Pubblicato in: Mar, Ago 25th, 2015

Mons. D’ambrosio: “Non rinunciamo a vivere la Città”

La Parola dell’Arcivescovo Domenico in Piazza Duomo al termine della Processione… “A volte si ha limpressione che vi siano delle assenze e delle latitanze, laddove cè bisogno di una cabina di regia per il bene comune”.

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Papa Francesco nell’ultima Enciclica: “Risanare la nostra relazione con la natura” a partire dalle relazioni umane. 

Il messaggio che tradizio­nalmente vede tutti noi ai piedi dei SS. Patroni Oronzo, Giusto e Fortu­nato, è sempre un invito a guardare alle attese, alle emergenze, ai bisogni reali e urgenti della nostra comunità e sentirci richiamati a quella responsabilità che deve ve­derci impegnati non in attese sterili e in facili piagnistei, accuse e recriminazioni,  ma in un corale impegno a comprendere la responsabi­lità che la casa comune, la nostra Lecce, deve trovare nei suoi abitanti, i fautori e gli artefici di quella “speran­za che ci invita a riconoscere che c’è sempre una via di uscita, che possiamo sem­pre cambiare rotta, che pos­siamo sempre fare qualcosa per risolvere i problemi” (Laudato Sì, 60 ). Come dicevo in analoga circostanza qualche anno fa, questo appuntamen­to annuale nel giorno che accomuna ‘trono e altare’, è una occasione privi­legiata perché il pastore della Chiesa di Lecce, con amore, con rispetto grande ma anche con uno sguardo attento e partecipe alla realtà in cui siamo, viva con fedeltà il compito che il Signore gli ha affidato e ripe­ta con il Profeta: per amore, e solo per amo­re, del mio popolo, non tacerò. 

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CONTINUIAMO AD ACCOGLIERE…

I Santi Patroni che, nella fedeltà a una tra­dizione secolare, portiamo in processione , attraversano le nostre strade e nella in­vocazione che sale a loro da tutti noi, si fanno carico dei nostri pesi, delle nostre fatiche, delle nostre delusioni, forse anche della rabbia di tanti, le portano al Signore impetrando per noi, ma le riconsegnano anche a noi, in particolare a quanti hanno compiti di responsabilità e di servizio alla comunità, perché togliamo le mani dal catino in cui vorremmo lavarci pilatescamente le mani per sfuggire a compiti e responsabilità che ci appartengono, e con decisione attenta, con disinteressata lungimiranza, con un ser­vizio libero e affrancato da tutele e consorte­rie varie, riedifichiamo la casa comune in cui tutti si sentono accolti, amati, rispettati. In questa riflessione ad alta voce mi viene in aiuto Papa Francesco con la sua Enciclica sulla cura della casa comune: Laudato sì. Alcuni passaggi del mio messaggio sono mutuati da questo documento. In questa casa comune Dio ha posto come si­gnore l’uomo che ha creato a sua immagine e nel benedirlo gli ha detto: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente” (Gn 1,28). Papa Francesco così commenta: “Oggi dob­biamo rifiutare con forza che dal fatto di es­sere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra, si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature” (LS 67) . “Certamente ci deve preoccupare che gli altri esseri viventi non siano trattati in modo irresponsabile, ma ci dovrebbero indi­gnare soprattutto le enormi disuguaglianze che esistono tra di noi, perché continuiamo a tollerare che alcuni si considerino più degni degli altri”. “E’ evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico o i maltrattamenti di animali, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, o è determinato a distruggere un altro essere umano che non gli è gradito” (ivi, 91). Non possiamo non pensare a quanto sta accadendo ogni giorno sul nostro Mediter­raneo. A differenza di deliranti, offensivi e gratuiti insulti di qualche pubblico servitore dello Stato, noi credenti e i tanti uomini e donne di buona volontà, continuiamo ad accogliere, vestire, dar da mangiare, amare, questi poveri , disgraziati e infelici fratelli che bussano alle porte del nostro Paese e dei nostri cuori. Non posso che ringraziare gli operatori e i volontari della Casa della Carità e delle va­rie mense della città e dei paesi della dioce­si, gli operatori del Centro Migrantes, i molti volontari che operano nelle Parrocchie, gli addetti all’Emporio della solidarietà, i re­sponsabili e animatori del Progetto Policoro. A nome di tanti tra voi e mio personale va a loro la nostra gratitudine per la cura, la di­sponibilità l’attenzione ai profughi e ai tanti poveri che sanno di trovare le nostre porte sempre aperte. Grazie ai molti privati, ai gestori, ristoratori che rendono ogni giorno evidente , nonostante le note ristrettezze, il miracolo della Provvidenza e il pane quo­tidiano a chi viene a chiederlo alla carità e all’amore dei credenti. Aumentano i poveri e le loro necessità, non arretra o diminuisce per loro la quotidiana carezza della Provvidenza. Il Papa nella citata Enciclica ci richiama a risanare la nostra relazione con la natura ricordandoci che questa non sarà possibile se non saremo capaci di risanare tutte le re­lazioni umane fondamentali. Ci sono ferite, solitudini, emarginazioni che segnano in profondità tanti nostri simili. Non verremo fuori dallo stallo e dalla inconsi­stenza e frammentarietà di rapporti umani superficiali se non risaneremo dal profondo, lo stile dei nostri rapporti, della nostra acco­glienza, del nostro brutto vezzo di giudizi e rifiuti che condannano senza appello. Se come credenti rivendichiamo per ogni uomo un valore al di sopra di tutte le cre­ature, diamo spazio alla valorizzazione di ogni persona umana, evitando la divisione in caste, in buoni e cattivi, in giusti e pec­catori. L’uomo, ogni uomo va amato perché immagine di Dio, perché nostro compagno di viaggio.

