LA CHIESA DI LECCE IN FESTA NELLA CASA DELLA COMUNIONE
Nell’Anniversario della Dedicazione della Chiesa Cattedrale il 6 Novembre scorso…
LA LETTERA PASTORALE: UNA CHIESA CAPACE DI ‘SPORCARSI LE MANI’
Dopo avere letto la lettera dell’Arcivescovo, eco per la nostra chiesa diocesana, della bolla di indizione dell’anno Santo della misericordia: “Misericordiae vultus” di Papa Francesco, non si può non dire grazie al Signore per aver messo nel cuore del Papa, capace di leggere la Chiesa e il mondo con la semplicità imbarazzante dei piccoli del Vangelo, il bisogno di rivisitare il cuore del cristianesimo e di ogni cristiano; riandare all’acqua della sorgente che è il cuore di Cristo Crocifisso, dissetarsi e offrirla a chi è vicino, perché condivide la fede e a chi, non è riuscito fino ad ora a comprendere il segreto della gioia e della felicità, che è in quel cuore, in quegli occhi, in quelle mani, in quei piedi che contempliamo nel buon Pastore, nel buon Samaritano, nel Cristo crocifisso; in quel pezzo di pane, segno di un dono di vita per tutti, nonostante peccati, miserie, fragilità, incapacità di vedere Dio che passa e bussa. L’Arcivescovo scrive che la misericordia: “è lo spazio fatto in sé alla vita dell’altro, spazio di comunione profonda di con-sentire, di com-patire, con-gioire… La misericordia è la più radicale protesta contro l’indifferenza, l’egoismo, l’esclusione, il rifiuto dell’altro” (n.8). Per questo la misericordia ha un cuore e un volto: Gesù Cristo.
Il Papa, citato dal Vescovo, afferma: “La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole” (Mv,10). La misericordia è il volto bello della Chiesa e di ogni suo figlio, perché emana la luce di Cristo “il più bello tra i figli dell’uomo”. Lì dove c’è la bruttura del disordine interiore, della chiusura in sè, dell’egoismo, del peccato, c’è tristezza, buio e quel mondo creato da Dio bello, si trasforma in selvaggio, dove le relazioni cedono il passo all’ingiustizia, all’indifferenza, all’odio, alla distruzione della persona e l’uomo, creato per la comunione e la bellezza, smarrisce la sua vocazione diventando facitore di ingiustizie, di legalismo, di brutture. Gesù, il più bello tra i figli dell’uomo, è venuto e viene per ridare splendore a ciò che uscito dal cuore di Dio; per ridare all’uomo la sua vera immagine. Il Dio nel quale il cristiano crede è stato presentato da Cristo come Dio simpatico nel senso vero del termine, cioè con-sofferente, con buona pace di Nietzsche che scriveva, come cita l’Arcivescovo nella sua lettera: “nulla è più malsano, in mezzo alla nostra malsana umanità, della compassione cristiana” (n 7). L’osservanza della legge non è sufficiente per essere nella luce: è necessario un atto di misericordia di Dio che Gesù continua a operare nella storia degli uomini: è venuto per questo! Finché non si accoglie Cristo in questa sua originalità, non si conoscerà mai Dio se non per concetti e molto da lontano.
Il cristiano è portatore di questa originalità perché è un perdonato nel profondo, e sente conseguenzialmente con onore e impegno l’appartenenza alla comunità dei discepoli; annuncia ciò che il Signore ha fatto perché anche altri gustino la gioia del perdono e partecipino alla festa continua della misericordia di Dio che è l’Eucaristia: banchetto non dei bravi, ma dei convertiti; non di coloro che non peccano, ma dei perdonati; non dei perfetti, ma di coloro che hanno vissuto la miseria e si sono incontrati con la Misericordia che chiama, vede, cerca, cura, porta su di sé le nostre mancanze e invita alla mensa della fraternità, della gioia ritrovata: “c’è più gioia per un solo peccatore perdonato”. La grandezza del cuore di Cristo vince la durezza dell’autosufficienza portando al desiderio di vita nuova, alla sequela e all’annuncio. L’Arcivescovo ci invita ad allenarci alla misericordia che: “non è una semplice parola consolatoria di fronte a situazioni per le quali non siamo in grado di trovare le risposte attese o dovute. Siamo chiamati come Chiesa come singoli, a fare della misericordia… La scelta coraggiosa della Chiesa, ministra della misericordia del Padre” (n 8). Così la comunità dei discepoli di Cristo diventa la lode continua di peccatori convertiti, accolti che accolgono, perdonati che perdonano. Se non c’è il perdono incondizionato, ma la legge, non c’è la Chiesa del Signore; se canone di vita è il giudizio e la separazione tra “bravi” e meno bravi; tra buoni e meno buoni, la Sposa bella del Signore non abita lì. La chiesa è tale quando è capace di “sporcarsi le mani”, di ferirsi condividendo la miseria; quando si coinvolge, accompagna prendendo l’iniziativa senza paura precedendo nell’amore, come ha fatto il suo Signore. Solo così possiamo sederci alla tavola della Parola e del Pane eucaristico: banchetto della misericordia, senza scandalizzarci di chi ci sta accanto, senza meriti, ma solo perché amati e perdonati nel profondo. Allora la vita diventa misericordiosa e la misericordia diventa il linguaggio di un dialogo fra i cuori.
Pierino Liquori