Antonio Cassiano/Orgoglioso di un museo così
Dal 1994 è direttore del “Sigismondo Castromediano” la struttura culturale più importante del Salento.
Alla fine del 2011 è stato inaugurato il nuovo allestimento permanente per l’esposizione delle collezioni. Una scelta molto apprezzata dal pubblico.
I tagli che puntualmente colpiscono il settore culturale non sono intelligenti: chi li compie non capisce che un popolo va avanti, anche economicamente, solo se culturalmente ed intellettualmente attivo.
Come nasce Antonio Cassiano? E come si sviluppa in lei la passione per l’arte e la cultura?
Ho cominciato a subire il fascino dell’arte e della cultura già negli anni del Liceo, grazie al mio professore di arte, che possedeva una straordinaria capacità di trasmettere la sua passione, anche attraverso una importante metodologia di lettura dell’opera d’arte. Con lui imparai ad interpretare Giotto, così come con l’insegnante di Italiano imparavo a leggere Dante o Petrarca. L’Università, grazie a docenti come Paola Barocchi e Maria Luisa Ferrari, ha poi confermato la mia scelta. Mi sono laureato a Lecce, e perfezionato ad Urbino e Napoli. Subito dopo, ho cominciato a lavorare al fianco di Giovanna Delli Ponti, allora direttrice del Museo Provinciale, con la quale fui iniziato all’avventura della gestione del museo, della catalogazione e dell’inventariazione dei beni archivistici, librari e documentari, culturali.
Nel ’94, poi, è iniziata la sua direzione del Museo Sigismondo Castromediano. Cosa ha rappresenta per lei questa avventura?
Ancora oggi, il Sigismondo Castromendiano è la struttura preposta alle attività culturali più importante del territorio, che ha dato molto, in termini di qualità delle proposte e delle offerte culturali, alla città, ma anche
alla provincia e alla regione. Rappresentiamo la tradizione, ma siamo, contestualmente, propositori di nuove realtà e tendenze. Ciò, ovviamente, non può che riempirmi di orgoglio.
C’è qualche mostra o evento che ricorda con più emozione?
Ricordo con particolare piacere tre momenti importanti. Il primo è l’allestimento della Pinacoteca del Museo nel ‘79, quando dal Palazzo dei Celestini ci trasferimmo nella struttura che ci ospita ancora oggi e la allestimmo, in maniera abbastanza veloce, con i dipinti recuperati dagli uffici della Provincia e dal Convitto Palmieri. Fu una vera novità. Poi, la mostra “Il Barocco a Lecce e nel Salento”, nel ‘94, che a mio avviso rappresentava un vero e proprio modello pioneristico. Infine, nell’ultimo triennio, l’esperienza di studio su Caravaggio, che ci ha permesso di indagare sulla diffusione delle istanze caravaggesche in periferia.
A dicembre è stato inaugurato il nuovo allestimento permanente delle collezioni del museo. In che cosa consiste e che tipo di riscontri sta ottenendo?
La riorganizzazione del Museo sta ottenendo un riscontro molto positivo. Il pubblico è entusiasta, e si complimenta per la scelta di un allestimento sobrio, ma non banale. Purtroppo oggi i musei rincorrono una eccessiva semplicità, che porta spesso alla banalizzazione del messaggio. Il museo non è solo un luogo dove si spiega la storia del territorio e delle sue espressioni artistiche, ma è soprattutto il posto in cui avviene l’esperienza artistica, il contatto diretto con l’opera, che provoca e lascia un’emozione forte e duratura.
Lecce è sempre più meta di turisti appassionati. Se dovesse consigliare loro un itinerario da seguire, quale sarebbe?
