Pubblicato in: Ven, Dic 5th, 2014

Suore d’Ivrea/Il primo apostolato è l’amore fraterno. Poi vengono i bambini

A colloquio con Suor Angela Pignatelli, Superiora della piccola comunità. 

“IN QUESTA CASA UN MIRACOLO DELLA NOSTRA FONDATRICE”

“Abbiamo trentacinque alunni di nazionalità straniera la cui integrazione avviene in modo spontaneo e naturale grazie al nostro spirito d’accoglienza”. 

Lecce, ore 9.00, corso Vittorio Emanuele II. Un nugolo di fanciulli dal candido grem­biule sfila parlottando e confabulando lungo la via deserta, scom­parendo immantinente dietro una porta dai vetri zigrinati. Seguendo la scia ci intrufo­liamo nei locali retrospicienti, le cui finestre si affacciano su un luminoso cortile interno. La Scuola Comunale dell’In­fanzia G. Saraceno ci ospita in attesa di un colloquio con la Superiora, suor Angela Pignatelli, la cui sollecitudi­ne non tarda a manifestarsi. Le rivolgiamo con spontanea confidenza le nostre curiose domande.

Superiora, qual è il vo­stro carisma?

Il carisma è un dono dello Spirito: non è facile farne una sintesi, anche perché secondo i tempi deve essere vissuto con lo spirito della fondatrice di una congregazione. Per le Suore della Carità dell’Im­macolata Concezione d’Ivrea è dono dell’intuizione della Beata suor Antonia Maria Verna, nata a Pasquaro, in Piemonte, il 12 giugno 1773 e morta a Rivarolo il 25 dicem­bre 1838. Il nostro carisma si ispira al mistero dell’Imma­colata Concezione, la cui gra­tuità dell’amore di Dio deve caratterizzare tutto il nostro operato, specialmente per le fasce più deboli della società, massime ai poveri “a gratis” ripeteva la nostra fondatrice.

Qual è stata la prima casa a Lecce?

L’Istituto Saraceno, aperto nel 1880, poichè la nostra pre­senza in questa città è stata vo­luta dal Comune, che a tutt’oggi ci ospita con una convenzione. E quest’opera è stata chiamata l’Asilo del municipio, perché ha avuto sempre attenzione per le fasce più deboli della società. Dopo si sono aggiunte altre presenze: l’Istituto Margherita, il Seminario, S. Matteo, l’Asilo Massa, Villa Verde, Casermet­te, Opis, Ipai, Villa S. Maria. Risale al 1964 l’Istituto Cuo­re Immacolato di Maria, che ha attualmente 16 suore, casa propria della congregazione. A Lecce non hanno sede suore straniere. Secondo il carisma delle Madre, sappiamo che l’e­ducazione non ha tempi presta­biliti, perciò bisogna credere, attendere, rispettare i ritmi di sviluppo dei bambini, promuo­vendo la crescita e la matura­zione della loro personalità.

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Chi frequenta questa struttura?

84 bambini, dei quali 35 di nazionalità straniera e la cui integrazione avviene in modo spontaneo e naturale. Noi cerchiamo di donare accoglienza, ma è più quello che riceviamo, che ciò che diamo. Infatti, ben­chè di nazionalità e religioni diverse: musulmane, buddiste, cristiane, queste persone sono portatrici di valori ineludibi­li, di cui è dotata la coscienza di ognuno. Proprio qui, in una stanza del piano superiore dell’Asilo Saraceno, nel 1949 la probanda, Rosa Toma, rice­vette la grazia di una guarigio­ne miracolosa tramite l’appari­zione e l’intervento prodigioso della Beata Antonia. Accanto al letto sono esposti, appunto, i tre ricordi della nostra spiri­tualità: c’è il Crocifisso, per­ché non sussiste vita cristiana né santità né sequela di Cristo senza croce, il Rosario per me­ditare i misteri di tutta la vita di Gesù, facendo riferimento all’Immacolata, l’Eucaristia per diventare pane spezzato, che si offre e consuma nel ser­vizio ai fratelli, nella semplicità ed umiltà.

Quanto è durato il percor­so per la fondazione?

La Madre ha subìto tante prove prima di giungere all’ap­provazione del suo Istituto. Ha lavorato quasi 30 anni. È stata una donna molto tribolata, che ha saputo cogliere i segni dei tempi, quando, dopo la Rivoluzione Francese, il Piemonte aveva subìto una trasforma­zione della vita religiosa, della morale. La sua prima intuizio­ne è stata di porre argine alla mancanza di valori che vedeva nel suo ambiente, per cui per primo apostolato si è dedicata all’educazione, ai poveri, agli ammalati anche a domicilio, pure ai “malati di lepra”, come erano chiamate allora le pato­logie contagiose.

Come è derivato il vostro nome?

La Beata Antonia per esso, rivelando il suo spiri­to profetico, ha lottato, con­trastata anche da sacerdoti, perché, quando ha fondato la congregazione, non era stato ancora approvato il dogma dell’Immacolata Concezione. Lei è morta nel 1838 ed il ri­conoscimento di tale verità di fede, si sa, risale al successivo 1854. Nel 1830 la comunità primigenia ricevette l’appro­vazione Regia, però il Padre Spirituale Marcantonio Du­rando non intuì l’originalità del carisma, identificandolo con quello della Congrega­zione Vincenziana e voleva accorparlo ad essa. Perciò la Madre nel 1835 si staccò da quanti volevano assorbire la sua Famiglia e ricominciò di nuovo l’opera, con uno scotto pesante da pagare: la perdi­ta di 5 comunità fondate su 7 totali. Il 27 novembre 1885 fi­nalmente ebbe l’approvazione dal vescovo d’ Ivrea mons. Lu­igi Paolo Maria Pochettini.

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