Pubblicato in: Dom, Nov 16th, 2014

Allarme Aids nel Salento… Al Fazzi più di 200 casi

A colloquio con il Dott. Anacleto Romano, Primario del reparto di Malattie Infettive a Lecce. 

DAL 2012 UN INCREMENTO DEL 33% 

“La malattia viene trattata negli ospedali di Lecce e di Galatina perché i farmaci per la terapia dell’HIV possono essere gestiti solo nei reparti di malattie infettive, I sieropositivi e i malati si seguono prima in day hospital e in caso di necessità si ricoverano”. 

Negli anni ’80 l’Aids era una malattia di inciden­za medica e rilevanza sociale, col passare del tempo fagocitata da altre emergenze si è celata in filograna tra le pieghe della storia comune, ma continua ad essere un problema attuale e oggetto di allarmanti statistiche. Cer­chiamo di comprendere bene quale è la situazione reale nel nostro territorio con il dott. Anacleto Romano, Pri­mario del reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale Vito Fazzi di Lecce.

Dott. Romano l’Aids è ancora oggi una problema sanitario. Come è cambiata la sua fisiono­mia medica, negli anni?

Rimane sicuramente un problema con una prevalenza di soggetti infetti che non si è ridotta rispetto agli anni precedenti. Quello che è cambiato sono le categorie di pazienti che si infettano, perché, mentre negli anni ‘80 erano i tossicodipendenti e mi riferisco all’Ita­lia e all’Europa perché in America già in quegli anni erano colpiti gli omo­sessuali, adesso i nuovi casi si regi­strano in soggetti che contraggono la malattia soprattutto per via sessuale sia omo che etero.

Indagini recenti evidenziano una crescita esponenziale dei malati di Aids, si può parlare di allarmismo?

Non c’è una crescita esponenziale in generale, ma un maggior numero di casi che si registrano di trasmissio­ne per via sessuale sia omo sia etero. I tossicodipendenti che contraggono il virus sono diminuiti, probabilmente perché l’uso di droghe per via endo­venosa si è ridotto, e poi c’è una mag­giore attenzione e informazione. Non si può parlare di allarmismo, perché non ci sono dati che evidenziano un incremento significativo dei casi, però sicuramente quello che manca attual­mente nei giovani ma anche nelle per­sone di una certa età è la percezione del rischio, nel senso che si pensa che sia una malattia superata e per la quale esista una terapia, ma che in realtà è solo di contenimento, riesce a inibire la proliferazione del virus, che però re­sta nell’organismo.

Nello specifico, qual è la situazio­ne nel reparto delle malattie infet­tive del Vito Fazzi?

Noi a Lecce abbiamo 220 casi e dal 2012 ad ottobre del 2014 si è registra­to un incremento del 33% di cui il 50% sono omosessuali. Tuttavia, ci tengo a precisare che questo dato non rappre­senta una statistica perché un’indagine generale e completa dovrebbe conside­rare anche i dati nel Centro dell’Ospe­dale Santa Caterina novella di Galatina.

2014

A Lecce e in Provincia ci sono strutture private preposte alla cura di questa malattia?

No, questa malattia viene tratta­ta negli ospedali di Lecce e di Gala­tina perché i farmaci per la terapia dell’HIV possono essere gestiti solo nei reparti di malattie infettive. I sie­ropositivi e i malati si seguono prima in day hospital e in caso di necessità si ricoverano.

Qual è la differenza tra un siero­positivo e un malato di Aids?

La differenza sta fondamentalmente nel fatto che il sieropositivo ha il virus nel sangue e negli organi però non ha segni di malattia e, quindi, da un pun­to di vista epidemiologico è potenzial­mente molto più pericoloso perché è una persona che può condurre una vita normale ma infettare le persone con cui viene a contatto. Il malato è quello sintomatico quello che ormai ha svilup­pato quelle che si chiamano infezioni opportunistiche, che caratterizzano la fase conclamata. 

Nel tempo sono cambiate le mo­dalità mediche atte ad affrontare e debellare completamente que­sta malattia?

Le modalità mediche non sono cam­biate, la differenza sta nel fatto che mentre all’inizio c’era la disponibilità soltanto di una o due molecole, al gior­no d’oggi si dispone di una vasta gam­ma di farmaci che sono attivi contro il virus, ma resta il fatto che nessuno di questi farmaci è in grado di sconfiggere la malattia, per cui chi la contrae, resta infetto per tutta la vita e può trasmetter­la alle persone con cui viene a contat­to. Devo aggiungere che mentre prima l’Aids era una malattia mortale senza terapie efficaci, quindi la sopravvivenza era legata solo a una questione di tem­po, adesso è diventata una malattia cro­nica nel senso che le terapie riescono a contenere la proliferazione del virus e bloccare l’avanzata della malattia. Per esempio a Lecce seguiamo sieropositivi dal 1980 ma il problema è che questi pa­ zienti muoiono per altri motivi, perché le terapie per combattere l’Hiv sono tossiche e col passere del tempo dan­neggiano diversi organi come il fegato o i reni. Quindi non si muore per l’Hiv ma per la cirrosi epatica, uno scompen­so o un tumore. Recentemente è stata in­trodotta negli Stati Uniti, ed è arrivata anche da noi, una profilassi che consiste nell’assunzione di un farmaco contro il virus dell’Hiv entro 48 ore dal momento in cui c’è stata l’esposizione, che sicu­ramente riduce il rischio ma che non lo elimina e comunque non è farmaco da impiego comune.

Speranze terapeutiche per il fu­turo?

Le speranze terapeutiche sono quelle di avere una guarigione defini­tiva, sono stati fatti tanti tentativi, però allo stato attuale, e non credo neanche per il prossimo futuro, non saranno di­sponibili vaccini o farmaci che siano in grado di sradicare questa malattia in modo completo e definitivo. 

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