“I Razza strana”… Salento d’altri tempi
Monteroni/Giacomo Toma presenta il suo nuovo romanzo edito da Goware: Un atto d’amore a questa terra bella e difficile.
“Non è un romanzo storico. La base di partenza sono i racconti dei miei nonni, i quali mi hanno trasmesso l’amore per un mondo finito ma irresistibile”.
Ha presentato nei giorni scorsi un nuovo romanzo, una saga familiare che ripercorre il Novecento ambientata nel Salento: un giovane avvocato, Giacomo Toma, già autore nel 2011 di “Sangue di Nemico”, ha pubblicato una nuova opera, “I Razza strana”, già accolta con vivo interesse da diversi lettori.
Cosa significa scrivere un romanzo per uno scrittore di ventinove anni che è già alla sua seconda pubblicazione?
Significa essenzialmente fare esercizio di libertà. Il mondo di oggi ha assuefatto noi giovani all’idea di dover subire la realtà. Ecco: io vivo la scrittura come un’ancora di salvezza, una grande consolatrice, l’ultima possibilità di riscatto.
Parlaci del tuo nuovo romanzo: chi sono “I Razza strana”?
I razza strana sono una famiglia a cui la storia ha riservato un destino diverso. La stranezza si riferisce alla singolarità dei comportamenti dei protagonisti, ma anche al fatto che appartengono letteralmente a un altro microcosmo: non si tratta di personaggi sensazionali, ma di uomini semplici che riescono comunque a tirare fuori dal cilindro le iniziative più incredibili.
La storia alterna momenti di ironia e divertimento ad altri di pura malinconia verso un tempo che se n’è andato. C’è qualcosa di autobiografico in questo romanzo?
È inevitabile che un autore riversi nelle proprie pagine, anche a livello inconsapevole e istintuale, una parte del proprio vissuto. Ma qui non c’è nessun intento autobiografico, semmai un tributo alla mia gente, rappresentata in tutta la sua genuinità e varietà umana.
Perché un giovane racconta un’epoca che non ha vissuto?
Questa è una domanda ricorrente, ma la verità è che io non racconto l’epoca in sé e questo non è un romanzo storico nel senso proprio del termine. La base di partenza sono i racconti dei miei nonni, i quali mi hanno trasmesso l’amore per un mondo finito ma irresistibile, che è giusto rievocare con la rielaborazione e l’invenzione tipica di ogni romanzo. E la gioia più grande è quando un signore dice di essersi riconosciuto in ciò che ho scritto, di aver rivissuto un qualcosa della sua giovinezza che credeva di aver definitivamente perduto.
Se dovessi raccontare il Salento a un uomo venuto da lontano, che parole useresti?
Non di facciata come spesso facciamo noi salentini che ci crogioliamo acriticamente dietro le bellezze naturali della nostra terra. Dico no ai proselitismi e alle esaltazioni campanilistiche. Spiegherei che il Salento è una terra bella e difficile come tutte le terre del Sud e va amata prendendo prima di tutto coscienza dei suoi limiti e difetti, perché è questo il solo modo per poterli risolvere.
E un romanzo? Come può contribuirvi?
Ogni romanzo è un atto d’amore incondizionato e, pur essendo un’invenzione, veicola una precisa visione del mondo e attribuisce una precisa identità alla sua terra. Tante più sono le chiavi di lettura di un mondo, tante più possibilità avrà quel mondo di farcela. Ogni racconto, dunque, è una speranza in più.