Sanità pugliese che funziona/Per i malati di fegato una speranza in più
Intervista esclusiva/Il Dottor Roberto Chiavaroli racconta il primo intervento di Tips eseguito nel Salento.
“Coordinando le professionalità del territorio si produrrebbe un notevole isparmio per la Asl e i pazienti”.
Dottor Chiavaroli, avete eseguito per la prima volta nel Salento questo intervento, ci può spiegare di cosa si tratta?
Si tratta di un intervento denominato con un acronimo Tips (propriamente Transjugular Intrahepatic Portosystemic Shunts, ovvero Derivazioni Porto-sistemiche Intraepatiche) ed è il più complesso nel campo della radiologia interventistica tuttavia non chirurgico che consente di mettere in comunicazione alcuni vasi del fegato tra di loro per evitare che si formi una pressione molto alta che determinerebbe, in seguito, delle complicanze come l’ascite, cioè il liquido in addome oppure la formazione di varici.
Cosa vuol dire intervento non chirurgico?
Vuol dire che si tratta di un intervento minimamente invasivo, che cioè non necessita del taglio chirurgico, ossia non si usa il bisturi. Questi vasi del fegato si raggiungono attraverso la giugulare, tramite l’introduzione di un catetere vascolare fin dentro il fegato. La guida che permette di realizzare questo speciale intervento è l’ecografia più la radiografia cioè l’angiografo, una sorta di lastra che permette di vedere fin dove giunge questo catetere. Una volta infilato nel fegato vi si lascia lì il catetere permanente che permette di ridurre la pressione all’interno dello stesso. L’intervento chirurgico vero e proprio che si effettuava precedentemente è stato abbandonato poiché comportava un’alta mortalità. L’importanza, risiede nel fatto di aver salva la vita in caso di cirrosi scompensate che hanno questa come unica possibilità. Per lo più prima le persone si recavano fuori Asl, in quanto Lecce, Brindisi e Taranto non erano in grado di fornire questa prestazione. Il posto più vicino era Bari, anche se molti sceglievano il Nord Italia.
Che cosa è intervenuto perché ciò si potesse realizzare anche nel Salento?
È proprio questa la cosa interessante poiché, in realtà, nulla è intervenuto se non una collaborazione spontanea fra colleghi. Lavoro in malattie infettive qui a Galatina ma mi occupo di patologia di tipo interventistico quindi tumori del fegato ed altre patologie simili, comunque, non chirurgiche e mettendomi in contatto con il dott. Raffaele Prudenzano che è un Radiologo Interventista del Fazzi ed insieme al Chirurgo dott. Cosimo Mastria di Scorrano, che ha messo a disposizione la sala operatoria si è potuto dar vita a tutto questo. Una collaborazione, quindi, nata dal basso per cercare di risolvere questo problema. Averlo fatto è significativo perché adesso anche qui nel Salento si potrà iniziare un discorso di questo tipo.
Dottore, ma è anche una questione di costi?
Di costi, in realtà no, nel senso che abbiamo già dimostrato di avere delle professionalità, si tratterebbe soltanto di coordinarle creando un’unità o una struttura dedicata, insomma, un percorso interno, un qualcosa che ci permetta di proseguire in maniera agevole.
Quanta altra gente si potrebbe salvare nel Salento affetta dalla stessa patologia della signora che avete operato lo scorso sabato?
Nel nostro reparto vengono seguite circa 300 cirrosi di cui attualmente una decina necessitano di quest’intervento. Però, seguiamo anche pazienti che lo hanno già effettuato in altre sedi. Nello specifico, questa donna di 43 anni non avendo la possibilità di spostarsi, con questo intervento, malgrado le fossero stati stimati in prognosi, sei mesi di vita, adesso, invece, potrà sperare di arrivare ad un trapianto di fegato che è l’unica vera terapia.
Quindi, l’intervento col catetere fisso non ha risolto del tutto i problemi della signora?
Purtroppo, la cirrosi, come il tumore al fegato è una malattia irreversibile, che non si cura, l’unica soluzione è il trapianto. Però, il fatto di organizzarsi con queste tecniche consentirà di poter arrivare al trapianto in quanto esse garantiscono una sopravvivenza più lunga. Ma l’intervento migliora la qualità della vita anche per quei pazienti che purtroppo non potranno giungere al trapianto. La vita si allunga davvero di molto grazie a questo intervento. Permette di svolgere una vita normale, e, non trattandosi di una vera operazione chirurgica, il paziente sta già bene e può tornare alla sua quotidianità. Ora la signora è in lista d’attesa per ricevere un fegato “nuovo”.
Concretamente, che cosa chiedete alla Regione, per poter eseguire in maniera ordinaria questo tipo di interventi?
L’ideale sarebbe creare una struttura ad hoc come esiste in altri centri d’Italia. A Galatina, dove lavoro, adesso abbiamo le sale operatorie bloccate: sono riservate all’emergenza a causa della carenza di personale creatasi col trasferimento del reparto di chirurgia in altra sede. Quindi, il solo fatto di non riconoscere questa come una specialità, ci mette in difficoltà anche semplicemente per reperire il luogo dove svolgere gli interventi. L’ideale sarebbe l’ospedale di Galatina, data la presenza di numerose patologie del fegato che afferiscono al nostro reparto.
Perché Galatina e non a Lecce?
Disponiamo, attualmente, di due reparti di malattie infettive uno è a Lecce e l’altro a Galatina. Le cirrosi in questo territorio rappresentano una vera e propria emergenza sanitaria. Magari per altre Regioni d’Italia la causa principale è l’alcool. Qui da noi, invece, è il virus dell’epatite: anche se contratto venti-trent’anni fa, la cirrosi si sviluppa oggi, in stretto collegamento con quelle vecchie infezioni. Allora, anche un’epatite curata comunque può generare una cirrosi? In realtà, le epatiti croniche in molti casi non vengono neanche diagnosticate perché non si manifestano clinicamente o con alterazioni degli esami per molti anni. Quindi, da quello che noi vediamo, spesso, i pazienti scoprono di avere l’epatite solo quando sviluppano la cirrosi o comunque una complicanza che sfocia nel tumore al fegato.
Quali consigli può dare ai nostri lettori circa la prevenzione delle malattie del fegato?
Basterebbe sottoporsi ad esami specifici almeno una volta all’anno. Sarebbe consigliabile in uno screening generale includere anche la funzionalità del fegato, quindi sostanzial¬mente il controllo dei valori delle transaminasi.
Quando opererete il ragazzo affetto da Aids?
L’intervento dovrebbe essere eseguito entro un mese per garantirne l’efficacia, quindi, speriamo di poterlo effettuarecome la volta scorsa. Se ci venisse incontro anche l’amministrazione sarebbe decisamente meglio.
















