Pagine di Storia/Quando la Grande Guerra era di casa…
I Comitati d’Assistenza e la Croce Rossa accanto alle famiglie dei militari.
Con il protrarsi della guerra, i Comitati di assistenza civile ebbero un ruolo dominante tra la popolazione oramai prostrata e affamata dall’indigenza bellica. Sull’onda della crisi sociale e della perdita di valori e contenuti vincolati ad una identità locale che andava sempre più sgretolandosi, nacquero le speciali commissioni per l’erogazione dei sussidi alle famiglie dei militari richiamati alle armi e dei soldati prigionieri di guerra, unico sostentamento fisico e morale, accanto alle piccole istituzioni sussidiarie della famiglia come asili e nidi di bambini, zuppe popolari e cucine materne che crescevano in città.
I comuni della provincia di Lecce nei quali esisteva un comitato di assistenza (Lequile, Leverano, Surbo, Veglie, per citarne alcuni) facevano capo alla speciale commissione di Lecce per le elargizioni economiche, presieduta dal cav. Luigi Pozzi, presidente della Croce Rossa Italiana, l’avv. Vito Mario Stampacchia, il rev. canonico Francesco Petronelli e l’avv. Giovanni Semeraro. Al lavoro svolto dalle commissioni locali, anche per supportare gli scarsi mezzi finanziari insufficienti a far fronte alle numerose richieste di sussidi, si affiancò l’opera della Croce Rossa Americana (Arc) nel lavoro del Capitano Gorham Stevens, figura assai importante nella provincia di Terra d’Otranto per il suo operato e sostentamento ai comuni più poveri e disagiati durante il periodo bellico.
La Croce Rossa Americana venne attivata, infatti, non solo con il fine di utilizzare il personale nei servizi dei trasporti, aeronautica o artiglieria ma anche nei servizi di sanità e assistenza. In seguito al pagamento dei sussidi della Cra nel comune di Lequile nacque un gran fermento tra le molte famiglie che ne restarono fuori: il prefetto di Lecce, in una circolare del 16 luglio 1918 e indirizzata al Commissario delle Opere federate di assistenza e propaganda del Comune di Lequile, fa presente la gran rivolta scoppiata, poiché le famiglie sussidiate erano solo diciotto, a discapito delle altre che pure avevano fatto gli stessi sacrifici e si trovavano in cattive condizioni economiche, sottolineando che non doveva esserci una differenza di trattamento.
Della polemica, esplosa pericolosamente, se ne occupò il Canonico Petronelli, Parroco del Duomo, sostenendo che bisognava affidare le assegnazioni economiche ad una commissione composta dal maresciallo dei Carabinieri, dall’Arciprete e dal sindaco “onde evitare qualche spiacevole incidente, specialmente in un paese così vicino a Lecce, e accontentare la popolazione affamata”. Se fame e disperazione la facevano da padrone, il fremito patriottico e la voglia di riscatto scuotevano la gioventù ad alzare la testa; per preparare i soldati d’Italia e per completare l’istruzione premilitare su ordine del Ministero della guerra, le Società di tiro a segno nazionali e di territorio (Lecce, San Cesario, Gallipoli) divennero vere fucine di giovani soldati allenati all’uso di fucili modello 1891, cartucce e pallottole frangibili, affiancati dall’assistenza dei volontari di guerra ciclisti e automobilisti.
Maria Teresa Friolo



















