Pubblicato in: Ven, Gen 23rd, 2015

I Fioretti di Padre Pio/La virtù dell’obbedienza

Il Notaio del Processo Canonico racconta…

La mattina, dopo la celebrazione della Massa di padre Pio, nella sacrestia della chiesa piccola (era l’unica nel 1930) si trova­rono il Padre Provinciale, il guardiano di San Giovanni Rotondo e altri frati con molti fedeli che speravano di salutare e toccare padre Pio. Era sempre stato così: un assalto di folla per entrare in chiesa e un altro assalto per cercare di andare in sacrestia. La novità di quella mattina era la presenza del Padre Provinciale il quale teneva una lettera spedita “da Roma” e la mostrava al Padre Guardiano, inde­cisi ambedue a chi toccasse comunicare l’obbedienza ricevuta dall’alto. Padre Pio notò gli sguardi e l’imbaraz­zo dei due che si scaricava­no le responsabilità. “Che succede, guagliò?”. Esitando e timido il Padre Provinciale disse: “Padre Spirituale (così lo chiamavano i più giovani lui!) qui c’è una lettera da Roma dove si dice che voi non potete più celebrare a quest’ora!”. “Ma – rispose padre Pio – ma posso celebrare?”. “Sì, padre Spirituale, ma non in pubbli­co; potete celebrare solo con il chierichetto, ma in privato”. “Ma – riprese padre Pio – pos­so celebrare tutti i giorni?”. “Sì, sì, Padre Spirituale”: “E – concluse padre Pio – qual è il problema? Non mi hanno tolto nulla se posso celebra­re”. Così per due anni circa padre Pio celebrava da solo (con il ministrante) nella cappella interna del convento. Anzi, la sua messa durava di più perché non aveva i fedeli i quali dovevano tornare al lavoro.

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Dopo la consacra­zione mandava via il primo ministrante e veniva il se­condo. Così si sentiva libero di “contemplare” il suo e nostro Dio. L’ubbidienza era per lui la spina dorsale della vita del Cappuccino. In altra circostanza si presentò Padre Agostino Gemelli. Questi era convinto che la sua autore­volezza e l’essere lui medico bastassero per ottenere quello che desiderava. Chiese a padre Pio di visitare le sue piaghe. Padre Pio rispose: “Fatemi vedere il permesso scritto da Roma”. Padre Gemelli non l’ave­va. E padre Pio si negò per non essere visitato. Quello che Padre Gemelli scrisse sulle piaghe di padre Pio non interessa ora, ma da allora fra i due non ci fu proprio un rapporto idilliaco, soprattutto da parte di Padre Gemelli. Colui che verrà a giudicare i vivi e i morti sa cosa deve dire a ciascuno di noi. C’è una foto in giro di padre Pio molto giovane che tiene le braccia incrociate sul petto e le piaghe delle mani visi­bilissime e senza guanti. Se si osserva bene lo sguardo di padre Pio rivolto verso l’alto e non a chi scattava la foto si nota una glacialità mal celata. Padre Pio non voleva essere fotografato. Ma quel giorno ricevette l’ordine perentorio del superiore di farsi fotogra­fare. In quanto obbligato potè manifestare il suo disappunto solo con quello sguardo inso­lito e quasi ribelle. L’epistolario di padre Pio c’è ed è fonte di meditazione per tutti. Eppure un giorno ricevette l’ordine, per virtù d’obbedienza, di non scrivere più lettere a nessuno. È come togliere la facoltà di comuni­care e limitare il diritto alla libertà che Dio ci ha dato. Roba da denuncia al tribunale supremo dei diritti umani. Ed ha ubbidito! Forse oggi nella Chiesa sarebbe necessaria un’ub­bidienza più ignaziana e meno concordata! Forse ne guadagnerebbe il Vangelo e la credibilità della Chiesa. Talvolta l’autocandidatura (la gramigna) ha soppiantato l’ubbidienza.

Michele Nasuti

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