Pianeta Adozioni… Un mondo da scoprire
L’Avvocato Giannone/A fondamento della Legge 4 maggio 1983 c’è il benessere del minore che si trova in stato di abbandono morale e materiale.
Storicamente, l’orfano impersona la categoria più svantaggiata di una società, perché, privato dei genitori, perdendo il diritto alla tutela, oggettivamente perde tutto. Nella maggior parte dei casi, viene affidato alle cure degli istituti religiosi, della cui assistenza può beneficiare anche per periodi alquanto lunghi, solitamente fino ad eventuale richiesta di adozione. Ovviamente, non per tutti i minori è valido questo discorso. Sono tristemente note, infatti, le realtà di paesi transoceanici, dove la civiltà, o come si voglia denominare, consente scenari davanti ai quali l’indignazione, la vergogna e, purtroppo, l’orrore sono i soli sentimenti da provare. La situazione italiana, almeno quella che affiora, riconosce il problema nella sua delicatezza e complessità e si propone di risolverlo nel migliore dei modi attraverso una normativa, la legge 4 maggio 1983, il cui fondamento ed obiettivo è il benessere del minore, che si trovi in stato di abbandono materiale e morale. Francesca Giannone, 31 anni, salentina, avvocato del settore civile e penale formatasi presso l’Ateneo del Salento, esercita la professione collaborando con lo studio legale Bellini di Lecce. Descrive, in maniera dettagliata e ad un tempo accessibile, la molteplicità degli aspetti che si intersecano nell’ambito delle adozioni. La prima operazione schematica richiesta all’attenzione del lettore o di eventuali utenti è quella di suddividere i casi di adozione in due binari distinti: nazionale ed internazionale. I requisiti in possesso della coppia adottante sono i medesimi in entrambe le possibilità. “La coppia”, specifica l’avvocato Giannone, “deve essere sposata da almeno tre anni, ovvero convivente more uxorio per almeno tre anni, comprovando tale stato con opportuna documentazione; non deve esserci stata alcuna separazione personale, neanche di fatto, tra i coniugi”. Questo per ciò che riguarda l’identità della coppia in quanto tale, nel suo percorso; inoltre, “deve essere in grado di mantenere, istruire ed educare il minore”. Prima di affrontare l’ultimo step, il più temuto, ossia l’idoneità all’adozione, occorre appurare che tra i coniugi e l’adottato ci sia una differenza minima di età pari a 18 anni fino ad un massimo di 45, “tuttavia derogabili in specifiche ipotesi”. L’accertamento della capacità adottiva della coppia è fondamentale, ma psicologicamente estenuante. “In sostanza”, continua il giovane avvocato, “si tratta di valutare le capacità genitoriali, osservandone le dinamiche familiari come la situazione personale e sociale; indagare sulle motivazioni della domanda; misurare la reale disponibilità ad accogliere il minore e quindi la sussistenza di risorse per fronteggiare eventuali difficoltà”. Il Tribunale per i Minorenni è l’organo giuridico che si occupa della disciplina dell’iter di adottabilità, in particolare nella fase iniziale, in cui si accoglie la dichiarazione di disponibilità, valida fino a 3 anni, con possibilità di rinnovo; e nella fase finale, quando lo stesso tribunale è chiamato a “riconoscere nella coppia tutte le caratteristiche che rispondono al soddisfacimento delle esigenze del minore”.
La procedura nazionale si rivela particolarmente lunga, dato il numero di domande presentate e vagliate, tra le quali scegliere la coppia a cui proporre l’adozione, ma che sarà ulteriormente esaminata fino alla dichiarazione conclusiva. Esiste, infatti, “l’affidamento preadottivo”, della durata di un anno, in cui i servizi sociali si rendono presenti attraverso un’assistenza che consenta il pieno inserimento del bambino nel nuovo contesto familiare. Saranno gli stessi operatori socio-assistenziali ad inviare, terminato l’anno, una relazione al tribunale, che completerà l’indagine tramite un certo numero di colloqui, cui i coniugi saranno invitati a sottoporsi, e dopo i quali soltanto si avrà il responso definitivo, o altrimenti una proroga dell’affidamento per consolidare il rapporto creatosi con i potenziali genitori. “L’adozione”, chiarisce inoltre l’avvocato, “crea un vincolo giuridico tra gli adottanti e il minore, equiparato alla filiazione legittima, in quanto: assume il cognome del padre adottivo; interrompe i rapporti con la famiglia biologica; il suo stato civile non riporterà, sui certificati, alcun riferimento alla famiglia d’origine”. “Le adozioni internazionali sono affidate alle competenze della Commissione preposta”, continua Francesca Giannone, “che segue la regolamentazione della Convenzione de L’Aja, del 29 maggio 1993”. In questo ambito, il Tribunale rilascerà un decreto di idoneità da inviare alla Commissione e all’Ente autorizzato per le adozioni internazionali, quest’ultimo “informerà, formerà e affiancherà le coppie nel percorso e negli opportuni passaggi legali e amministrativi all’estero; assisterà le stesse nelle relazioni con l’autorità straniera; le sosterrà dopo l’adozione. Il provvedimento di autorizzazione, emesso dalla burocrazia del paese di provenienza del minore, sarà poi trasmesso dall’Ente alla Commissione, la quale permetterà l’eventuale ingresso del bambino in Italia e la sua permanenza definitiva. La conclusione è identica a quella esaminata per il circuito nazionale”.

















