Pubblicato in: Sab, Dic 5th, 2015

Le Chiese leccesi intitolate all’Immacolata

Una questione storica. Quale dedicazione è quella vera?  

Nella nostra Città c’è una sola Arciconfraternita dedicata all’Immacolata, quella che officia a S. Maria della Grazia, a piazza S. Oronzo. Ma c’è un’altra Chiesa, quella che molti di noi non sanno, ed è quella dirimpettaia, dedicata anche a S. Antonio, che fino all’inizio del secolo scorso è conosciuta come la Chiesa di San Giuseppe. La nuova vera denominazione è stata scoperata solo 11 anni or sono, nei restauri generali di essa, quando si riuscì a scoprire dopo tre secoli l’antico portale cinquecente­sco abbattendo parte del muro late­rale. E su questo portale si leggeva la scritta “Deiparae divo quoque Antonio Patavino”. Portale che tutti i Sovraintendenti alle Belle Arti (prima di Puglia e poi del Salento) stimavano e ancor stimano il più bello e il più antico della nostra Città. Il cennato muro era stato eretto nel­la prima metà del ‘700 in seguito al compiersi dei 5 secoli dalla morte del taumaturgo di Padova (1231) e si sentì il bisogno di costruire un secondo portale, piccolo ma bello, a fianco a quello storico costruito dall’erezione del magnifico grande Altare antoniano, vero esemplare dell’ultimo barocco di casa nostra. Che la deipara fosse l’Immacolta lo dicono due indiscutibili documenti del tempo. Il primo del 1824 del Comune (ratificato poco dopo dal Sovrano Borbonico) che imponeva al nostro Sindaco di offrire personalmente tre doni di ceri l’8 dicembre, il 19 marzo e il 13 giugno.

lecce

Il secondo risale ai primi degli anni ‘70 del ventunesimo secolo, quando l’Altare maggiore del tempio fu ri­mosso per nuove esigenze liturgiche postconciliari. Fu allora che si rinvenne una pergamena dedicatoria alla Vergine senza macchia. Anche la “macchi­na” dell’Altare, già demolita nel secolo innanzi per la donazione di un “presbiterio” marmoreo scolpito dal celebre Eugenio Maccagnani (quello dell’Altare della Patria) e che ora elegantemente diviso in pezzi adorna il chiostro del Semina­rio antico ed ora, anche la Curia, in piazza Duomo. Sta difatto che l’indimenticabile vescovo Costa, venuto di fresco tra noi, dedicò la Chiesa il 17 maggio del ‘31 con la consacrazione litur­gica, ignorando “necessariamente” la Chiesa al solo Santo patavino e i cennati tre seceoli di occultamento. Quale delle due dedicazioni ora è la vera? I romani avrebbero detto “videant consulis”; ma nel nostro caso il con­sole è uno solo: mons. Arcivescovo. Una cosa è certa, che di Chiesa dell’Immacolata ce n’è una sola dedicata nel ‘31! “Coronidis loco” ricordiamo i Riti solenni dell’8 dicembre: una novena preparatoria con l’intervento di celebri oratori, tra cui l’agostiniano padre Volpini, schedato dovunque in materia, e presieduta da un cano­nico “mitriato” del Duomo. La processione del ‘7: 4 ore di per­corso tra le 13 e le 17, che si spinge­va fino alla “gramigna” di fondone Fulgenzio, ora piazza Mazzini. Ed in fine gli immancabili carabi­nieri in alta uniforma e che davano decoro al pontificato del Vescovo dell’8 dicembre.

Oronzo De Simone

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