Pubblicato in: Ven, Apr 4th, 2014

La Via Crucis del carrista Pippi Pennetta

Dall’8 settembre 1943 al 28 novembre 1944.  

La battaglia dura, crudele, spietata, per la sopravvivenza, durò alcuni giorni ma Pippi Pennetta ed i suoi compagni di reparto, riuscirono a debellare la resistenza dei tedeschi costringendoli alla resa. Non ebbero però il tempo di gustare il sapore della vittoria; giunsero altri reparti tedeschi che intima­rono la resa agli italiani. Questi non ebbero la possibilità di reagire perché nello stesso tempo il Gen. Campioni aveva inviato ai comandanti dei reparti un fonogramma con il quale ordinava l’immediata cessazione del fuoco e la consegna delle armi ai tedeschi. “Perché mai questo?” – si chiedeva il nostro caro Pippi – I vincitori diventavano vinti e viceversa, scaricò quindi la colpa sul Gen. Campioni accusandolo di essere “ di spiccati sentimenti fascisti” cosa non vera perché proprio questi il 22 maggio 1944 fu condan­nato dal tribunale di Parma alla pena capitale per aver aderito agli ordini di Badoglio.

DSC_65

In questo, in effetti i tedeschi erano più forti e meglio equipaggiati degli italiani , degli anglo-americani non si vedeva neppure l’ombra, continuare a combattere comporta­va inutile spargimento di sangue anche fra la popolazione civile di Rodi, tali motivi ave­vano indotto il Gen. Campioni ad ordinare alle truppe la resa incondizionata. Questa situazione portò gli italiani allo sbando, mol­ti ufficiali decisero di combattere a fianco dei tedeschi, pochi soldati li seguirono in questa scelta, quasi tutti, tra questi Giuseppe Pen­netta, furono considerati prigionieri e inviati nei campi di concentramento dove iniziò per loro una vera e propria Via Crucis. 

DSC_00

“Dopo tre giorni di combattimenti i tedeschi,ridotti a mal partito, presentarono la loro resa nelle mani del governato­re dell’isola Gen. Campioni che aveva assunto il comando della difesa dell’isola. La notizia aveva suscitato non poca gioia ma non taceva ancora il cannone, che  in al­cuni punti dell’isola si combatteva ancora. Vedemmo intanto i tedeschi presentarsi di­sarmati ed in gran parte feriti. Dopo poche ore rivedemmo ricomparire alcuni reparti tedeschi armati che intimarono la resa. Ci si agghiacciò il sangue nelle vene; cosa è successo? Un fonogramma avvisò che il comandante dell’isola aveva offerto la resa delle forze italiane ai reparti tedeschi e aveva dato l’ordine di cessare il fuoco. Perché mai questo? Da vincitori vinti? Pro­prio così, come apprendemmo poi, il Gen. Campioni, di spiccati sentimenti fascisti, avendo appreso alcune notizie dall’Italia riguardante la ripresa tedesca in Italia e la costituzione di un governo repubblicano fascista aveva affidato il comando dell’isola al comandante tedesco.

DSC_11

Così venivano resi vani gli sforzi dei combattenti e traditi igno­miniosamente i sacrifici. Con l’intimazione venne ben presto anche l’ordine ufficiale di consegnare tutte le armi ai tedeschi i quali con i loro fucili spianati esaminarono scru­polosamente ogni trincea, ogni ridotta, ogni ripostiglio, perché nessuna arma restasse nelle nostre mani. Disarmati in modo così inatteso, non potendo evadere dall’isola, rimanemmo legati ai nostri comandi da cui dipendevamo per il vettovagliamento. Due giorni dopo venne l’ordine di rientrare alla sede dei rispettivi reparti. Si vide allora l’isola percossa in lungo ed in largo da una grande moltitudine di soldati che stanchi, a piedi e col viso marcato dai segni evidenti della umiliazione e del dolore si muoveva­no randagi, bisognosi di tutto, che come automi si dirigevano presso gli antichi reparti ove forse in cuor loro non avreb­bero voluto rientrare. E gli alleati? Solo da essi vedevamo le numerose formazioni che andavano a bombardare l’Aeroporto di Marizza, ma di navi nessuna ombra.

DSC_40

Rientrato al mio reparto quale disastro vi trovai. Tutto era stato saccheggiato e molto distrutto, di quello che era la mia roba mi fu possibile rinvenire qua e là sparse alcune lettere e fotografie che mi affrettai a racco­gliere con le lacrime agli occhi. Piangevo su quelle rovine e con quelle sulle rovine di tutta l’Italia, come Mario pianse sulle rovine di Cartagine. Presso i reparti c’era assicurato un pò di rancio, che altrimenti non ci sarebbe stato possibile procurarci, ma ben presto incominciò la propaganda dei fascisti e di buona parte degli ufficiali per convincere i soldati a riprendere le armi nuovamente per costituire l’esercito repubblicano fascista e combattere ancora al fianco dei tedeschi.

DSC_06

Il comandante del mio reparto che, col suo discorso la sera dell’ 8 Settembre ci aveva tanto rimpro­verato ed espresso, un po’ malcelata, la fiducia nella ripresa del soldato tedesco e la continuazione della lotta contro gli alleati, fu tra i primi ad aderire e volle che tutto il reparto aderisse. Ma sperò invano perché solo alcuni ufficiali ed in tutto una quindici­na di soldati su oltre cinquanta si dimostra­rono pronti ad aderire, il resto fu contrario. Il comandante ci abbandonò ed il comando del reparto fu preso da un capitano che, se pur non aderì completamente, non volle ini­micarsi i tedeschi e tentò di ingaggiare tutto il btg. come lavoratori presso di loro senza però impegni. Infatti nei giorni precedenti si era verificato il fatto: visto che i tedeschi prelevavano ogni giorno un centinaio di uomini per portali a lavorare all’aeroporto di Marizza per l’appianamento della pista che ogni notte era sconvolta dagli aerei alleati, una mattina nessuno si fece trovare sul posto e i tedeschi, a mala pena, con le armi in pugno erano riusciti a scovarne una decina. Per questa ragione il capitano cercò di ingaggiare tutto il battaglione.

DSC_70

Quelli che si rifiutarono furono condotti nei campi di concentramento che intanto erano stati cre­ati nell’isola. Tutti accettammo questa nuo­va condizione ma, terminati alcuni lavori di trincea fummo nuovamente avviati a lavora­re nell’aeroporto. La cosa non piacque a me e ad alcuni miei amici cosicché decidemmo di abbandonare il lavoro ed andare piutto­sto al campo di concentramento. Un giorno in cui fummo sorpresi sul campo da una violenta incursione decidemmo di esporre la nostra risoluzione e, ritornati al reparto cominciammo a convincere altri su queste ragioni. Il Capitano, arrabbiatissimo per questo fatto, inviò una lettera al comando tedesco, imputandoci di essere gli elementi rivoluzionari e svolgenti un programma antinazista”.

Servizio a cura di Salvatore Tornese

Lascia un commento

XHTML: You can use these html tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

 

Gli articoli più letti