Il Dramma dell’Immigrazione… Il Mediterraneo non diventi un cimitero
Quando la politica non dà risposte ai problemi o le dà parziali, questi non scompaiono e, se sono gravi, diventano ancora più complicati e difficili. Il tempo, cioè, non semplifica le cose; semmai le complica. Era questo l’insegnamento che indimenticabili personaggi, ormai decenni fa, cercavano di far comprendere a chi intendeva dedicarsi alla politica, non a caso definita dal Concilio Vaticano II come la più nobile tra le attività di volontariato. La conferma di quanto fosse esatto quell’insegnamento trova puntuale riscontro nell’azione messa in atto da vari Stati per contenere gli imponenti flussi migratori, che oggi attraversano vasti territori dell’Africa, dell’Asia, dell’Europa, dell’America. Neppure l’Oceania è esclusa da tale fiumara di gente: soltanto che, da lì, nessuno scappa, anche se in molti sperano di arrivarci. Sappiamo che la ragione dell’epocale spostamento di centinaia di migliaia di uomini, donne bambini è causata da guerre le quali, come ammonisce Papa Francesco, vengono combattute in silenzio e nell’indifferenza, dalle spietate dittature, che umiliano la dignità umana e dalla miseria, che “ ruba la speranza”.
Dinanzi a tanta disperazione spirituale e materiale, la realistica eventualità di concludere il disperato viaggio con la morte non scoraggia i migranti. Per loro, la morte è un rischio più accettabile che continuare a vivere nelle condizioni da cui, invece, vogliono fuggire. Perciò, l’unica risposta per arginare l’emigrazione consiste nel migliorare sul luogo le condizioni di vita di una parte della popolazione mondiale. In questa ottica, il viaggio nel Mediterraneo di scafi fatiscenti, stracolmi di profughi che partono dalla costa africana e, per ragioni geografiche, giungono soprattutto in Italia e in Grecia, non esaurisce il fenomeno dell’immigrazione. È soltanto una parte, con peculiari sue caratteristiche. Per quanto ci riguarda, abbiamo il dovere di intervenire perché il Mediterraneo non diventi un cimitero. Tranne che non si scelga deliberatamente simile delittuoso comportamento, non abbiamo altra strada che portare aiuto agli scafi dei criminali traghettatori, prima che affondino.
Chi sostiene che i profughi andrebbero distinti subito tra rifugiati aventi diritto all’asilo politico in virtù dell’art.10 della Costituzione e clandestini, dovrebbe spiegare come simile selezione possa essere fatta in mare aperto quando, a terra, richiede mesi. Purtroppo, tale accertamento non può essere compiuto neppure prima della partenza a causa dell’irresponsabile azione anglo-francese che un anno fa portò al collasso del regime di Gheddafi. Quello che si sta facendo nel Mediterraneo è semplicemente doveroso e dovrebbe essere condiviso da chi sostiene il governo e da chi al governo si oppone. Perciò, la minaccia di alcune regioni di rifiutare i profughi rischia non solo di creare un pericoloso conflitto tra poteri dello Stato, ma anche di rendere ancora più difficile l’accettazione di quote di immigrati da parte degli Stati membri dell’Unione Europea. Nel Mediterraneo, però, non si esauriscono i problemi dell’immigrazione. Tutto il mondo, per una o per un’altra ragione, deve fare i conti con la fuga dalla propria terra di centinaia di migliaia di esseri umani. Il problema è, quindi, globale e va risolto globalmente. Se oggi c’è qualche zona non interessata al fenomeno migratorio, lo sarà nel prossimo futuro.
In conseguenza, meraviglia il disinteressa mento sin ora manifestato dalle grandi organizzazioni internazionali, a cominciare dall’ONU, dal G7, dalla Lega Araba, dalle grandi potenze. Senza un imponente programma finanziario per lo sviluppo delle zone arretrate del mondo, l’immigrazione diventerà sempre più imponente e nessuno riuscirà a sottrarsi alle conseguenze. Per finanziare il piano, i paesi più ricchi dovranno essere disposti ad affrontare sacrifici, ma i soldi spesi serviranno, oltre che a realizzare giustizia e pace, ad evitare fenomeni incontrabili. Per altro, i paesi ricchi restituirebbero ai popoli del terzo e quarto mondo quanto hanno loro sottratto per secoli con un colonialismo gretto ed egoista. Comprendo che scrivere simili cose è facile. Infinitamente più difficile è avviare il più grande programma di solidarietà, di sviluppo, di pace mai pensato ed attuato. È un’utopia? Certamente oggi lo è; tuttavia, le grandi svolte dell’umanità sono avvenute quando ci sono stati uomini e donne affascinati dall’utopia ed hanno creato le condizioni perché l’impossibile divenisse realtà.
Giorgio De Giuseppe


















