La Politica dei tagli lineari: “I Comuni sempre più colpiti e i Sindaci riducono i servizi”
A colloquio con Antonio Scrimitore, Segretario Generale del Comune di Galatina.
“E poi ci sono gli effetti del patto di stabilità che negli ultimi anni ha compresso enormemente la capacità di spesa per investimenti”.
Dapprima la proposta di accorpamento dei Comuni sotto i 15mila abitanti ed ora quella dei tagli mette i Comuni sotto la lente d’ingrandimento del Governo. L’ipotesi, presente nel pacchetto del disegno di legge di Stabilità 2015 sta allarmando l’opinione pubblica perché si prevedono già gli effetti devastanti semmai tale manovra finanziaria dovesse attuarsi. Il Presidente Puglia Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) Gino Perrone ha dichiarato: “è una manovra chiaramente insostenibile”!… La spesa dei Comuni, specialmente al Sud diminuisce, con pesanti ripercussioni economico-sociali mentre la spesa statale continua ad aumentare. Secondo il Sole 24 Ore Lecce sarebbe la quarta città italiana più colpita dai tagli, preceduta da Reggio Calabria, Milano e Cosenza. Abbiamo sentito Antonio Scrimitore, Segretario Generale del Comune di Galatina, per capire meglio di cosa stiamo parlando e per comprendere a che punto sta la situazione del disegno di legge.
Dott. Scrimitore, cosa prevede la manovra finanziaria della legge di stabilità a carico dei Comuni ed entro quanto tempo si dovrebbe compiere?
Per introdurre l’argomento è opportuno fare una brevissima riflessione preliminare che potrà aiutare il lettore a comprendere meglio i termini ed i contorni della questione: i Comuni italiani rappresentano solo il 7,6% della spesa pubblica complessiva. Nonostante ciò, da anni, ogni manovra finanziaria intrapresa da qualunque governo nazionale pone al primo posto delle priorità quella dei tagli dei trasferimenti agli enti locali. La manovra contenuta nel disegno di legge di Stabilità per l’anno 2015 non si sottrae a questa regola prevedendo riduzioni complessive per i comuni nell’ordine di 1,5 miliardi di euro, tra tagli ai trasferimenti e riassetto generale delle risorse, stando ai dati forniti da Anci, che crescerebbero fino a 3 miliardi secondo le stime di Anci Puglia.
Perché il Governo ha adottato queste manovre a carico dei Comuni?
Il governo, come gli altri che lo hanno preceduto nell’ultimo decennio, trova evidentemente assai più facile ottenere i risparmi necessari a far quadrare i conti del Bilancio della Stato attraverso i tagli imposti ai Comuni con le riduzioni dei trasferimenti, che non operare scelte strategiche e strutturali sul proprio bilancio. I Comuni rappresentano l’anello debole della catena, il più lontano, l’ultimo centro decisionale nell’ambito della organizzazione della Repubblica, sempre più spesso destinatario delle scelte più dure imposte dai governi centrali. Non v’è alcun dubbio sulla efficacia di simili interventi: operando il taglio delle somme da trasferire ai Comuni si impedisce a questi di spendere. Ma tale modo di operare non rende giustizia ai Comuni che dal 2007 ad oggi hanno contribuito più di ogni altro soggetto pubblico al raggiungimento degli obiettivi di spesa del Paese: per apprezzare questo dato è utile sottolineare che in questi ultimi anni i Comuni hanno ridotto la propria spesa corrente (la spesa derivante dalla fornitura del complesso dei beni e dei servizi alla comunità amministrata) del 2,5%, a fronte di un incremento della stessa voce di spesa da parte dello Stato centrale pari all’8%. Ma tanto non è stato sufficiente a far cambiare indirizzo da parte del governo centrale.
I tagli ai Comuni sono davvero necessari? Ci sono tagli della spesa che si possono fare senza recare danni ai Comuni e ai cittadini?
