Lim, Tablet, App e Smart… Benvenuti nella Scuola del futuro
La Tecnologia in Classe/Ragazzi sempre più connessi ma in grande difficoltà quando si tratta di dialogare e comunicare con i coetanei e con gli adulti.
Identità e Relazioni…
MANEGGIARE CON CURA, EVITARE LE DIPENDENZE
Stiamo assistendo all’ennesima “ubriacatura” di nuove tecnologie, già introdotte o in corso di introduzione nelle nostre scuole. Dalle lim ai tablet, agli smartphone e chi più ne ha, più ne metta. Non si tratta di una novità in termini assoluti, perché dagli anni settanta del novecento, quando si iniziò a parlare di teaching machines, importate dagli Usa e dal Giappone in Italia, è stato un crescendo di tecnologie che sono state introdotte a scuola, con l’illusione che, queste, da sole, avrebbero potuto risolvere tutti i problemi dell’insegnamento e dell’apprendimento. Oggi, è vero, i nostri adolescenti e giovani vivono, molto più che in passato, immersi quotidianamente nel mondo tecnologico, che consente di essere connessi h. 24 e che è profondamente pervasivo. E tuttavia, val la pena riflettere se, dall’adozione massiccia e talora inconsulta delle tecnologie, possano derivare indubbi vantaggi per la didattica, ma anche per la vita stessa. Ma prima di aggiungere qualcosa in merito, dovremmo riflettere sul significato del termine “generazione”. Biologicamente, s’intende lo spazio che intercorre tra la nascita di una persona e il momento in cui diventa o potrebbe diventare genitore. Ultimamente, però, la definizione sociologica ha finito per prevalere: la caratteristica dominante di una generazione ha rispecchiato gli eventi più significativi di un determinato periodo; eventi militari: la Grande guerra; politici: l’assassinio di un leader; economici: la Grande depressione; culturali: la Generazione perduta, degli anni venti o la Beat Generation, degli anni sessanta. Potremmo definire l’attuale, come sostiene Howard Gardner, la “generazione App”. L’idea di generazione è oggi associata non solo a chi ci ha messo al mondo, ma anche al tipo di esperienze che abbiamo condiviso con i nostri coetanei. L’emergere delle tecnologie digitali e delle app in particolare, ha creato una generazione unica: plasmata dalla tecnologia, con una coscienza sostanzialmente diversa dalle precedenti e destinata ad introdurre una serie di generazioni ancora più brevi e, a loro volta, definite dalla tecnologia. È piuttosto scontato parlare della generazione dell’ultimo decennio come della “generazione digitale” o “generazione Web”, ma queste definizioni sono fuorvianti, perché si concentrano sulla tecnologia, perdendo di vista la persona. In un mondo in cui ci sono tante applicazioni a portata di polpastrello, si è portati a concludere che tutto quello che pensiamo, diciamo, facciamo e sogniamo sia concepibile in termini di app, per il resto della nostra vita.
Per questi motivi, dobbiamo chiederci quanto le tecnologie digitali finiscano per influenzare i giovani circa il loro senso di identità, la loro capacità di avere relazioni, soddisfacenti e durature e la loro facoltà di immaginazione. La funzione originaria della tecnologia è proprio quella di far guadagnare tempo, per ritagliarsi momenti di libertà: paradossalmente, però, stiamo verificando l’effetto opposto, anche perché siamo più concentrati sul fare che sull’essere. Ed è al recupero di quest’ultimo che dobbiamo puntare, se riteniamo che la scuola abbia ancora il ruolo di educare oltre che di istruire. La scuola, ad esempio, dovrebbe far comprendere agli adolescenti e ai giovani che non c’è sempre una app per ogni problema, ma che occorre imparare a cercare, faticando, studiando e sviluppando la propria creatività, la soluzione per molti problemi che la vita ci pone di fronte. Recenti ricerche hanno dimostrato, per altro, che i giovani che passano più tempo con i loro dispositivi digitali, hanno un livello minore di successo sociale e faticano di più nell’apprendimento scolastico. I ragazzi sono sempre più connessi, ma faticano sempre più a dialogare e a comunicare spontaneamente, coi coetanei e con gli adulti, perché le tecnologie hanno una natura disgregante, nella stessa famiglia di appartenenza, oltre che a scuola, dove i vari componenti passano più tempo con i loro strumenti tecnologici, che fra loro. Le nuove tecnologie, se, da un lato, offrono una vasta gamma di opportunità ai giovani, dall’altro, procurano loro grosse difficoltà ad esprimere idee originali, che, in ogni caso, faticano enormemente a mettere in pratica. I media digitali possono anche interferire con i processi mentali, che contribuiscono al pensiero critico. È stato osservato che, a causa dell’aumento degli stimoli visivi, i giovani oggi sono più inclini a chiedere “hai visto?”, piuttosto che “hai sentito?” o “hai letto?”. Eppure, le persone generano nuove idee attraverso la riflessione sul mondo che le circonda. La riflessione richiede tempo e attenzione; due cose che scarseggiano nel mondo attuale, saturo di media. È possibile, allora, prospettare scenari in cui la app generation si lascerà andare ad un comodo stato di app-dipendenza, ma, più ottimisticamente, provocherà una situazione nella quale i giovani saranno orientati verso un senso del sé più profondo e più armonioso. Sarà appena il caso di ricordare che anche l’invenzione della stampa, nel 1492, vide degli oppositori, per cui anziché schierarci tra gli “apocalittici” o gli “integrati”, riteniamo che il grande compito della scuola, di fronte all’invasione delle nuove tecnologie, sia quello della mediazione e della salvaguardia del ruolo dell’uomo, che dev’essere sempre in grado di dominarle, anziché farsi dominare da loro. A questo arduo compito saranno chiamate le prossime generazioni di docenti, la cui formazione, iniziale e in servizio, sarà, dunque, un passaggio cruciale.
Marcella Rucco – Provveditore Emerito

















