Missionari… Made in Lecce
Esperienze/Il racconto dei volontari salentini che hanno trascorso alcuni periodi della loro vita tra i poveri.
Morirò in piedi
come gli alberi.
Mi uccideranno in piedi.
Il sole, come
un testimone ufficiale,
sigillerà il mio corpo
unto due volte.
E i fiumi e il mare
diventeranno il cammino
di tutti i miei desideri,
mentre l’amato bosco
scuoterà di gioia
le sue chiome.
E io dirò alle mie parole:
– non mentivo gridandovi.
Dio dirà ai miei amici:
– certifico che ha vissuto con voi
aspettando
questo giorno.
All’improvviso, con la morte,
la mia vita si farà verità.
Finalmente avrò amato!
Pedro Casaldáliga – Vescovo
MARTIRIO E MISSIONE/STORIA VERA DI PADRE RAFFAELE MORTO DI MISSIONE
La persecuzione e il martirio accompagnano costantemente il cammino della Missione. L’annuncio del Regno di Dio è rivolto agli uomini tutti; quelli di buona volontà l’accolgono, altri sono in attesa del tempo di Dio, altri ancora lo rifiutano. Giustamente Paolo dice che la Parola non è per gli angeli ma per noi. Essa produce reazioni diverse, di adesione o di avversità. Il Vangelo scuote le culture e le prassi abitudinarie dei popoli. Si propone alternativo e innovativo. Scegliere il nuovo e il futuro può generare resistenze specie per quanto riguarda la giustizia e la scelta dei poveri. “Fino a quando aiuto i poveri tutti mi dicono bravo; quando parlo delle cause della povertà, mi dicono che sono comunista” (H. Camara). Il missionario non fa parte dei poteri forti. Si presenta debole, povero anche nel linguaggio che deve apprendere come un bambino, è straniero, immigrato. La sua presenza diventa efficace per la sua testimonianza di amore e fraternità: “Ecco io sono in mezzo a voi come uno che serve” (Vangelo). Chi segue Gesù attraverso l’Annuncio della Parola si immette nella sua stessa lunghezza d’onda, si sintonizza con Lui. Il rifiuto, soprattutto dei potenti, genera persecuzione e martirio. “Il discepolo non è da più del maestro, né il servo più del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”(Vangelo). Anche il destino del discepolo non può essere diverso da quello del maestro. Papa Francesco parla del “discepolo missionario”.
Padre Raffaele, missionario comboniano originario di Barletta era una persona come ce ne sono tante, impegnato per migliorare le situazioni critiche del mondo. La sua vocazione l’ha portato in Uganda, nell’Africa subsahariana. La Comunità cristiana che l’ha accolto era al confine con il Sudan. Era sempre in mezzo alla gente percorrendo, come Gesù i villaggi. I ragazzi che popolavano il territorio e che frequentavano la chiesa cattolica erano tanti ma si assottigliavano sempre di più; da ottocento erano rimasti poco più di cinquecento. Quello che quotidianamente si chiedeva p. Raffaele era: dove sono queste centinaia di ragazzi che non vedo più? Interrogava le mamme, ma non sapevano per quale fine erano stati portati via da gente ignota che piombava di notte e li razziava. Padre Raffaele non si rassegnava: “Voglio andare a vedere dove sono nascosti i miei ragazzi”. La sua tenacia lo ha portato oltre il confine, sul tracciato dei ragazzi stessi prelevati da gente senza scrupolo per farne “bambini-soldato”. Ne recuperò circa duecento. Si adoperò per illuminare i genitori e far prendere coscienza di questi fatti macabri, in più a rieducare i ragazzi. Fu ucciso il primo ottobre, l’inizio del mese missionario, mentre si recava a un villaggio per celebrare e incontrare la gente. La sua macchina fu incendiata e p. Raffaele morì martire della solidarietà. Molti martiri non sono presenze occasionali; nel nome di Gesù si fanno presenza solidale e amica. Come Lui, si inseriscono nella storia concreta di un popolo e di una cultura per immettere il lievito che farà poi fermentare la società.
Gianni Capaccioni
