UNA CITTÀ DA AMARE CURARE, DIFENDERE

Questa accoglienza la si vive in pienezza non solo attraverso il ristabilimento di rapporti umani, autentici e solidali, ma anche creando o ricreando quelle condizioni ambientali che reclamano da noi tutti, in particolare da quanti sono chiamati a compiti di respon­sabilità e di servizio alla comunità, un deciso cambio di rotta. Afferma Papa Francesco: “mai abbiamo offeso e maltrattato la casa comune come negli ultimi due secoli” (ivi,53) e prosegue: “E’ necessario curare gli spazi pubblici, i quadri prospettici e i punti di riferimento urbani che accresco­no il nostro senso di appartenenza, il nostro ‘ sentirci a casa ’ all’interno della città che ci contiene e ci unisce. È importante che le diverse parti di una città siano ben integrate e che gli abitanti possano avere una visio­ne d’insieme invece di rinchiudersi in un quartiere, rinunciando a vivere la città intera come uno spazio proprio condiviso con gli altri” (ivi 151). Questa lucida analisi di Papa Francesco in­terpella, interroga, pone la nostra attenzione e il nostro giudizio sul nostro elegante, ar­ monico , lineare, accogliente e storico tessu­to urbano, da cartolina, così come ci è stato consegnato dalla sapienza architettonica e dall’amore per il bello dei molti che con la loro arte ci fanno gustare il meticoloso e ri­camato incavo della pietra che sembra uscire dal suo mutismo inanimato per parlarci e far­ci avvertire la sua vicinanza e familiarità. Ma guardiamo all’oggi della nostra città: la bellezza degli spazi pubblici, dei quadri prospettici e dei punti di riferimento urba­ni, conserva ancora i suoi tratti originali o dobbiamo lamentare uno spessore esage­rato di rughe che nascondono e offendono la sapiente arte che ci è stata consegnata e che non sappiamo non solo conservare ma imitare nelle mutate esigenze dell’oggi? C’è una sana e accorta creatività che porti ad integrare i quartieri disagiati all’interno della città accogliente? Pochi giorni fa in questa Piazza, emblema di sapiente architettura e invito caldo alla con­templazione di quella bellezza che sa trasfor­mare la vita, che a denti stretti cerchiamo di difendere da ingerenze indebite – ma quanta fatica e quante sconfitte dal popolo di giorno e soprattutto dal popolo della notte – sono stato, scusatemi l’espressione, attenzionato da una coppia di turisti per complimentarsi della bellezza unica della nostra città e dei suoi monumenti. Con garbo e cortesia però hanno aggiunto: ma forse non amate a suffi­cienza questo tesoro, a giudicare da un certo disordine, dall’ incuria, dalle erbacce, cose che rovinano la preziosità dell’arte che vi è stata affidata! Amici cari, questa città va amata, curata, difesa, non mortificata e maltrattata. Ha bisogno di maggiore sicurezza, di tutela, so­prattutto di rispetto! A volte si ha l’impressione che ci siano delle assenze e delle latitanze, laddove c’è bisogno di una cabina di regia che veda al proprio posto gli operatori e i promotori del bene comune di questa città. Non ci è permesso di fuggire, di rimandare o di ricorrere alla politica dello struzzo. Purtroppo è storia di ogni giorno ma so­prattutto di ogni notte. In molti non sentono il fiato sul collo per tutte quelle offese che malmenano e degradano il bello di cui siamo chiamati ad essere custodi. A quanti hanno a cuore e sono chiamati alla difficile arte dell’educazione, sommessamente ricordo e suggerisco che il rispetto dell’ambiente è uno dei temi educativi più urgenti al quale bisogna mettere mano da subito.

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