Pubblicato in: Gio, Nov 19th, 2015

Le Donazioni Sociali dell’Archivio di Stato di Lecce

Opere di Misericordia/Le testimonianze della concreta opera di carità verso il prossimo in Terra d’Otranto.

L’opera delle Sette opere di misericordia corporale (1607) del Caravag­gio, conservata nel Museo napoletano del Pio Monte della Misericordia, è ricono­sciuta da più parti come un dipinto che, da un lato, con la silenziosa e fervida animazio­ne delle figure segna in modo inequivocabile l’affermazione del “luminismo concitato e febbrile” del Seicento napo­letano e, dall’altro, rappre­senta un’opera che, in ambito controriformista, solleva “un problema in senso morale più che sociale” (Argan). Tra le sporadiche testimonianze pittoriche presenti nel Salento che trattano il medesimo tema è degna di considerazione la decorazione parietale della chiesetta di S. Anna a Spec­chia Gallone, nel comune di Minervino, riconosciuta come una delle testimonianze degli antefatti della pittura barocca salentina (D’Elia). Le Sette opere di misericordia sono riprodotte in singoli riquadri, ognuno dei quali ha il suo corrispondente contrario. La decorazione è interessante perché inserita in un conte­sto narrativo che ha la sua chiave di lettura nel Giudizio Universale che arreda l’intera controfacciata dell’edificio sacro, a significare che ogni essere vivente sarà giudicato nel Dies irae su come, nell’e­sistenza, ha messo in pratica gli insegnamenti evangelici. Ben si adatta, pertanto, in ambito post-tridentino, in cui l’immagine diventa pensiero e stimola all’azione. Il prototipo della Carità, o meglio della condivisione, rimane nell’immaginario collettivo S. Martino (315 ca.-397), vescovo di Tours, rappresentato talvolta in abiti episcopali, ma generalmente raffigurato a cavallo, nell’atto di dividere il suo mantello con la spada e di donarlo ad un povero, incontrato casualmente sulla sua strada. Diverse sono le testimonianze iconografiche salentine del patrono dei mendicanti.

7 opere

In Terra d’Otranto, tuttavia, esistono altre testimonianze della concreta opera di carità verso il prossimo. Per le donazioni in funzione sociale rimane utile il fondo del Con­siglio Generale degli Ospizi – Legati Pii dell’Archivio di Stato di Lecce. Ricordiamo a proposito almeno l’Opera dei Poveri infermi, sorta a Lecce nel 1582 per volontà e zelo del can. Nicola De Giorgi e finalizzata alla cura domi­ciliare degli infermi poveri. Inoltre, esistono nell’Archi­vio di Stato di Lecce diverse donazioni per i bisognosi, come per esempio, quella dei coniugi Lazzaro Chetrì ed Angela Candido di Lecce, che il 27 luglio 1800 sottoscri­vono una donazione in favore dell’esposta Marianna perché non aveva la possibilità di maritarsi. È, del resto, noto che tra la metà del secolo XVII e la metà del sec. XVIII in Terra d’O­tranto era attivo un commercio di schiave turche, per lo più bianche, e che le “piazze” riconosciute erano Lecce e Gallipoli. Don Oronzo Gravili, arcidia­cono della cattedrale di Lecce, per esempio, nella Dispositio causa mortis del 4 aprile 1701 “liberamente affranca, esime, libera, et in pristina libertà pone, more romano” le sue schiave Maria e Saveria. Una pratica assai diffusa, pe­raltro rintracciabile in diverse epoche, è quella delle dona­zioni pro animae redemptio­ne. Dalla storiografia tradi­zionale è stato tramandato che Giovanni d’Aymo nel 1388, per la salvezza della sua anima, fonda a Lecce il convento di S. Giovanni Bat­tista, sulla destra entrando per Porta Rudiae. Con que­sto atto intendeva espiare la colpa di un delitto commes­so ai danni di un “pellegrino fiamengo”, che gli aveva rivelato l’esistenza di un tesoro “nascosto (…) in un vaso di terra pieno di gioje, oro et argento in verghe e monete”. Per impossessarsi dell’intero tesoro pare che lo avesse ucciso e che, in un secondo momento, si fosse pentito. Lo stesso d’Aymo, con testamento redatto il 13 novembre 1394, fonda lo Spedale pei poveri infermi (successivamente intitolato allo Spirito Santo), la cui direzione fu affidata ai Padri Domenicani. Gli esempi potrebbero continuare, ma forse l’evento dell’imminen­te Giubileo potrebbe essere anche un’occasione per ri­flettere sul valore delle opere di misericordia nel Salento ieri ed oggi, non trascurando ricerche che garantirebbero esiti imprevedibili in un campo non molto esplorato soprattutto a livello icono­grafico.

Paolo Agostino Vetrugno

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