Pubblicato in: Gio, Set 25th, 2014

L’EREDITÀ DI GIOVANNI PAOLO VIVE NEL CUORE DEI LECCESI

L’Omelia del Card. Angelo Sodano, Decano del Sacro Collegio Cardinalizio. 

RIPARO A QUELLA MANCANZA

Venerato e caro Arcivescovo, distinte Autorità, Fratelli e Sorelle nel Signore! Sono passati vent’anni da quel 17 settembre del 1994, allorquando il Santo Pontefice Gio­vanni Paolo II arrivava fra voi per confermarvi nella fede e dimostrarvi tutta la sua vicinanza. In quell’occasione io non avevo potuto accom­pagnare il Papa, ma ora sono qui fra voi per riparare a quella mancanza. In realtà, quando il vostro venerato Arcivescovo mi ha proposto di venire fra voi, per commemorare il ventesi­mo anniversario di quell’evento, ho accettato ben volentieri tale proposta. Ed ora eccomi qui fra voi, per presiedere questa celebrazione eucaristica.

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Insieme ringrazieremo il Signore per il grande dono fatto alla sua Chiesa con il Pontificato di Giovanni Paolo II ed insieme imploreremo luce e forza, perché possiamo essere fedeli al messaggio ricevuto in eredità da questo grande Pontefice. La sua voce profetica si spense in quella lontana sera del 2 aprile del 2005, ma il suo magistero continua a risuonare nella Chiesa, insieme alla sua testimonianza di vita. 

SANTO SUBITO

Il primo messaggio che il compianto Papa Giovanni Paolo II ci ha lasciato in eredità nei 26 anni del suo Pontificato è il messaggio della sua santità personale. Karol Wojtyla aveva già vissu­ to intensamente l’ideale cristiano nella sua cara terra polacca. Ma fu poi sulla Cattedra di Pietro che egli potè rivelare al mondo intero tutta la sua tempra adamantina, forgiata da una fede profon­da in Cristo nostro Salvatore. Frequentando da vicino il compianto Pontefice, sovente pensavo che egli procedesse nel cammino tracciatogli dal Signore “come se vedesse l’invisibile” (cfr. Eb. 11, 27). Così, nella Lettera agli Ebrei è descritto Mosè, Liberatore del popolo eletto dalla schiavitù d’Egitto, che avanzava verso la terra promessa, procedendo “come se vedesse l’invisibile”.

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In realtà, fu proprio la luce della fede a sorreggere il nostro venerato ed indimenticabile Giovanni Paolo II nell’esercizio della sua missione. Sovente ho occasione di recarmi nella Basilica di San Pietro in Vaticano e di soffermarmi davanti al sepolcro dell’amato Pontefice. Ogni volta, ri­mango impressionato dalla fiumana di fedeli che si recano a rendere omaggio a questo uomo di Dio che ha riempito di sé la storia della Chiesa e del mondo di questi ultimi tempi. È proprio la sua santità ad attrarre uomini e donne d’ogni condi­zione sociale a sostare in preghiera di fronte alla sua tomba. Santo Subito, avevano gridato molti italiani in Piazza San Pietro, nel giorno dei funerali del Papa. In realtà, anch’io ho sempre avuto tale convinzione personale, nei numerosi contatti avuti con lui, lo spazio di ben 17 anni in Segrete­ria di Stato. Veramente posso dirvi che ho avuto la fortuna di collaborare con un Santo!

APRITE LE PORTE A CRISTO

Un secondo messaggio lasciato dal Papa Gio­vanni Poalo II è un messaggio di fede. Egli iniziò addirittura il suo Pontificato con quell’appello lanciato a tutto il mondo dalla Loggia della Basili­ca di San Pietro: Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo… Lui solo ha parole di vita eterna! In più di 26 anni di Pontificato, egli fece risuonare in tutti i Paesi del mondo questo pressante appello, l’appello alla fede in Colui che solo può salvarci e dare un senso alla nostra vita. Questo appare in modo luminoso dal suo magistero, in particolare dai suoi interventi su scala mondiale.

