Dopo la morte di Alessia… Elaborare il dolore con il fiore della Speranza
Per chi come me è cresciuto con l’odore del pane e del fuoco respirato nelle lunghe sere d’inverno intorno alla luce fioca e al caldo dei camini fumiganti, gli eventi, tragici o lieti di coloro che si consideravano persone care, diventavano, quasi d’obbligo, i dolori e le gioie di tutti.
La condivisione, la solidarietà, la compassione, sono stati i valori insegnati con gesti semplici, ma eloquenti dai nostri familiari. La cultura del cuore, si sa, è ben diversa da quella dei libri, anche se entrambe necessarie per crescere da persone libere, innamorate della vita, pronte a condividere quanto appreso, maturato, conquistato, essa rende più umani, indica la solidarietà quale via d’uscita da un mondo che paradossalmente ha secolarizzato anche il dolore, rendendolo un “accidente” che può capitare a tutti.
La secolarizzazione dell’indifferenza e dell’umano sentire, non giovano e non aiutano chi, colpito da tali tragedie, deve fare i conti con la solitudine ed il vuoto, una volta passata l’onda emotiva, metabolizzato il lutto, rientrati nella ferialità della vita. Non sempre il dolore apre, in chi ne è colpito, scenari di riflessione sul senso della vita, sulla precarietà dell’esistenza, a volte chi vive tragedie immani perde la speranza, sente il peso della disperazione, si strugge nella ricerca di una spiegazione impossibile che possa, sia pur minimamente, alleviare il proprio dolore. A volte esso incarta su se stessi, raggomitola in ricordi struggenti, lancia segnali di disperazione che non sempre sono raccolti e trasformati in balsamo di speranza. Chi vive il dolore deve augurarsi di incontrare sul proprio cammino persone capaci di ridare senso, di trasformare in speranza anche la tragedia più grande.
Questi pensieri sono il frutto di una riflessione che negli ultimi due anni sono stata costretta a fare, gioco forza, per aver vissuto da vicino il dramma più grande che la natura umana possa reggere: la perdita di una giovane vita divorata da un male incurabile in un “fiat”. Quella morte ha scavato dentro il mio cuore un solco profondo, anche se mai oso paragonare il mio sentimento a quello lacerante e straziante dei genitori, che rimane impari! Ma così come esso ha marchiato in maniera indelebile la vita di tanti di noi, così lo stesso si è trasformato in gocce di rugiada che idratano piante provate dalla calura estiva. No, non si può uscire di scena così all’improvviso, senza preavviso, senza rendersi conto che il nostro viaggio è arrivato alla meta! No la vita non può finire con un mesto saluto legato alla sepoltura.
Per noi che crediamo nell’amore del Cristo Risorto dai morti e vincitore glorioso sulle tenebre del peccato e della morte, essa deve trasformarsi in segno di speranza. Così il 1 febbraio 2014, a meno di due mesi dalla repentina scomparsa di Alessia, quindicenne allieva del Liceo Pedagogico “P. Siciliani” di Lecce, i genitori e un gruppo di amici hanno dato vita ad un’associazione che in suo nome continua a dare vita ai suoi sogni. In sua memoria due giovani studentesse hanno ricevuto non solo la borsa di studio, ma anche il compito di continuare a far vivere Alessia con la loro esperienza di vita.
In suo nome attraverso le tante iniziative che l’Associazione ha posto in essere in questi due anni di vita, si contribuisce a sostenere il gruppo di ricerca presso l’Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù” di Roma, per sconfiggere la leucemia mieloide acuta, una delle più aggressive, che in una fredda mattina di dicembre, nel giorno della vigilia del Natale del Signore si è portata via all’improvviso Alessia, ma non la speranza di continuare a fare del dolore un frammento di Resurrezione per gli altri.
Maria Rosaria Manca























