I Fioretti di Padre Pio/La virtù dell’obbedienza
Il Notaio del Processo Canonico racconta…
La mattina, dopo la celebrazione della Massa di padre Pio, nella sacrestia della chiesa piccola (era l’unica nel 1930) si trovarono il Padre Provinciale, il guardiano di San Giovanni Rotondo e altri frati con molti fedeli che speravano di salutare e toccare padre Pio. Era sempre stato così: un assalto di folla per entrare in chiesa e un altro assalto per cercare di andare in sacrestia. La novità di quella mattina era la presenza del Padre Provinciale il quale teneva una lettera spedita “da Roma” e la mostrava al Padre Guardiano, indecisi ambedue a chi toccasse comunicare l’obbedienza ricevuta dall’alto. Padre Pio notò gli sguardi e l’imbarazzo dei due che si scaricavano le responsabilità. “Che succede, guagliò?”. Esitando e timido il Padre Provinciale disse: “Padre Spirituale (così lo chiamavano i più giovani lui!) qui c’è una lettera da Roma dove si dice che voi non potete più celebrare a quest’ora!”. “Ma – rispose padre Pio – ma posso celebrare?”. “Sì, padre Spirituale, ma non in pubblico; potete celebrare solo con il chierichetto, ma in privato”. “Ma – riprese padre Pio – posso celebrare tutti i giorni?”. “Sì, sì, Padre Spirituale”: “E – concluse padre Pio – qual è il problema? Non mi hanno tolto nulla se posso celebrare”. Così per due anni circa padre Pio celebrava da solo (con il ministrante) nella cappella interna del convento. Anzi, la sua messa durava di più perché non aveva i fedeli i quali dovevano tornare al lavoro.
Dopo la consacrazione mandava via il primo ministrante e veniva il secondo. Così si sentiva libero di “contemplare” il suo e nostro Dio. L’ubbidienza era per lui la spina dorsale della vita del Cappuccino. In altra circostanza si presentò Padre Agostino Gemelli. Questi era convinto che la sua autorevolezza e l’essere lui medico bastassero per ottenere quello che desiderava. Chiese a padre Pio di visitare le sue piaghe. Padre Pio rispose: “Fatemi vedere il permesso scritto da Roma”. Padre Gemelli non l’aveva. E padre Pio si negò per non essere visitato. Quello che Padre Gemelli scrisse sulle piaghe di padre Pio non interessa ora, ma da allora fra i due non ci fu proprio un rapporto idilliaco, soprattutto da parte di Padre Gemelli. Colui che verrà a giudicare i vivi e i morti sa cosa deve dire a ciascuno di noi. C’è una foto in giro di padre Pio molto giovane che tiene le braccia incrociate sul petto e le piaghe delle mani visibilissime e senza guanti. Se si osserva bene lo sguardo di padre Pio rivolto verso l’alto e non a chi scattava la foto si nota una glacialità mal celata. Padre Pio non voleva essere fotografato. Ma quel giorno ricevette l’ordine perentorio del superiore di farsi fotografare. In quanto obbligato potè manifestare il suo disappunto solo con quello sguardo insolito e quasi ribelle. L’epistolario di padre Pio c’è ed è fonte di meditazione per tutti. Eppure un giorno ricevette l’ordine, per virtù d’obbedienza, di non scrivere più lettere a nessuno. È come togliere la facoltà di comunicare e limitare il diritto alla libertà che Dio ci ha dato. Roba da denuncia al tribunale supremo dei diritti umani. Ed ha ubbidito! Forse oggi nella Chiesa sarebbe necessaria un’ubbidienza più ignaziana e meno concordata! Forse ne guadagnerebbe il Vangelo e la credibilità della Chiesa. Talvolta l’autocandidatura (la gramigna) ha soppiantato l’ubbidienza.
Michele Nasuti
















