San Pio da Pietrelcina/Sacerdote santo, Vittima perfetta
Il quinto paragrafo della Lettera ai Sacerdoti del nostro Arcivescovo per la precedente Diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo.
L’EUCARESTIA, IL TUTTO DI PADRE PIO
“Nell’evento pasquale e nell’Eucaristia che lo attualizza nei secoli, c’è una ‘capienza’ davvero enorme, nella quale l’intera storia è contenuta, come destinataria della grazia della redenzione. Lo stupore deve accompagnare in modo speciale il ministero dell’Eucaristia. Infatti è lui, grazie alla facoltà datagli nel sacramento dell’ordinazione sacerdotale, a compiere la consacrazione”. La lode, la benedizione e la gratitudine devono accompagnare la nostra celebrazione. È troppo grande il dono, sono misere e sciatte a volte le nostre risposte. La gratitudine al Padre per il dono che ci è stato fatto non può non farci avvertire che il ministero che ci fa presiedere l’eucaristia è un ‘ministero di bellezza’. Scrive Benedetto XVI: “La liturgia ha un intrinseco legame con la bellezza: è veritas splendor”. Non siamo chiamati ad animare l’assemblea, ma a presiederla, a offrire all’assemblea la possibilità della comprensione e della celebrazione del mistero nel suo splendore e nella sua unica bellezza che ci viene data da contemplare.
Il ‘grato stupore’ per il mistero che ogni giorno celebriamo deve essere al cuore e al centro del nostro ministero. Nell’Eucaristia sappiamo che lo Spirito santifica la Chiesa, ma santifica anche il presbitero che la celebra. Di questa azione trasformante e santificante dello Spirito Padre Pio è frutto: “La messa era per lui la ‘fonte e il culmine’, il ‘perno e il centro’ di tutta la sua vita e di tutta la sua opera”. Siamo chiamati come presbiteri a scoprire e a vivere il mistero che celebriamo, che ci lascia nello spazio e nel tempo ma ci accosta al non-spazio e al non-tempo, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste. Dunque pienamente inseriti nella storia e nelle vicende del tempo ma capaci di condurre l’assemblea ‘in alto’. Come ministri che presiedono la celebrazione siamo chiamati a far cogliere all’assemblea convocata la puntuale fedeltà e presenza alla storia che deve saper leggere e interpretare i segni del passaggio sanante e santificante di Dio. Tutto questo rientra nell’ars celebrandi che facilita e rende intelligibile il mistero che celebriamo. Lo ‘stupore grato’, nel mentre rende presbiteri consapevoli e convinti della centralità della celebrazione nella nostra vita, dall’altra ci ricorda che se questa centralità non è reale, forte, incarnata, tutto il nostro ministero si impoverisce e ne esce svuotato. “Solo quando viene celebrata con autentica e rinnovata fede la liturgia trasforma la vita, celebra la vita e dà forma, plasma la vita stessa del presbitero”. (5. continua)
















