così anche l’appartenenza ad un gruppo, la possibilità di dare senso alla sofferenza, di guardare Dio Pa­dre che ci vuole bene e ci chie­de di condividere la Sua felicità nel Cielo.

Sonia Marulli

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