Turismo Estivo 3.0/Tra Sagre e Feste
È cambiato negli ultimi anni l’afflusso dei villeggianti…
Siamo all’ultima settimana di agosto, tuttavia l’estate salentina è ancora lontana dal voler dichiarare la parola fine soprattutto grazie alle innumerevoli feste locali che la caratterizzano. Riti religiosi e feste patronali ricoprono l’intera agenda di agosto e settembre e continuano anche se in proporzioni minori negli altri mesi dell’anno. Ci domandiamo, allora, come mai vi è una concentrazione così alta degli anniversari dei Santi patroni proprio nei mesi estivi? In realtà, dall’APT di Lecce (Associazione di promozione turistica) scopriamo che spesso le Feste in onore dei Santi vengono replicate nel periodo estivo, per dar modo a chi risiede fuori dai paesi di origine d’incontrarsi e partecipare seppur per un breve periodo alla vita del paese. Questo è il caso, ad esempio, del Patrono di Sternatia, S. Giorgio, celebrato il 22 di agosto, ma festeggiato anche nel mese di marzo, il giorno 23. Molti compaesani, secondo quanto ci viene riferito, organizzano addirittura le loro vacanze, cercando di essere presenti alla festa del loro Santo Patrono. Dietro a tutti questi culti c’è la storia del territorio così prepotente da rimanere impressa nella vita delle comunità e capace di travolgere ronde di turisti incuriositi e affascinati da tanta devozione e allegria. Del resto, un conto è sentire parlare della “pizzica salentina”, un altro è immergersi nelle piazze dei paesi dove le generazioni si annullano in uno stesso volteggiare e sorridere in euforia danzante. E che dire di luminarie, bande e concerti, proposte gastronomiche, bancarelle, il tutto, insomma, costituisce certamente un unicum “made in Salento” al quale è difficile rimanere indifferenti. Basta scorrere il calendario degli appuntamenti per notare come le feste locali ci raccontano delle nostre radici. Tra i Protettori venerati non ci sono solo santi locali come S. Oronzo festeggiato a Lecce dal 24 al 26 agosto, a Botrugno sempre il 24, ad Acaya e a Campi Salentina il 1 di settembre, o come S. Giuseppe a Copertino il 16 settembre; altri Santi sono stati “adottati” come S. Antonio da Padova, che si festeggia a Castrignano dei Greci il 23 Agosto e a Melissano il 7 settembre o addirittura come S. Niceta il Goto, di origini barbare, venerato a Melendugno il 15 settembre, ecc..
Marco Epicochi, La Campana di Sant’Oronzo, Ceramica, 2015
Molto amati sono anche i SS. Medici che risultano protagonisti a settembre in ben sette paesi: Galatone, S. Donato, Nardò, Muro Leccese, Tricase, Salve, Uggiano la Chiesa; inoltre, tante sono le feste dedicate alla Vergine Maria (il 22 agosto è in programma la fiera della Madonna del Gonfalone a Tricase, il 3 settembre si festeggia la Madonna del Carmelo a Guagnano; 6-8 settembre la festa della Maria Madre della Grazia a Galatone; e così via). La Festa nel Salento non è però solo legata al rito religioso. Vi sono alcune ricorrenze che staccatesi dall’originaria devozione al santo hanno preso altre direzioni. Ci riferiamo ad esempio alla sagra “te lu mieru” che si festeggia ogni anno nel primo weekend di settembre a Carpignano. Pochi avrebbero immaginato che una festa dedicata al vino sarebbe diventata una delle più famose e seguite ricorrenze nel panorama della movida salentina, capace di attirare migliaia di turisti. Nacque quasi per caso nell’agosto del 1974, in un primo momento si chiamò Lu Patrunu, si improvvisarono piatti tipici fatti in casa accompagnati dall’onnipresente vino, successivamente si fece coincidere la celebrazione della Festa della Madonna delle Grazie con questa sagra e il nome venne cambiato in Sagra te lu mieru (www.salento.tv). Malgrado le differenze c’è comunque una caratteristica che accomuna tutte le feste salentine, cioè quella di avere la capacità di risuonare come un’eco anche al di fuori dei confini locali. Ne è un esempio il festival itinerante della Taranta che quest’anno si conclude come sempre a Melpignano il 22 agosto e che senza peccare di presunzione possiamo definire un evento di scala nazionale. L’ammaliante richiamo turistico, che negli ultimi decenni ha contribuito al successo delle feste locali, è divenuto oggi un fenomeno integrante di esse, il “fiore all’occhiello” che le anima e le trasforma.
