Esperienze/Don Franco… Il Servizio prima della Carriera
Cappellano Militare Capo dell’Esercito Italiano della Sezione di Lecce, da pochi mesi in Congedo.
È terminata da poco la celebrazione eucaristica delle ore 9.00 nella parrocchia “San Vincenzo de’ Paoli” a Lecce e sul sagrato mi viene incontro un uomo in camicia blu che dà subito l’idea di un uomo buono, con una grande esperienza alle spalle. Esperienza … pastorale. Lui, infatti, è don Franco Minerva, 3° Cappellano Militare Capo nell’Esercito della Sezione di Lecce, da pochi mesi in Congedo. É un uomo molto concreto e semplice, nato a Surbo in una famiglia in cui “il pane non si buttava e se qualora si dovesse gettare, si baciava” ricorda nostalgico. Mi fa accomodare in sacrestia, dove comincia con forte commozione a narrare la sua vita. I “chiari segni di squilibrio mentale”, come li definisce lui stesso, li dimostrò allorquando nel 1965 manifestò il desiderio di entrare in seminario. “Fu una scelta quasi improvvisa e sorprendente”, ricorda lui stesso, “nonostante già da ragazzo dimostravo una particolare predisposizione per ciò che sarebbe stato il Sacerdozio. Infatti, nella mia Parrocchia d’origine a Surbo, ero il responsabile dei chierichetti, preparavo le liturgie, ne curavo il decoro e la solennità; ma non pensavo neanche lontanamente alla possibilità di diventare sacerdote”. Non molto avvezzo agli studi ma uomo pratico ha però sempre nutrito un particolare amore per i giovani e per don Tonino Bello con il quale ha intessuto un profondo rapporto di amicizia. “Fu così che, letteralmente, dall’oggi al domani entrai in Seminario”. Qui, i suoi occhi, divenuti rossi, s’imperlano di lacrime di commozione al ricordo del suo ingresso in seminario. “Era il 15 settembre quando entrai nel Seminario Vincenziano di Lecce presso la Parrocchia ‘Santa Maria dell’Idria’. Dopo quell’anno, mi trasferii per cinque anni a Napoli, dove frequentai il Liceo. Giunto il momento di studiare Teologia, feci un anno di studi al Collegio delle missioni estere ‘Brignole- Sale-Negrone’ di Genova. Terminato quell’anno, i restanti quattro li frequentai a Napoli”.
Fu così che il 29 giugno 1978 don Franco fu ordinato presbitero da mons. Francesco Minerva, allora Arcivescovo Metropolita di Lecce. Dopo un’esperienza da educatore nel Seminario Vincenziano di Lecce, fu inviato come viceparroco alla parrocchia leccese “San Giovanni Maria Vianney” dove è rimasto fino al 1987, anno della nomina a cappellano militare della sezione di Lecce. É così che don Franco racconta la sua nomina “mons. Mincuzzi, all’epoca Arcivescovo Metropolita di Lecce, doveva scegliere un cappellano militare per Lecce ma, avendo ricevuto il diniego da parte di due presbiteri, scelse me, non senza difficoltà, per svolgere questo ministero. In realtà, fui io stesso che mi proposi come nuovo cappellano. Così Il 14 ottobre 1987 iniziò ufficialmente il mio ministero di cappellano militare, nella Caserma ‘Nacci’, tramite decreto del Presidente della Repubblica e disposizione dell’allora Ordinario Militare (il Vescovo dei militari), mons. Gaetano Bonicelli. Non fui incardinato nell’Ordinariato Militare, Diocesi extraterritoriale, ma in esso vi prestai comunque servizio pastorale”. Tanti sono i ricordi che affiorano in don Franco, i quali generano in lui forte coinvolgimento emotivo; infatti, così racconta visibilmente emozionato “Un momento importante nel mio ministero che come ricordo si è aggrappato da allora a uno scoglio del mio oceano interiore è stato la celebrazione delle Cresime in Caserma.
Mons. Luigi Protopapa, allora Vicario Generale della Diocesi di Lecce, era introvabile e così chiamai subito al mio ordinario militare, il quale diede la sua autorizzazione perché amministrassi io stesso il sacramento della cresima. E fu la prima di ben 350 cresime da me amministrate”. Non sono però solo belli i ricordi che come tasselli hanno composto il vasto mosaico dell’esperienza “militare” di don Franco; infatti, in ben trent’anni di ministero in caserma, ha vissuto tanti momenti tristi “il mio cuore è stato ripetutamente trafitto ogniqualvolta giungeva dall’estero la notizia della morte dei nostri militari. Io, in questi casi, insieme agli psicologi mi recavo presso l’abitazione dei genitori dei caduti per dare loro la notizia; sono stati momenti tragici che mi hanno segnato. Sono stato, purtroppo, spettatore inerme anche di un presunto suicidio di un militare leccese di cui ancora non tutto è stato chiarito”. Don Franco ha esercitato un ministero, un ruolo all’interno della gerarchia militare ma soprattutto, lo dice lui stesso, ha fatto da genitore a tutti i giovani militari della Caserma “ero io che la sera rimboccavo loro le coperte, li consolavo, li accompagnavo in infermeria qualora ce ne fosse bisogno. Ero il loro unico punto di riferimento e mi stimavano tantissimo. Tanto che, molti di loro, ancora oggi mi telefonano”.
Don Franco non ha mai utilizzato la sua carica militare per infliggere punizioni se non in alcuni casi gravi. Così racconta, con le lacrime agli occhi, un grave episodio: la profanazione del SS. Sacramento “Dopo tre mesi dal mio arrivo in caserma, ci fu la profanazione della santa eucarestia da parte di un giovane militare che si scoprì essere affiliato alle sette sataniche e malato di dissociazione psichica. Rincontrai lo stesso giovane, tempo dopo, a Bari nella parrocchia “S. Marcello” e appena mi vide, mi riconobbe, e confessò che stava per commettere nuovamente un atto sacrilego nei confronti dell’eucarestia. Riuscii a impedire il sacrilegio e, con il sostegno dei genitori, accompagnai il giovane in comunità e così grazie anche al mio aiuto il militare guarì”. Tanti i viaggi all’estero seguiti all’accadere di incidenti gravissimi. Sorge, poi, istintiva e anche maliziosa la domanda circa la difficoltà di conciliare carriera e ministero, ma lui risponde, con orgoglio e convinzione “Ho sempre inteso il mio ruolo tra i militari come un ministero, un servizio e mai come opportunità per fare carriera. Tra l’altro, devo confessare che non mi curavo mai di sapere a quanto ammontava il mio stipendio mensile”. Don Franco ha, nelle sua esperienza trentennale, educato, guidato, curato i giovani militari; ma grazie al suo esempio e al discernimento che operava insieme coi giovani militari, ha donato tante vocazioni sacerdotali e matrimoniali alla Chiesa “Nel mio interloquire coi militari, insistevo molto sul tema della vocazione. E così, forse anche grazie a me, sono nate ben dieci vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa”.
Simone Stifani


















