Giubileo Episcopale…“E ora pregate per me”
6 Gennaio 2015/L’Omelia dell’Arcivescovo D’Ambrosio nel XXV dell’Ordinazione Episcopale.
COME I MAGI
A tutti voi il mio saluto e il mio grazie per il dono di una presenza così varia e numerosa, complice l’itineranza e il numero degli anni del mio servizio episcopale. Ci ritroviamo insieme come i Magi: siamo venuti ad adorare il Signore portando ciascuno il suo dono, quello della fedeltà a Colui che ci ha chiamati ad essere il popolo della Nuova Alleanza, siamo venuti ad adorarlo riconoscendolo Signore, l’unico, il vero Signore, brandendo ogni tentazione di sottrarre l’incenso a Lui dovuto. Siamo parte di quella moltitudine immensa che accoglie Cristo che il vecchio Simeone definirà segno di contraddizione. Da sempre Cristo si conquista un largo seguito e risveglia le più aspre opposizioni e questo accade fin dall’inizio: Erode, li re dei Giudei diventa il persecuto re, i Magi, pagani venuti dall’Oriente diventano i suoi adoratori. I più lontani saranno i più vicini e i più vicini i più lontani. I Magi dall’Oriente sono io veri cercatori. Una stella li guida. Come non pensare alla profezia di Balaam: “oracolo di chi ode la parola di Dio… una stella spunta da Giacobbe e uno scettro da Israele?” (Num 24,16.17).
Questi misteriosi e sconosciuti personaggi che trovano la loro identità come primi adoratori del Signore Gesù, non si lasciano sviare: si consigliano con coloro che potrebbero saperne qualcosa e continuano a chiedere fin quando non trovano il luogo dove si trova “il Bambino con Maria sua madre” (Mt 2,11). La loro ricerca termina con il ritrovamento, la lor indagine con l’adorazione. I doni che essi portano sono come un gesto di riconoscimento per il Signore. E i donatori saranno ricompensati: “provarono una grandissima gioia” (v.10). Dio si lascia cercare e si fa trovare. Trovare Dio, incontrarlo è l’avvenimento che cambia la nostra vita. Come non interrogarci: lo cerchiamo? Trovatolo, lo riconosciamo come il Signore della nostra storia, non la grande storia ma la storia nostra, personale, quello che ci fa protagonisti e interlocutori con il Signore? È lui che dà vera pienezza di senso alla nostra vita? Noi, eredi, di questi primi pagani chiamati ad adorare il Messia, non possiamo accontentarci di riconoscere freddamente il Messia che è il Cristo Signore. C’è uno spazio nuovo nella nostra vita che non può essere occupato da presenze che ci gratificano nell’immediato ma hanno il fiato corto. Abbiamo bisogno di riempirci della presenza del Mistero guidati nel cammino a volte incerto e oscuro per godere e usufruire dello splendore della sua luce.
ECONOMO DELLA GRAZIA
Più che mai in questo giorno faccio mie le parole dell’Apostolo Paolo nel brano della lettera agli Efesini; “Penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore” (Ef 3,2). L’ordinazione episcopale mi ha affidato l’economia, la distribuzione della grazia divina (….) di quella grazia della salvezza a tuti gli uomini che Dio ha pensato e progettato da sempre, fin dall’eternità. Sant’Ireneo riecheggiando le parole dell’Apostolo chiamerà il vescovo: ‘economo della grazia divina’. Non posso in quest’ora di grazia non fare memoria di quello che il Signore mi ha donato in questo giorno venticinque anni fa con l’imposizione delle mani di San Giovanni Paolo II nella Basilica di San Pietro e la consegna da lui ricevuta insieme agli altri undici vescovi con me ordinati: “Come vescovi della Chiesa dovete essere gli speciali amministratori della divina Epifania… ministri della divina Epifania. Ministri fedeli e instancabili”.
Ministro della divina Epifania, servo della manifestazione di luce e di speranza che è il vangelo di Gesù Cristo, compito grave che carica sulle mie spalle la responsabilità di trasmette e farvi conoscere quello che ho ascoltato, quello che ho visto, quello che ho sperimentato. Penso al libro dei Vangeli aperto sul mio capo nel giorno della ordinazione episcopale. Sono sotto la Parola che avvolge e custodisce il mio ministero e la mia vita. Nella esortazione apostolica Pastores gregis San Giovanni Paolo II presenta la figura di Mosè come quella che meglio descrive l’immagine del vescovo “quale amico di Dio, pastore e guida del popolo”.
Il Vescovo è:
– scelto e inviato dal Signore
– coraggioso nel precedere il suo popolo
– verso la terra promessa
– fedele interprete della Parola
– mediatore dell’alleanza
– ardente e fiducioso nella preghiera in favore del popolo a lui affidato (cf. PG 12).




