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Chi non ricorda in particolare le due storiche Encicliche Redemptor hominis (Redentore dell’uomo) e Dives in misericordia? (Ricco di Misericordia?). Chi non ricorda proprio sui rapporti fra ragione e fede l’Enciclica Veritatis splendor? Il Papa ci diceva che la verità ha in sé un intrinseco splen­dore, che può portare l’uomo a conoscerla ed ad amarla. Tanto è lo splendore della fede, che esso spinge l’uomo ad abbracciarla. Tanti sono i motivi di credibilità che essa ci offre. Anche l’uomo d’oggi può così dire con S. Tommaso d’Aquino: Non crederei se non vedessi che devo credere. Davvero è luminoso il messaggio cristiano!

LE ENCICLICHE SOCIALI

Il Papa Giovanni Paolo II ci ha pure lasciato in eredità un importante messaggio sociale. Penso in particolare al trittico delle sue Encicliche sociali, e cioè alle Encicliche Laborem exercens, Sollicituto rei socialis e Centesimus annus. In quest’ultima Enciclica, nell’anno della Rerum Novarum del Papa Leone XIII, il compianto Pontefice volle in particolare proporre il dovere della solidarietà per rispondere ai nuovi problemi dell’economia mon­diale. Delle “cose nuove” sorte in campo sociale aveva già parlato il Papa Leone XIII con la celebre Enciclica Rerum novarum. Un secolo dopo, nel 1991, il Papa Giovanni Paolo II vide altre “cose nuove” sulla scena mondiale del lavoro e volle, quindi, fare un appello ai cristiani perché riflettes­sero nuovamente su tale argomento, alla luce del­la ragione e della fede.

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In particolare, il compianto Pontefice sentiva il dovere di richiamare tutti al concetto di “solidarietà” nel campo del lavoro. Sempre attuale è quanto il Papa Giovanni Paolo II annotava al n. 43 della Centesimus annus: L’azienda non può essere considerata solo come una società di capitali; essa, al contempo stesso, è una società di persone, di cui entrano a far parte in modo diverso e con specifiche responsabilità sia coloro che forniscono il capitale necessario per la sua attività, sia coloro che vi collaborano con il lavoro: è questo un messaggio sociale di grande attualità!

L’IMPEGNO PER LA PACE

Vi sarebbero altri aspetti importanti dell’eredità lasciataci dal compianto Pontefice. Ad esempio, come non ricordare il suo impegno per il movi­mento ecumenico e per il dialogo interreligioso? Come non ricordare il suo importante messag­gio mariano? Se ci fosse tempo, illustrerei a fondo tale aspetto del suo magistero in una città mariana, com’è la vostra. Per il momento vorrei limitarmi a ricordare la grande opera di Giovanni Paolo II per la pace. All’inizio del suo Pontifi­cato Giovanni Paolo II aveva trovato il mondo ancora diviso in due diverse sfere d’influenza, come era stato deciso a Yalta, sulle rive del Mar Nero, nel febbraio 1945, per opera delle Potenze vincitrici della seconda guerra mondiale.

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I primi undici anni di Pontificato di Giovanni Paolo II, dal 1978 al 1989, si svolsero ancora in un clima di guerra fredda, ma nel frattempo il Papa, anno dopo anno, era riuscito a scalfire quella cortina di ferro, lavorando intensamente per il rispetto dei diritti umani dei popoli. L’opera di Giovanni Paolo II in favore della libertà e della pace in Europa centrale ed orientale è ormai riconosciu­ta da molti storici. Essa rimane una delle tante benemerenze del suo Pontificato. La sua stessa voce risuonò in modo accorato nei conflitti del Medio Oriente e nei Balcani, ove il suo nome è ricordato con profonda gratitudine.

IL SIGNORE GUID ALLA CHIESA

Miei Fratelli, veramente preziosa è l’eredità lasciataci dal grande Pontefice che noi oggi commemoriamo. Tutto è nato dal suo grande impegno apostolico. Rendendo grazie a lui, vogliamo pure far memoria degli altri Pontefici che l’hanno preceduto.

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Tale missione è stata poi portata avanti dal Papa Benedetto ed ora essa è continuata dal Papa Francesco, nel solco dei suoi Predecessori. Così il Signore continua a guidare dall’alto la sua Santa Chiesa. A Dio vada quindi il nostro inno di gratitudine ed alla sua Santa Chiesa vada sempre il nostro amore. E così sia!

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