VERSO L’ANNO SANTO/AZIONI, SEGNI, OPERE
L’ABORTO/TUTTI I SACERDOTI POTRANNO ASSOLVERE
Oggi, nella coscienza di molti, la percezione della gravità dell’aborto è andata progressivamente oscurandosi. La sua accettazione nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il male, persino quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita. Ma la tradizione della Chiesa ha sempre ribadito la gravità morale dell’aborto procurato. Il Concilio Vaticano II nella costituzione pastorale Gaudium et Spes al n. 51 lo afferma chiaramente: “Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l’altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l’aborto come l’infanticidio sono abominevoli delitti”. Come anche la Dichiarazione sull’aborto procurato della Congregazione per la dottrina della fede del 18 novembre 1974. L’aborto è un crimine particolarmente odioso perché sopprime un essere umano innocente, debole, inerme, incapace di difendersi e totalmente affidato alla protezione e alle cure di colei che lo porta in grembo. Il Codice di Diritto Canonico sancisce che “chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae” (can. 1398) che colpisce tutti coloro che hanno collaborato.
Tale scomunica è automatica nel senso che avviene nel momento in cui si compie l’atto e tende a far prendere coscienza della gravità di tale peccato e a favorire quindi un’adeguata conversione e penitenza. Essendo l’aborto un “peccato riservato”, la sua assoluzione e la remissione della scomunica sono propri del Vescovo che può estendere ad altri questa facoltà. Papa Francesco, in occasione del Giubileo Straordinario della Misericordia, che si aprirà l’8 dicembre 2015, ha concesso “a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono”. Il Papa considera i condizionamenti, di varia natura, che possono aver portato una donna a prendere questa triste e dolorosa decisione dando così inizio al proprio dramma esistenziale e morale. Dio, che è infinitamente più grande del peccato dell’uomo e “non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva” (cf. Ez 33,11), concede il suo “perdono”, che è un “super-dono”, a coloro che sinceramente si pentono e con cuore umile e sincero si accostano al sacramento della riconciliazione. Il perdono ricevuto rigenera e dà vita e impegna tutta la vita a favore della vita.
Salvatore Cipressa
