I Comuni rappresentano da sempre l’anello debole della catena, gli ultimi in ordine di potere decisionale, ma i più vicini alla comunità alla quale devono garantire tutti i servizi e le attività necessarie alla cura del territorio, alla crescita e allo sviluppo, alla sicurezza, alla viabilità, alla istruzione primaria e ai servizi socio assistenziali per i soggetti più deboli e molte altre ancora. La ratio che governa la politica dei tagli o, per usare un termine in voga in questi ultimi tempi, la spendig review, è quasi sempre stata ispirata dal metodo dei tagli lineari, ovvero a riduzioni di spesa operati in una certa percentuale della voce di costo senza preoccuparsi del modo in cui questo taglio inciderà sulla qualità del servizio, ovvero senza differenziare la percentuale dei tagli in funzione della rilevanza del servizio. Appare evidente che alla riduzione delle disponibilità finanziarie non possa che corrispondere una inevitabile riduzione dei servizi resi alla città.
Quali sarebbero le conseguenze immediate delle manovre finanziarie sulla città di Lecce e sugli altri Comuni della Regione Puglia? Vi è un reale rischio di aumento tasse per i cittadini?
I trasporti pubblici, l’energia elettrica per la pubblica illuminazione, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti domestici, il riscaldamento degli edifici scolastici, le prestazioni sociali, gli asili, sono solo alcuni dei servizi che il Comune è chiamato a rendere ai cittadini ogni giorno, ed il costo di questi servizi aumenta anno dopo anno, a fronte di una diminuzione delle risorse finanziarie disponibili. A ciò si devono aggiungere le conseguenze determinate dalla stretta finanziaria imposta dal Patto di Stabilità che nel corso di questi ultimi anni ha compresso enormemente la capacità di spesa per investimenti, riducendola in cinque anni del 30%, impedendo di fatto la possibilità di realizzare opere pubbliche di prima necessità come scuole, strade e infrastrutture varie, ovvero provvedere alla manutenzione del patrimonio esistente. Ogni Sindaco, ogni amministratore è chiamato a operare delle scelte che non potranno che determinare tagli ai servizi erogati, e sarà giocoforza chiamato a fare leva sulla fiscalità locale per compensare la riduzione dei trasferimenti statali.
Un’ultima domanda. Cosa propongono i Comuni della nostra Provincia per mitigare le conseguenze della manovra ria? Ci sarà un ulteriore dialogo con il Governo e/o un accordo tra Comuni?
Come si è detto, stiamo discutendo e analizzando una manovra che ad oggi è ancora un disegno di legge e che è ancora, almeno sotto il profilo teorico pratico, suscettibile di interventi modificativi. È appena il caso di ricordare che proprio in questi giorni i sindaci e l’Anci (associazione dei comuni italiani) stanno consumando ogni utile energia per proporre al governo emendamenti che possano mitigare la eccessiva onerosità della manovra proposta. Ad avviso dell’Anci è giunto il momento di chiedere sacrifici maggiori a comparti dell’amministrazione che sino ad oggi hanno assai poco contribuito al risanamento del bilancio dello Stato. I Comuni hanno fatto la loro parte in questi anni e i dati lo testimoniano, e si chiede pertanto che a saldi invariati venga modificato il riparto delle risorse finanziarie a favore dei Comuni. Estremamente utile sarebbe altresì ottenere dal governo la possibilità di modificare la filosofia del patto di stabilità interno al fine di poter operare attraverso il sistema dei saldi di spesa, ovvero senza vincoli indiscriminati alle singole voci di spesa, bensì perseguendo l’obiettivo dato in termini di saldo finale, lasciando all’autonomia costituzionalmente garantita dell’ente la facoltà di decidere su quale servizio o quale voce di spesa operare il risparmio. In ultimo preoccupa la previsione contenuta nella manovra che impedirebbe l’utilizzazione delle entrate derivanti da oneri di urbanizzazione per le spese correnti, circostanza questa che sottrarrebbe alla disponibilità dei Comuni risorse pari a complessivi 900 milioni di euro che fino al 2014 hanno contribuito a finanziare la spesa corrente, traducendosi così in un ulteriore danno.
Servizio a cura di Fatima Grazioli

















