Pubblicato in: Gio, Nov 12th, 2015

Bruno Tognolini: “I bambini di oggi vogliono adulti che raccontino qualcosa di bello”

I personaggi delle fiabe moderne sono ancora quelli classici o si sono evoluti?

Sono quelli classici nelle fondamenta, per cui c’è sempre il giovane, che è portatore di innovazione per la sua comu­nità e che per questo spesso è ostacolato. Ci sono sempre gli antagonisti, che sono gli anzia­ni o altri giovani e che lo osta­colano per pigrizia e conformi­smo o per competizione sleale. C’è l’antagonista selvaggio. Questi personaggi si sono però evoluti. Ad esempio il vecchio mago può essere rappresentato dallo scienziato malvagio. Ci sono dei mascheramenti ria­deguati all’oggi. Ad esempio, oggi in pochi paesi esiste un re, mentre nelle fiabe spesso è pre­sente un re. Ciò perché quando queste fiabe sono state scritte esistevano dei re reali. Oggi, se un bambino vede un re in una fiaba, difficilmente lo ricondur­rà all’attuale re di Spagna. I personaggi si sono evoluti per assomigliare maggiormente al mondo reale, ma alla basa sono gli stessi delle fiabe tra­dizionali.

Einstein diceva “Se volete che vostro figlio sia intel­ligente, raccontategli delle fiabe; se volete che sia mol­to intelligente, raccontate­gliene di più”. È d’accordo col celebre fisico?

assolutamente incantevoli. Al di là del supporto è importante nutrirsi di storie, perché anche quella è una forma di intelli­genza, che aiuta a comprende­re ciò che ci succede. Le storie addestrano all’autonarrazio­ne che è fondamentale. Cioè la capacità di raccontare a se stessi ciò che ci sta succeden­do. Spesso se qualcosa è trop­po vicina a noi non riusciamo a vederla, mentre possiamo ri­conoscerci in una storia, e ciò può aiutarci a prendere una de­cisione con più respiro. Questa sicuramente è intelligenza.

È vero che le fiabe posso­no contribuire a educare la mente, come sosteneva Gianni Rodari?

Si. La fiabe contribuiscono ad educare la mente nel senso di renderla adatta alla vita e quindi ad affrontare i suoi pro­blemi.

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Che ricordo conserva del­le fiabe nella sua infanzia?

Non tantissimi. Ho il ricor­do di uno zio. La figura del­lo zio è particolare, quasi un adulto in prestito che può esse­re diverso dagli adulti che sono responsabili dell’educazioni e che spesso possono essere tedianti. Questo zio era diver­tente, fantasioso e avventuroso e ci raccontava delle storie in­ventate. Queste storie facevano morire dalle risate me, i miei fratelli ed i miei cugini. Proba­bilmente anche la mamma ci ha raccontato qualche storia, ma per motivi misteriosi non le ri­cordo. Poi sono arrivati i libri, che sono stati il mio principale nutrimento.

C’è un insegnamento pro­veniente dalle fiabe che porta ancora con se?

Ci sono, ma sono saltati fuori alla fine, dopo tanti anni. Quando i bambini mi chiedono se volessi diventare scrittore sin da bambino, faccio loro l’e­sempio di Giovannino che fece il fagottello partì in cerca di fortuna. Giovannino non sentì il momento di diventare cava­liere o mago, ma il momento di cercare fortuna. La fiaba ti spinge avanti verso un ampio raggio di possibilità senza pre­cisarle, ma tutte nella fortuna e cioè in qualcosa di bello. Se si leggono le fiabe con gli occhi di ciò che ci è successo nella vita, possiamo riconoscere noi stessi.

Quale è la sua fiaba prefe­rita?

La prossima. Quando i bambini mi chiedono quale, tra le mie opere, sia la mia preferi­ta, io dico sempre la prossima che devo ancora scrivere. Mi piacciono tutte le mie opere ma quella più bella, la numero uno, la devo ancora scrivere. Quindi forse la mia fiaba pre­ferita la devo ancora leggere. Ho letto tante storie, ed è come se tutte si fossero mescolate assieme formando un libro col­lettivo, una storia gigantesca sfaccettata che è fatta da tutte queste storie messe insieme. Quella è una storia stupenda.

A cura di Giovanni Mangiullo

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