Pubblicato in: Gio, Nov 20th, 2014

Capitale della Cultura 2019/Perché Lecce non ce l’ha fatta?

A colloquio con l’Arch. Francesco Canestrini, Soprintendente ad interim per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Lecce. 

IDENTITÀ E TRADIZIONE… LA TUTELA È DOVERE DI TUTTI 

“La Città non è riuscita a coagulare tutte le forze sociali e produttive in modo da mostrare che la candidatura fosse volontà unanime dell’intero territorio”.

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“Una soprintendenza accorpata con quella di Bari e, quindi unica per l’intera Puglia, non farebbe che aumentare la distanza tra cittadini, istituzioni e Ministero dei Beni e delle Attività e del Turismo”. 

Perché Lecce non è Ca­pitale della Cultura 2019? Secondo France­sco Canestrini, Soprin­dente per i Beni Archi­tettonici e Paesaggistici delle province di Lec­ce, Brindisi e Taranto, una delle risposte è da ricercare nella “mancata definizione della proposta di Lecce come patrimonio mondia­le dell’umanità Unesco, da estende­re all’intero territorio provinciale, in quanto ricchissimo di testimonianze di eccezionale interesse storico-artistico del periodo barocco”.

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È una delle chia­vi di lettura, forse la più originale, tra quelle fino ad oggi espresse da esperti ed opinionisti del nostro territorio. È un giudizio autorevole che l’architetto associa anche ai tempi ristretti e alla carenza di strategie nel coinvolgere l’intero Salento.

Arch. Canestrini, cosa è man­cato a Lecce per essere scelta come Capitale Europea della Cul­tura 2019?

La Città di Lecce è la capitale culturale del Salento ed è inscindibil­mente legata al territorio circostante ma in questa occasione non è riusci­ta a coagulare tutte le forze sociali e produttive in modo da mostrare che la candidatura fosse volontà unanime dell’intero territorio. Questo sia per tempi ristretti sia per carenza di stra­tegie nel coinvolgere tutte le parti in­teressate ma anche l’intera comunità delle tre province e la regione stessa. Ritengo, per esempio, che abbia avuto un ruolo importante la mancata defini­zione della proposta di Lecce come pa­trimonio mondiale dell’umanità Une­sco, da estendere all’intero territorio provinciale, in quanto ricchissimo di testimonianze di eccezionale interesse storico-artistico del periodo barocco. Insomma Lecce come fulcro di una comunità che vede nella cultura dei secoli XVII e XVIII l’espressione più alta della sua civiltà diffusa su tutto il territorio salentino.

Quanto la Soprintendenza può incidere sul ruolo di Lecce nella valorizzazione dei beni culturali?

Ritengo che sia molto importante che la soprintendenza per i beni archi­tettonici e paesaggistici, anche unita alla soprintendenza per i beni stori­ci, artistici e etnoantropologici, come previsto dal testo di riforma recente­mente approvato, permanga nella cit­tà di Lecce perché ciò ha determinato in passato una maggiore attenzione verso la cura e la salvaguardia dei monumenti e una velocizzazione dei sopralluoghi e delle valutazioni degli interventi di restauro oltre ad una dif­fusione della cultura della valorizza­zione mediante mostre e convegni ten­denti a informare sulle cause e i rimedi al degrado e a diffondere informazio­ni sulle più aggiornate politiche per la tutela dei centri storici. Una soprinten­denza accorpata con quella di Bari, e quindi unica per l’intera Puglia, non farebbe che aumentare la distanza tra cittadini, istituzioni e Ministero dei beni e delle attività e del turismo. Vo­glio sottolineare l’importante funzione svolta dal personale tecnico delle sedi di Lecce e Taranto in ragione della vera e propria consulenza prestata alle amministrazioni locali per la risolu­zione di problemi di restauro e allesti­mento di edifici e centri storici, come nel caso del giardino storico del Palaz­zo Ducale di Martano e di Cavallino.

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Quale ruolo avrà la Soprinten­denza in un prossimo futuro? Quali luci e quali ombre?

Se la sede della soprintendenza re­sterà a Lecce svolgendo anche i com­piti del settore storico-artistico, come previsto dalla riforma, certamente la possibilità di incidere sul territorio sarà più efficace a patto che il per­sonale sia incrementato con ulterio­ri figure tecniche: architetti,storici dell’arte, funzionari per le tecnologie, assistenti tecnici, fotografi, personale di custodia. Solo in tal modo, infatti, si potrà consentire una seria politica di tutela facendo fronte alla cronica carenza di personale specializzato. In particolare, anche se alla sede lecce­se, sono presenti numerosi funzionari di recente assunti, la mole di lavoro relativa soprattutto alla grande quan­tità di pratiche di tutela paesaggistica, vista la grande estensione delle aree vincolate, è tale da non consentire una velocizzazione dei procedimenti. Il successo della politica di tutela eser­citata dalla soprintendenza è pertanto connesso alla validità della riforma in corso e all’assunzione di nuovo perso­nale di tutti i profili necessari.

Lecce e il suo territorio: cosa fare per riannodare il filo della tradizione e della storia?

Lecce ed il Salento dopo aver avu­to, come nel resto del paese, periodi di degrado e di distruzione, stanno, negli ultimi anni, ritrovando e recuperando il rapporto con il passato e con le sue vestigia. Merito di una forte tradizione ma anche di una precisa identità che fa del patrimonio culturale uno dei capisaldi da conservare strenuamen­te. A tutto ciò si aggiunge il paesaggio salentino che, insieme al resto della regione, è sottoposto ad un piano pae­saggistico Pptr elaborato in copianifi­cazone con il Ministero dei beni, delle attività culturali e del turismo, una del­le prime e più interessanti esperienze attuate in Italia. Regione e ministero hanno pertanto il compito di agire e vigilare per la tutela di questo impor­tante bene alla cui conservazione è legato gran parte del futuro sviluppo socioculturale ed economico dell’inte­ro sito. Se gli enti preposti alla tutela sapranno collaborare con le comunità locali per l’attuazione degli obiettivi di piano i risultati saranno sicuramente proficui per la salvaguardia del ter­ritorio salentino e del suo equilibrato sviluppo economico-sociale.

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