Pubblicato in: Gio, Set 25th, 2014

Verso la tecnologia che si indossa/Domande

Si affacciano sul mercato apparecchi che permettono l’accesso al web di nuova generazione. Da una parte ci accorgiamo che ormai le varie piattaforme sul web 2.0 hanno esteso la loro utenza, che non riguarda solo giovani e adolescenti, ma coinvolge adulti e anziani: alcune ricerche dicono, ad esempio, che il 10,3% degli ultracinquantenni ha un profilo Facebook in Italia, 5 anni fa erano sotto il 3%. Condividere e connettersi, non è solo rilanciare emozioni o tenere contatti, acquista ulteriori significati nell’età matura: ritornare a periodi passati, ricercare amici perduti, ricordare con nostalgia esperienze vissute. Dall’altra parte si lancia sul merca­to una nuova forma di prodotti che supera i recenti “smartphone”, i telefoni mobili: si tratta della “wearable technology”, tecnologia che si indossa. Le nostre connessioni posso­no, e potranno, avvenire anche con orologi, che – attaccati al nostro corpo – ci informano (e informeranno) in tempo reale sui ritmi dei battiti del nostro cuore. E poi ci sono (ci saranno), occhiali che collegano al web: così mentre osserviamo un paesaggio, saremo informati sulle città che intravediamo, sulla storia delle colline che abbiamo di fronte, sulla friabilità delle rocce disseminate lungo i sentieri.

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In alcuni casi sarà come entrare in un mondo nuovo: basta pensare alle informazio­ni di cui potrebbe disporre un medico per for­mulare la diagnosi a un paziente. Però questi strumenti diventano “estensioni” del nostro corpo e incideranno sulla modalità con cui ci rappresentiamo. Ma quali effetti subiranno la nostra creatività, la nostra immaginazione, la nostra fantasia, se si distrae l’attenzione dalla dimensione estetica e dallo stupore per il nuovo, per concentrarla sul già conosciuto? In secondo luogo indossare un “device” ci introduce a una connessione continua, che renderà difficile segnare i confini delle idee. Come formeremo il nostro pen­siero se saremo sempre in un flusso di contenuti, di informazioni, di eventi, di esperienze? E come distingueremo la nostra identità dalle altre se non preserve­remo degli spazi al silenzio? Certamente, per controllare la tecnologia diventa sempre più urgente riscoprire la categoria della sobrietà, perché sia possibile evitare gli eccessi, per poter controllare gli strumenti senza esserne dominati. La sobrietà infatti richiede l’equili­brio tra chiasso e silenzio e la consapevolezza dei propri limiti.

Andrea Casavecchia

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