A difesa del Latino… L’eredità di una lingua che ha scritto la nostra Storia
La civilizzazione dell’Occidente, cioè dell’Europa e di tutte le terre di analogo afflato, predisposizione e potenzialità, ha avuto l’impulso più potente e determinante con l’inizio dell’era Romana. La lingua latina è cultura, ma più ancora civiltà in quanto è ed è stata collante e portatrice di idee, forme di vita, valori e concezioni giuridiche, sociali, morali. Escluderne lo studio e la conoscenza equivale a rinunciare alla comprensione diretta di ciò che essa contiene e ci trasmette tuttora. Averlo limitato o abolito in alcune scuole italiane ha causato gravi danni al nostro patrimonio culturale, privato così delle nozioni di base per accedere alla conoscenza e alla fruizione di molta parte dello scibile umano, la cui matrice è individuabile nei singoli vocaboli, nei costrutti logici e sintattici, negli etimi e nelle parole composte. Non ne capisco lo scopo se non nelle ragioni chiaramente populistiche. Che errore! Non è bastata, a evitarlo, l’acquisizione del principio filosofico che riconosce e afferma la naturalità temporale dell’evolversi delle lingue nel tempo in corrispondenza con l’evolversi dello spirito umano. Tale principio o assioma ci dovrebbe far capire che oggi parliamo ancora “quel” latino modificatosi spontaneamente nelle parlate attuali per l’influenza di varie esperienze culturali, pratiche, tecniche e scientifiche. Dunque e a maggior ragione, è necessario lo studio del Latino classico. Abbiamo a nostra disposizione un patrimonio scritto salvato dalla Chiesa e dagli amanuensi medievali a cui attingere, a testimonianza di come, a qualsiasi latitudine, gli uomini pensino e parlino secondo strutture ed esigenze mentali, comuni a tutti, di ordine e ragione, strutture limpidissime nella lingua latina e che educano il nostro intelletto alla disciplina e alla misura.
Cioè assecondano le nostre necessità espressive in ordine al bisogno di capire e farsi capire nell’atto di trasmettere il nostro pensiero ed esperienze. Il modello esemplare ci è offerto dai “documenti” (da “docco”, ovviamente) dell’età aurea o augustea, quella del Latino classico, lo studio o l’uso del quale non è nostalgica concessione a un gusto letterario datato, ma il tramite per conservarne intatta la “lectio magistralis” e l’influenza sulle lingue neolatine. Nei Licei italiani spesso si indicono le cosiddette “Olimpiadi” in Latino. Ottime iniziative, ma insufficienti allo scopo che le ha volute e promosse. Per fortuna in Italia e in Europa, ad esempio in Belgio e in Germania, operano centri di studi con incontri, simposi, dibattiti, nel Latino classico preminentemente, da parte di studiosi e autori contemporanei impegnati a tener viva e operante l’eredità della lingua e degli scritti in Latino. Compito arduo e spesso sconosciuto a molti. So che agli occhi e secondo le opinioni del “volgo” il loro lavoro viene giudicato come “otium” narcisistico, ma non mi stancherò di ribadire che esso è fatica nobilissima e soprattutto perché la mente umana si conservi autonoma, allenata e capace di produrre cultura nel pensiero e nelle opere, come sinonimo e garanzia di civiltà.
Laura d’Arpe