Fatima Grazioli
DEVOTI E PELLEGRINI RACCONTANO LA FESTA…
“SANTU PROTETTORE PREA NOSTRO SIGNORE”
La profonda devozione leccese verso i santi Patroni, presi singolarmente, risale per S. Oronzo almeno al XII secolo nell’omonima località fuori le mura della città; per S. Giusto al medesimo periodo in cui gli fu dedicata una delle porte cittadine; per S.Fortunato al 1400 in cui fu consacrata una Cappella in Cattedrale. S.Oronzo è consorziato a S. Giusto e S. Fortunato nella “Paradossica Apologia” di G. A. Ferrari del XVI secolo, ma liturgicamente il culto associato dei primi due non risale a prima della metà del 1500, mentre nello stesso periodo non si accenna a festeggiamenti in onore di S. Fortunato. Nei primi decenni del XVII secolo la devozione popolare verso Oronzo e Giusto non fu particolarmente sentita, pur essendo essi ritenuti Patroni di Lecce, ma inferiori a S. Irene. Fu la scampata pestilenziale epidemia del 1656 a rizelare, cioè a riportare in auge il culto riservato ai tre Santi. Da quella data a oggi è diventata immancabile la tradizionale partecipazione dei leccesi alla festa dei Patroni. Gli adulti e i più anziani, intervistati a microfono aperto, rammentano l’assiduità dei propri nuclei familiari all’undena, “quando era celebrata alle 5,00 di mattina”, come afferma la signora Maria di oltre ottanta anni, o “la sequela della solenne processione che ritualmente attraversa le principali vie del centro storico cittadino”, come attesta la settantaseienne signora Annamaria. Una consuetudine perseguita anche dalla signora Alba e consorte, ultrasettantenni entrambi, che arricchiscono la testimonianza ricordando “la visita in Cattedrale a venerare di sera i simulacri dei tre Santi esposti e, per miscere utile dulci, il giro delle bancarelle tra lo sciamare degli avventori e un salto alle giostre nei pressi della chiesa di S. Lazzaro, una degustazione della scapece e della cupeta e la mirabolante esibizione dei fuochi pirotecnici all’ex Carlo Pranzo, senza tralasciare, il 26 agosto, la fiera del bestiame nel Foro Boario”.
La signora Teresa esalta i tempi in cui le luminarie si estendevano fino a Piazza Mazzini. La signora Assuntina ultasettantenne rimembra che “dall’inizio della festa, il 15 agosto, ogni sera si illuminava un cerchio di luce intorno al Campanile del Duomo e richiamava i fedeli alla recita del rosario in famiglia e della preghiera serale a S. Oronzo: Santu Ronzu mio benigno de pregare nu su dignu. Tie si santu Protettore, prea tie nostro Signore”. La signora Diana ottantasettenne, benchè purtroppo molti ricordi siano sfumati nel tempo, afferma che la festa di S. Oronzo nella sua famiglia rivestiva un ruolo fondamentale. Era, infatti, importantissima, perché in quell’occasione si riuniva insieme ai suoi parenti più intimi fin dalla tenera età e andava a far visita in Cattedrale ai tre Santi. “Il giorno più bello era il 26, quando pranzavo insieme ai congiunti e, particolarmente, con i nonni, molto religiosi”. Indimenticabili “specchietti per le allodole” nella ricorrenza, cioè “fonti di attrazione erano la processione, le luminarie, le bancarelle, peculiarmente per i giovani, i fuochi d’artificio di cui si interessava mio padre Luigi Grassi”. Facendo una rapida constatazione “con modalità differenti di espressione – conclude – la spiritualità della festa è rimasta inalterata”.
Sonia Marulli


















