Pubblicato in: Mer, Mar 20th, 2013

La Chiesa di Lecce abbraccia Francesco

La gioia della Chiesa di Lecce/Papa Francesco: ottimismo e misericordia.

Centro visibile e propulsore di comunione tra tutte le Chiese.

IL NUOVO PONTEFICE, FRUTTO DEL CORAGGIO DI BENEDETTO. 

Jorge Mario Ber­goglio, Arcive­scovo di Buenos Aires, è il 267° Papa con il nome di Francesco. Sin dal suo primo saluto dalla loggia della basilica di S. Pietro, tutti abbiamo avvertito che nella vita della Chiesa stavano per subentrare cambiamenti notevoli non all’insegna della discon­tinuità ma in nome della più antica tradizione della stessa Chiesa.

Si è presen­tato subito come vescovo di Roma e ha indicato Roma come la Chiesa che presiede nella carità. Que­sta espressione non è stata casuale, ma un modo per orientare, attraverso il lin­guaggio, una visuale che riguarda la figura del Papa. È il vescovo di Roma, che, quale successore dell’a­postolo Pietro, è chiamato ad essere centro visibile e propulsore di comunione per tutte le Chiese.

Tutto questo avrà certamente delle ripercussioni sul pia­no della ecclesiologia, che manifesterà ancor più la sua indole di ecclesiologia di comunione; in partico­lare, verrà incrementata la collegialità episcopale. E quanto più sarà dato impulso agli organismi di comunione, a tutti i livelli, tanto più sarà snellito l’ap­parato giuridico, che pur necessario, spesso rischia di appesantire la vita della Chiesa.

Il porre l’accento sul papa come vescovo di Roma altro non significa per papa Francesco che occorre riprendere l’ec­clesiologia di comunione, peraltro già ben elaborata dalla Lumen Gentium, guardando all’antica prassi ecclesiale, secondo la quale la comunione non ha una struttura piramidale ma sinfonica.

Papa

Il primato di Pietro prima di essere un primato giuridico è un pri­mato di carità. Giovanni Paolo II, nella terza parte dell’enciclica Ut unum sint, aveva sottolineato molto bene la dimensione del servizio nella carità e nello spirito di riconcilia­zione che spetta al succes­sore di Pietro.

Giovanni Paolo II, sempre nella stessa enciclica, ricorda il motivo per cui il Papa Gregorio Magno scelse il titolo di “Servus servorum Dei”. Un altro indicatore significativo che è emerso appena eletto papa è stato l’invito alla preghiera, at­traverso il quale egli ha in­teso indicare la dimensione vitale della Chiesa; Chiesa che non dipende dagli uomini di Chiesa ma viene condotta da Dio. Colui che dovrà impartire la benedi­zione Urbi et Orbi ha chie­sto a tutto il Popolo di Dio una benedizione.

La scelta di iniziare il ministero pe­trino il giorno dedicato a S. Giuseppe, Santo tanto caro al nuovo papa, mi ha fatto pensare a ciò che scrive S. Ambrogio, Vescovo di Milano: “Maria a uno è sposa, ma è resa feconda da un Altro, perché anche le singole Chiese sono bensì fecondate dallo Spi­rito e dalla grazia, tuttavia sono legate visibilmente al vescovo, che tempo­raneamente le governa” (Comm. a Luca 2,7). Il vescovo, in particolare, il Vescovo di Roma, secondo S. Ambrogio, deve asso­migliare a S. Giuseppe: è sposo della Chiesa, ma la Chiesa non appartiene al vescovo o al Papa.

Tutto ciò è stato anche ricordato dall’amabile Benedetto XVI nell’ultima catechesi quando ha affermato che la “barca” (la Chiesa) non appartiene al papa ma a Cristo. I primi gesti e le prime parole con cui Papa Francesco si è presentato alla Chiesa e al mondo rinviano, in modo chiaro ed inequivocabile, ad una Chiesa che ha bisogno di un profondo rinnovamento e tale rinnovamento non avverrà solo attraverso dei documenti. Il corag­gioso gesto di rinuncia di Benedetto XVI ha già dato, nell’elezione di Papa Francesco, il suo primo grande frutto.

Luigi Manca

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