Se il turista ha a disposizione una sola mattinata, per recepire una seppur minime immagine di Lecce può bastare una lunga passeggiata da una Porta all’altra, passando per le piazze della Città. Se si ha a disposizione un periodo di tempo più lungo, consiglierei di partire dal Museo, che ne racconta la storia e permette una visione globale, per passare poi attraverso i suoi luoghi simbolo: Piazza del Duomo, Santa Croce, l’Anfiteatro, il più chiaro esempio della tradizione archeologica leccese. Non si può andar via da Lecce senza aver visto l’ingresso della Chiesa di Santa Chiara, simbolo egregio del barocco leccese: i suoi altari sono incredibilmente scenografici, come prosceni su cui gli attori – le sculture dei santi – recitano in tutto il loro straordinario splendore.
Il Salento è terra di tarantismo, di pizzica, di espressioni sempre più variegate di arte popolare. Cosa pensa di questi fenomeni?
Quando ero giovane, chi seguiva le tradizioni popolari era considerato poco progressista e un po’ retrogrado. Oggi, fortunatamente, non è così. È giusto recuperare le proprie tradizioni, soprattutto se, come nel caso della pizzica, i canti popolari vengono riproposti con nuove sonorità, con nuovi incanti acustici. Il Salento è stato molto bravo nel suo recupero e nella riproposta culturale, ed è giusto che se ne avvantaggi, anche come marketing territoriale.
Un cenno alla Lirica a Lecce, stagione di tradizione. In un periodo di grossa crisi nel settore culturale e di tagli del Ministero, a Lecce si continua con grande entusiasmo e grossi titoli…
Credo che la Lirica abbia, nella nostra storia, lo stesso ruolo degli archivi, dei musei, delle Chiese. Il patrimonio lirico italiano è apprezzato all’estero almeno quanto i nostri beni archeologici o artistici. È, quindi, nostro dovere, continuare nella sua produzione e valorizzazione. I tagli che puntualmente colpiscono il settore culturale non sono intelligenti: chi li compie non capisce che un popolo va avanti, anche economicamente, solo se culturalmente ed intellettualmente attivo.
Da uno sguardo esterno e, forse, me o dica lei, superficiale, si registra una sorta di disorganicità, fra le varie istituzioni (regione, provincia, comuni), nella proposta culturale, mancando una cabina di regia, di coordinamento territoriale dell’offerta culturale, che possa confezionare e offrire una sorta di pacchetto culturale strutturato. È così?
Non è necessariamente una cosa negativa. Cioè, se da una parte manca ancora l’organizzazione, maturata negli anni, di regioni come il Veneto o la Lombardia, questa proposta culturale non univoca alimenta un fervore generalizzato, che non appartiene ad uno, ma è di tutti e per tutti. Occorre il tempo per sedimentare e dare la giusta organicità a quanto si sta facendo, ma la strada è quella giusta.
La sua storia/Al fianco di Giovanna Delli Ponti
Laureato in Lettere all’Università di Lecce, si perfeziona in Storia dell’Arte presso l’Università di Urbino e in catalogazione dei beni culturali all’Università di Napoli. Dal 1975 al 1994 è Ispettore Storico dell’Arte presso il Museo della Provincia di Lecce e dal 1994 ne è il Direttore. Dal 2001 è Dirigente del Servizio Attività Culturali e Sistemi Museali della Provincia di Lecce. È Presidente del Centro Studi Salentini e Direttore del Centro Studi sul Barocco Leccese. È inoltre docente di museologia nella Scuola di specializzazione in Archeologia Classica e Medievale dell’Università del Salento. È curatore di numerosissime mostre e allestimenti, tra cui quello della Pinacoteca del Museo Provinciale nel 1979, il Museo delle Tradizioni Popolari di S. Maria di Cerrate nel 1976, il Museo Diocesano di Gallipoli e quello di Ugento.
