Alessio, 830 km fino a Santiago de Compostela
È stato davvero molto arduo?
Non solo! Oltre ai dolori fisici che pure non sono mancati si aggiunge la solitudine. Si rischia di restare soli per lunghi tratti, in compagnia dei soli pensieri, a meditare e rimuginare sull’essere se stessi e lo sforzo di raggiungere la prossima fontana per potersi abbeverare. Ma anche l’amicizia che ritrovi ad ogni punto di arrivo, la soddisfazione di essere giunto alla meta che ti eri prefissato, la festa che rincontravi ogni tanto nei paesini, la gioia di stare insieme. Durante il Cammino una tempesta di emozioni ti pervade sia per la varietà di paesaggi che ti ritrovi a contemplare lungo la strada, sia per la pluralità di gente che ti circonda e che pian piano chiami amici. Non puoi in nessun modo prepararti a quello che ti aspetta. Per quanto mi riguarda, essendo nato e vissuto in territori pianeggianti e comunque a livello del mare, anche volendo non potevo allenarmi ai sentieri di montagna che mi sono ritrovato a percorrere, come chi ci vive da sempre, tanto meno ai percorsi di campagna soleggiati. Non esiste un allenamento ad hoc per quanto c’è da affrontare e il corpo ne risente. Infatti a Santiago, nei negozi di souvenir, le più vendute erano le magliette con la scritta “Sin dolor no hay gloria”. Poiché tutti nel Cammino hanno sofferto per qualcosa.
Non avevi il timore di sbagliare strada?
All’inizio sì. Non sapevo proprio come poter andare da un paese all’altro, ma subito dopo la partenza ho notato delle frecce gialle lungo il tragitto che indicano sempre l’esatta direzione da seguire. Ad ogni bivio, curva o incrocio ritrovi spesso una di queste indicazioni. Lungo il percorso sono dislocate fontane e chiese ove potersi riposare e ristorare nel modo corretto. Che emozione aver seguito le stesse frecce che centinaia di pellegrini seguono ogni giorno da tantissimi anni. Le medesime che non cessano di unire tutti i pellegrini e eguagliandone gli obbiettivi. Anche gli zaini erano tutti diversi alla partenza, ma mano a mano si getta il superfluo e cominciano a diventare tutti uguali all’interno. Distinguere il necessario dal superfluo è stato un altro grande insegnamento del Cammino. Ogni oggetto o indumento che non si confaceva spesso andava gettato via, come ad esempio la maglietta un po’ più carina per poter uscire, o quella di riserva da utilizzare in casi particolari. Non esisteva il “potrebbe essere utile”.
Hai mai pensato di mollare tutto?
Nonostante il tragitto fosse molto duro non pensavo di abbandonarlo. Forse solo il primo giorno mi è balenato un piccolo ripensamento. Dopo aver scalato i Pirenei con tanta sofferenza, ho iniziato a pensare che il Cammino non facesse per me. Accarezzavo il pensiero di arrivare a Pamplona, una città con l’aeroporto e prendere un aereo che mi avrebbe riportato in Italia e quindi a casa. Invece, ho raccolto tutto il mio coraggio proseguendo con fede e tenacia finché non ho raggiunto delle persone che mi furono prima compagni di viaggio, poi autentico gruppo di amici. Arrivato a Pamplona fu l’amicizia a sostenermi fino a Santiago e forse oltre. È stata un’esperienza fantastica che vorrei rifare nonostante l’oggettiva fatica. Come ha giustamente osservato un mio amico: “A viaggiare da soli si va veloci, ma a viaggiare in gruppo si va lontani”.
A chi vorresti dire grazie per questa straordinaria esperienza?
Ringrazio il Signore per questa fantastica avventura. E poi vorrei abbracciare e ringraziare i miei amici che mi sono stati accanto in questo viaggio: i miei compaesani; tutti i giovani della parrocchia “Maria SS. Assunta” di Monteroni e “San Sabino” di Lecce; i compagni della scuola di ballo “Parranda Latina” ed in modo particolare mia madre, mio padre e Martina poiché senza di loro questo pezzo di vita vissuta non avrebbe avuto un appropriato inizio ed un lieto fine.
















