Pubblicato in: Ven, Mar 13th, 2015

Le parole non bastano… Tagliàti in Italia gli spazi di libertà

Ci sono più di 200 Testate che fanno informazione senza usufruire dei contributi statali. 

Immaginare un mondo senza informazione, o peggio regolato dal pensiero unico dell’orwelliano “grande fratello”, non sembra con­cepibile in un contesto quale è quello che viviamo, bombardati dalle informazioni che arrivano da ogni dove, con ogni mezzo, per strada, in macchina, in casa. Siamo circondati, alimentati, indirizzati, sostenuti dalle in­formazioni e dalle notizie, due cose ben diverse tra loro, ma indispensabili ormai alla nostra vita di relazione. Il nostro compito, uno di quelli principa­li della nostra vita, è di mettere in fila notizie e informazioni, catalogarle, dare loro un ordine di priorità e di importanza, utilizzarle per rendere più vivibile la nostra esistenza. In una parola riflettere. Molto di questo flusso di informazioni obbliga, infatti, soprattutto le persone che hanno bisogno di capire e dare un senso alla loro vita, ad un approfondimento, ad un confronto. Ci hanno insegnato, in famiglia, a scuola, nei rapporti interpersonali, ad avere qualche certezza, ma so­prattutto a coltivare il dubbio. A confrontarci con le opinioni diverse, e a verificare la veri­ dicità delle informazioni che ci circondano. E in questa era di concetti con un massimo di 140 caratteri, ci sono rimasti solo i giornali e i libri ad aiutarci ad approfondire. Ma mentre i libri hanno bisogno di tempo e di una sedimentazione psicologica attenta e particolarmente parte­cipe, i giornali sono lo strumen­to più facile, meno costoso e più diretto per confrontare idee e fatti, notizie e opinioni. Da qualche tempo in Italia questi spazi di libertà indivi­duale, imprescindibile anche in questi tempi omologati, sembrano ulteriormente ridotti. La contingenza economica sfavorevole ha portato a tagli indiscriminati di erogazioni finanziarie che hanno colpito anche i piccoli giornali.

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Hanno detto che abbiamo vissuto per troppo tempo al di sopra delle nostre possibilità, ma forse una valutazione oggettiva che tenga conto delle esigenze insoppri­mibili della persona, potrebbe orientare questi famosi tagli in una direzione che non penaliz­zi i soggetti più deboli. E nel settore dell’informazione, dove sono stati ridotti radicalmente i finanziamenti previsti, i sogget­ti deboli sono proprio le coope­rative, le onlus, le associazioni che con tanti sacrifici editano giornali attraverso i quali pro­prio le categorie che non hanno voce, trovano la possibilità di farsi sentire. Le lobby e i potentati economi­ci o politici trovano sempre e comunque le vie per sostenere i propri interessi, magari inve­stendo su uomini e partiti più “cedevoli” alle loro lusinghe. Da qui la necessità di bilanciare questo evidente strapotere che in un paese democratico non è mai un bene. Certo occorre che la mano pubblica possa effettivamente valutare, proprio perché le risorse sono ridotte, le “vere” organizzazioni la cui attività può essere sostenuta anche con il contributo pubblico, ed escluda chi si nasconde – ancora oggi – dietro false sigle e operazioni truffaldine. Basta con le sole parole e le promesse roboanti, sono i fatti quelli che contano in questo momento. E non solo per salvaguardare i posti di lavoro, che sono tanti anche in questi organismi che pubblicano giornali, cartacei o on-line. Ma soprattutto per dare più spazio ad una riflessione complessiva sugli accadimenti che influenzano la vita quoti­diana, per valutarne meglio la portata, essere più coscienti e quindi più liberi.

Marcello Favale

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