Il “meraviglioso” mondo di Martino/Il volto poetico della pittura di strada
Da Acquaviva a Lecce/Volti silenziosi per le vie del Centro storico. Linee, forme, colori affidati alla bontà del meteo che con vento e pioggia non cancelli segni d’arte tracciati dai gessetti.
Ci sono alcuni anfratti della realtà, storie di uomini e mondi, che talvolta obbligano a riscrivere gli approcci analitici, gli strumenti di indagine oppure quelli descrittivi. Passi anni a cercare di capire e poi all’improvviso, fra le strade affollate di una Lecce turbolenta sparsa fra suoni, odori e raggi di sole, vedi all’improvviso, nel più improbabile dei posti destinati all’arte, l’asfalto della strada, i volti disegnati da Martino, Martino Larocchia.
Giovani i segni, giovane l’artista pugliese originario di Acquaviva delle Fonti. Quando si usa il termine, come ho fatto, “giovane” lo si associa in contrapposizione a “vecchio” e sembra che solo questo dovrebbe garantire all’artista una sorta di indulgenza da un punto di vista critico, ma non è questo il caso. Il tema di alcune sue opere – volti di bambini ed anziani in grandi dimensioni soprattutto- , è il caso di dire, fornisce un volto alla città, all’anonimo che è nelle pur affollate strade, all’anonimo che è nello sguardo sfuggente e fuggitivo dell’osservatore il quale è attirato, quasi obbligato, a fare quello che nel corso di ogni giorno è impensabile cioè fermarsi ed ascoltare con gli occhi il muoversi delle forme e dei colori semplici, lineari, complessi del mondo di Martino.
Quando, nell’estate scorsa, vidi, per la prima volta, quei disegni erano i giorni della Biennale di Venezia a Lecce e fra questo volto ufficiale dell’arte – animata e conchiusa in soggetti sostenuti da un qualche lifting critico-interpretativo- ed i volti, le figure, così silenziose, ma pure così loquaci, di Martino non poteva esservi contrasto più grande. Appaiono in quei disegni stradali curiosi “volti di ingenuità” “avvolti” in quel sottile sguardo tipico di bambini ed anziani che non ti prende subito ma dopo, ritornando nella testa e nelle orecchie, costantemente, insistentemente con la stessa linearità di una musica orientale. Uno, ognuno di noi, non pensa durante il giorno a quelle immagini perché non c’è lo spazio, né il tempo; ma quelle sono proprio le immagini di cui una persona vorrebbe vedere e sentire parlare prima di chiudere gli occhi ogni sera. Sono le immagini cui affidare lo sguardo dei figli per purificarlo dalle intemperie volgari e ridanciane della televisione. Sono linee, forme e colori affidati alla bontà ed indulgenza della metereologia perché il gesso di cui son fatte cede e sparisce al vento, al sole, alla pioggia.
E tutto questo muoversi verso la dissoluzione, verso lo sbiadimento apre lo spazio del ricordo e dell’incommensurabile, del qui e dell’altrove. Queste immagini appaiono e scompaiono nel tempo di un città che non sale più come quella di Boccioni ma che fugge solo a se stessa. Chi lo voglia troverà Martino anche su internet : martinopitture.blogspot.com/
Fabio Grasso
