Il più antico Museo di Puglia/La prima sede ubicata a Palazzo dei Celestini
Istituito nel 1868 dal Consiglio Provinciale di Terra d’Otranto, è il più antico museo di Puglia. Il fondatore fu Sigismondo Castromediano, duca di Cavallino, un patriota che, a causa della sua attività antiborbonica, fu dapprima incarcerato ed in seguito condannato all’esilio. Eletto come membro del primo parlamento della storia di Italia, unì all’attività politica la grande passione per gli studi archeologici e storici. La prima sede del museo fu ubicata in alcuni locali della Provincia nell’ex convento dei Padri Celestini, contiguo alla Chiesa di Santa Croce. Il nuovo allestimento propone una passeggiata archeologica per tutto il Salento; lungo la rampa di accesso è ospitata la sezione didattica; al primo piano è il grande racconto della preistoria del Salento. Uno spazio a sé occupa la grotta dei Cervi di Porto Badisco; la sezione si conclude con lo spazio dedicato alla tarda età del Bronzo. Al primo piano è l’antiquarium. Importanti le raccolte di vasi attici a figure rosse, protoitalioti, apuli e la ricca collezione di ceramiche messapiche e dello stile gnathia, la collezione numismatica (ora in restauro) e la sezione epigrafica. La sezione topografica, al piano terra, è un percorso virtuale da Lecce a Leuca e in altre due sale sono le raccolte d’arte del museo: nella prima le opere esposte suggeriscono un confronto tra Oriente e Occidente alla fine del medioevo e mettono in luce gli influssi bizantini e veneziani nel patrimonio artistico leccese; la seconda sala è invece dedicata alla pittura del XVII e XVIII secolo, con opere di artisti locali e numerose presenze napoletane; infine nelle vetrine sono esposte ceramiche dei castelli d’Abruzzo, ceramiche salentine e italiane, avori, parati e arredi sacri di età barocca. Al terzo piano si trovano la sala concerti e la sala didattica, nonché la sala dell’Ottocento e Novecento.
Tre mostre Nazionali/Si inizia con “Sotto il Vesuvio di Andy Warhol”
A partire dalla prossima settimana fino ad ottobre, il Servizio Cultura della Provincia di Lecce sarà impegnato nell’inaugurazione di tre mostre di spessore nazionale. La prima, dal titolo “Sotto il Vesuvio di Andy Warhol”, la cui inaugurazione è prevista sabato 9 giugno nella suggestiva cornice di San francesco della Scarpa, rende omaggio a Napoli come ispiratore della cultura barocca, diffusa in tutto il regno delle Due Sicilie. La mostra prevede l’esposizione dell’opera Vesuvius di Andy Warhol e altre nature morte di Luca Forte, Paolo Porpora, Gaetano Cusati, Gaspare Lopez, che ben rappresentano quella svolta artistica che si determina a Napoli dopo Caravaggio e i pittori viaggiatori fiamminghi. A metà percorso è prevista un’azione didattica, curata da Anna Pironti, direttrice del Dipartimento di Educazione del Castello di Rivoli, con il progetto “Alla maniera di Andy”, azione collettiva aperta a tutti attraverso un laboratorio di serigrafia tirata a mano con telaio libero, tecnica utilizzata dallo stesso Andy Warhol. La seconda, che verrà inaugurata il 14 luglio, è una rassegna di ceramiche pugliesi della collezione Dondolo, che affianca “La ceramica di Laterza nella collezione Dondolo”, già inaugurata nel giugno scorso. La rassegna è un preludio per la nascita di una sezione di arti applicate presso il Museo Provinciale. Infine, ad ottobre, due diverse sedi (San Francesco della Scarpa a Lecce e la Galleria Nazionale “Girolamo e Rosaria DeVanna” a Bitonto) ospiteranno “Puglia, il Manierismo e la Controriforma”, mostre di ricognizione sul patrimonio artistico della regione: il percorso, che copre un arco cronologico di circa un secolo, dal 1520 al 1620, prevede l’esposizione di circa 80 opere esposte tra le due sedi (dipinti, ma anche sculture, argenti e tessuti) che testimoniano lo sviluppo della cultura manieristica in Puglia fino all’affermazione delle istanze estetiche controriformate, fermando la ricerca nel momento in cui inizia a diffondersi il nuovo linguaggio figurativo di marca caravaggesca.
a cura di Annalisa Nastrini















