Pubblicato in: Gio, Mag 2nd, 2013

L’agonia delle imprese salentine: chi chiude, chi soffre

L’allarme di Confindustria/In provincia di Lecce tra gennaio e marzo 2013 hanno chiuso 723 attività commerciali.

A colloquio con il Presidente di Confidustria Lecce, Piernicola Leone de Castris .

“DAL NUOVO GOVERNO CI ATTENDIAMO LA RIDUZIONE DEL COSTO DEL LAVORO”. 

“Nessun settore è immune dalla crisi: Tac, edilizia e sanità i più colpiti. Regge l’agroalimentare”.  

Bilancio in rosso, grave crisi di liquidità e l’accesso al credito negato dalle banche, nell’ultimo anno, hanno portato numerose aziende a dichiarare il fallimento. A dare il col­po di grazia alle speranza di rimettere in piedi il mondo imprenditoriale sa­lentino, anche la totale assenza di im­prenditori disposti a rilevare le nostre aziende.

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Quasi mai si arriva a com­prendere su chi incombano le maggiori responsabilità in questo o quel caso, ma poco importa. Rimane da riflettere, piuttosto, sullo stato generale dell’im­prenditoria salentina che, poco alla volta, si vede costretta a depennare dalla sua lunga lista colossi del calibro di Filanto, Adelchi e ora anche Omfe­sa sembra essere giunta al capolinea. A conoscere bene i segni lasciati dalla crisi sulle nostre imprese Piernicola Leone de Castris, presidente di Con­findustria Lecce.

Ogni giorno i quotidiani locali riportano bilanci devastanti su­gli effetti che la crisi economica sta avendo sulle nostre imprese. Quali sono i settori più colpiti?

Credo che nessun settore sia im­mune dalla crisi. Quelli più colpiti rispetto ad altri ritengo siano il setto­re edile, la sanità, ma c’è anche il Tac (tessile-abbigliamento-calzature) che ha presentato anche in un passato re­cente un forte calo di occupazione. È da valutare anche il fatto che sia il set­tore edile che la sanità hanno rappor­ti molto stretti con il mondo pubblico e quindi, dato che i pagamenti con le pubbliche amministrazioni se avven­gono, avvengono anche a distanza di anni, alcune volte si rischia di mori­re di lavoro nel senso che si hanno le commesse ma non si hanno tempi con­cretamente giustificabili di pagamento per i lavori svolti.

Quali settori, invece, respirano un po’ di più, almeno nel Salento?

Forse il settore agroalimentare è quello che, in questo momento, pur risentendo della crisi, sta reagendo in una maniera migliore rispetto ad altri. Poi, qui nel Salento c’è il fenomeno del turismo che è sempre molto importante ma, a dire degli operatori del settore, anche quello sta risentendo l’effetto della crisi.

Come si sta muovendo Confin­dustria per far fronte a questo?

Stiamo cercando di portare avanti le proposte presentate circa due mesi fa nel “Manifesto delle imprese”, un documento in cui Confindustria ha avanzato alcune possibilità relative a prospettive di lavoro. Le problemati­che nel Salento sono quelle generali, a partire dalla pressione fiscale ec­cessivamente alta che non permette di creare investimenti. Avere degli utili da reinvestire all’interno della propria azienda è indispensabile se si vuole guardare al futuro, ma questo risulta molto difficile se non si riesce ad ave­re una tassazione ragionevole, in linea con quella europea, che incentivi il la­voro. Altre problematiche riguardano l’eccessiva lentezza con cui le pubbli­che amministrazioni erogano i crediti, oppure il costo del lavoro. Quando parliamo di costo del lavoro non ci riferiamo all’importo netto che va in busta paga che, in alcuni casi, può es­sere non elevatissimo, ma ci riferiamo a tutti quei costi che rendono la busta paga pesante per le imprese.

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