Pubblicato in: Sab, Giu 1st, 2013

Dopo il voto/Comuni e volontariato: quale rapporto?

L’arretramento del sistema pubblico nel campo dell’assistenza sociale è un fatto ormai rilevante e mol­to evidente: basti pensare che la percentuale dei servizi gestiti direttamente dai Comuni è attestata alla media del 42% su scala nazionale, con una quota che al nord-ovest è scesa al 24,2% mentre al sud si eleva fino al 54%.  “Il dato di fondo è che cresce il ricorso alle convenzioni con il volontariato a seguito di un quadro normativo che sollecita ormai da anni i comuni alle dismissioni dei servizi in gestione diretta a favore dell’affidamento a soggetti terzi  per ridurre i costi. Nel giro di un solo anno il crollo della gestione diretta dei servizi sociali nei comuni è stato di ben 6 punti, dal 48% del 2010 al 42% del 2011.

Prova ne è anche la notevole riduzione del personale in servizio che nel giro di tre anni si è contratto del 6,6%”, come rile­va Michele Mangano, presidente dell’Auser, ente nazionale di assistenza. Nell’analisi delle tendenze in atto negli enti locali, “le prestazioni sociali, quali assistenza domiciliare agli anziani e servizi per l’infanzia, vengono erogate sempre più frequentemente attraverso contratti di lavoro atipici. Inoltre, per i forti limiti imposti alle assunzioni pubbliche,  i comuni ricorrono sempre più a ‘prestazioni occasionali’ che retribuiscono anche mediante i ‘buoni lavoro’, voucher, come lavoro accesso­rio”, rileva il presidente dell’Auser che ha evi­denziato che La critica che viene dal Rapporto consiste nel fatto che “attraverso questa forma contrattuale spesso l’amministrazione comu­nale può nascondere l’uso sostitutivo e non integrativo del personale selezionato”.

“Si ha l’impressione – ha detto Montemurro responsa­bile del rapporto e direttore di Ires – che negli ultimi mesi sia cresciuto in modo considerevole il ricorso alle organizzazioni di volontariato, allo scopo di contenere la spesa sociale a fronte  della progressiva riduzione delle risorse pubbliche, tenendo conto del fatto che tali organizzazioni si avvalgono di solito di prestazioni volontarie e gratuite dei pro­pri soci”. Emerge così il dubbio che i comuni di fatto si appoggino sempre più al no-profit e al volontariato per motivi di ristrettezze economiche crescenti e non perché convinti della bontà del coinvolgimento di tale energie di volontariato popolare, che comunque ha bisogno di una precisa regolamentazione e va­lorizzazione. 

Luigi Crimella 

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