Filippo Smaldone, Santo con il linguaggio della Carità
Solenni Celebrazioni in Cattedrale per il patrono dei sordomuti presiedute dal nostro Pastore.
IL DONO DELLA SANTITÀ
Ancora una volta celebriamo Dio mirabile nei suoi Santi. E’ la sua santità che ci viene ripresentata nella testimonianza di vita del nostro San Filippo Smaldone. La santità è perfezione, è bellezza, è fascino, è ingresso nello spazio infinito dell’amore della Santa Trinità. Questo desiderio di perfezione, di bellezza, questo fascino è quello che ci portiamo nelle profondità del mistero della nostra vita, fin dal Battesimo. E’ questo dono grande che ci fa santi come Dio è santo, perfetti come Lui è perfetto.
Dunque non è frutto del nostro impegno, della nostra caparbietà nel volerla: è semplicemente e grandemente: dono totalmente gratuito, immeritato ma ricevuto. Ha il valore di un perla inestimabile a noi affidata e consegnata. Cosa dobbiamo fare per non impoverire lo splendore di questa perla? Dobbiamo seguire il Santo : Cristo Signore, Redentore e Salvatore. Metterci alla sua scuola, imparare ad ascoltare la sua parola per poterla dire e vivere. Se non accogliamo la gratuità di questo dono restiamo sordi e non possiamo imparare a parlare e cantare le opere meravigliose del Dio Santo.
FU SERVO DELL’AMORE
Quale lingua siamo chiamati ad apprendere? Quella dell’amore, della carità, ci ha ricordato l’Apostolo Paolo: la carità paziente, benigna, non invidiosa, la carità che tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
Questa scuola di amore è quella che ha frequentato il nostro San Filippo Smaldone. Alla scuola del Vangelo ha imparato a parlare il linguaggio dell’amore e lo ha insegnato ai sordi, ai riottosi di Dio perché emarginati ed esclusi, e ha aperto la lingua dei muti per comprendere e accogliere l’immensità dell’amore donato a piene mani.
ESSERE TERRENO BUONO
Ma quale itinerario ha percorso per rimanere nella santità ricevuta nel battesimo e dunque vivere ogni giorno la fedeltà piena al comando di Gesù: siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste? Ha da suggerire anche a noi suoi devoti una via sicura per non tradire il progetto che Dio da sempre ha sognato per noi, santi e immacolati al suo cospetto nella carità? Ecco quanto il nostro Santo ci suggerisce: “Per la santità occorre l’esercizio delle virtù in grado eroico. Santo è colui che compie molti atti di tutte le virtù. La virtù non è uscita con noi dal seno delle nostre madri, tutt’altro; che anzi ne usciamo con tendenze affatto opposte. Il nostro primo esercizio dev’essere di combatterle e vincerle. La virtù incomincia dove è il sacrificio e ivi è il merito, dove è lo sforzo. per giungere a vivere di Gesù Cristo, bisogna continuamente attendere e liberare il cuore da ogni affetto che non è per Dio… – e continua con un linguaggio colorito e dei suoi tempi – per non sbagliare ponete le vostre pedate sulle santissime orme di Cristo, cioè portate le vostre croci con umiltà, prudenza e rassegnazione… il merito delle croci non sta nel peso di esse, ma nella maniera in cui si portano.
Chi si pone interamente in braccio alla Provvidenza e si lascia da essa reggere, va con tutte le sue croci in carrozza, senza quasi sentirne il peso. Chi fa diversamente, va a piedi, trascinandole con fatica e pena. In alcune di queste espressioni mi sembra di sentire il linguaggio di quel grande maestro di spirito che è stato San Pio da Pietrelcina. Carissimi tutti, i Santi il Signore ce li dona per sentirci incoraggiati a percorrere lo stesso loro itinerario. Sono stati con noi, hanno vissuto la fatica della vita come noi, ma non si sono arresi nella ricerca della fedeltà quotidiana a Cristo. Non hanno avuto grazie eccezionali. Hanno avuto gli stessi doni che il Signore oggi elargisce a noi. La differenza è che il seme della santità in loro é caduto sempre sulla terra buona, non sulla strada, non tra i rovi, non nel terreno arido. E il frutto non poteva che essere la perfezione dell’amore, la santità.
(Brani tratti dall’Omelia dell’Arcivescovo D’Ambrosio)



















