Pet Tac e Cancro alla Prostata… La colina traccia le recidive
Il Dott. Angelo Mita alle prese con il bilancio del primo anno e mezzo di attività dello strumento operativo nell’Oncologico.
“La colina è un metabolita delle membrane cellulari che ha ottenuto una grossa performance nella diagnostica dei carcinoma della prostata, nel suo monitoraggio, nella valutazione di probabili metastasi a distanza”.
È stata collocata, e ha iniziato a funzionare dal 9 aprile del 2014, la Pet Tac nel padiglione oncologico “Giovanni Paolo II”, al Vito Fazzi di Lecce, nell’unità di Medicina Nucleare diretta dal dottor Angelo Mita. “Non si può che esprimere soddisfazione – ha scritto in una nota il parlamentare salentino Salvatore Capone – per l’ottimo risultato raggiunto verso quell’implementazione dei servizi e della qualità, che sempre più dovrà essere il vero obiettivo della Sanità nella nostra Regione. Servizi e qualità in un’ottica di reti territoriali e di Poli integrati, per consentire alla Puglia quel salto di qualità necessario anche a ridurre drasticamente viaggi della speranza e sanità passiva, soprattutto in questa nuova fase, con l’uscita della Regione Puglia dal Piano di rientro”.
Si tratta, in effetti, di un esame di fondamentale importanza che trova impiego in diverse branche della medicina, ma, soprattutto, in quella oncologica. La Pet Tac è una macchina ibrida che abbina informazioni di tipo metabolico, fornite dalla metodica Pet, e quindi, da quella medico-nucleare, ad immagini morfologiche acquisite con la metodica Tac, radiologica. Dalla raccolta delle informazioni metaboliche e funzionali si ha un’esatta localizzazione delle lesioni eventualmente interessate dalla malattia. Uno dei traccianti che può essere utilizzato per la diagnostica è la tecnica del fluoro 18, ma ce ne sono diversi. Questi traccianti valutano la presenza di lesioni secondarie o l’attività metabolica di lesioni individuate o sospette di tipo neoplastico. Proprio al dottor Angelo Mita abbiamo rivolto alcune domande.
Dottore, quando è necessario sottoporsi alla Pet Tac?
È un’indagine di secondo livello: ci sono linee guida ormai acclarate che indicano il periodo o l’opportunità di eseguirla a secondo dell’iter clinico del paziente. Nel caso, cioè, della stadiazione di una neoplasia, quindi del sospetto della presenza di una patologia di tipo neoplastico, nel momento in cui occorre fare il punto della situazione e vagliare la presenza di eventuali metastasi a distanza oltre alla sede principale di localizzazione come pure per una valutazione a distanza a seguito di trattamenti chemioterapici o radioterapici per scandagliare l’efficacia e l’efficienza del trattamento in essere a seconda dei vari stadi della patologia oppure per valutare la differenza tra un eventuale problema di tipo infiammatorio post radioterapico e una ripresa di malattia.
Come occorre prepararsi all’esame?
Non c’è nessuna preparazione: l’esame in sé è traumatico, perché consta della somministrazione in via endovenosa del tracciante. L’unica precauzione è il digiuno da sei ore e l’astenzione da eventuali farmaci che ci possano essere interferenze nelle nostre indagini.
Qual è la procedura di esecuzione della Pet Tac?
Consiste nella somministrazione del farmaco al paziente, nell’attesa di un adeguato periodo, perché il radiofarmaco si distribuisca nell’organismo e nella rilevazione dell’attività con la Pet Tac appunto. Dal momento della somministrazione del farmaco all’uscita del paziente dalla macchina la durata è al massimo di circa tre quarti d’ora – un’ora, a seconda delle problematiche che insorgono in sede di acquisizione di esame.
Cosa è necessario fare dopo l’esame? Ci sono precauzioni?
No, tecnicamente parliamo di sostanze radioattive: la precauzione, quindi, generalmente raccomandata è di stare no da bambini e donne incinte. Però, il tempo di dimezzamento del farmaco che utilizziamo è di un’ora. Dopo un’ora dalla somministrazione si ha la metà della dose nel paziente, dopo due ore la metà della metà. Perciò, dato che la Pet Tac non è una macchina altamente performante, ha una capacità di riconoscimento della radioattività molto elevata e ci consente di utilizzare radioattività ridotte nel paziente, che, se vogliamo essere pignoli, dopo sei ore non ne ha più residui.
Ci sono controindicazioni?
Solo la gravidanza, perché si creano danni al feto.
Da dove proviene l’utenza della Pet Tac?
Un po’ da tutta la provincia e anche dalle limitrofe, perché siamo dotati di un’ottima macchina estremamente performante e riusciamo a fare l’esame in brevi periodi di tempo. Così, non abbiamo lista d’attesa molto elevata.
Quali tipo di tumori necessitano della Pet Tac?
La tipologia è la più vasta possibile. Ci atteniamo a linee guida ormai universalmente accettate, che anche noi abbiamo validato. Abbiamo dei gruppi di studio interdisciplinari, cui abbiamo validato le dette linee per l’esatta applicazione della metodica nei vari tipi di oncologia. Trattasi di carcinoma della mammella, del polmone, del melanoma, dei linfomi, dei carcinomi del pancreas, del tratto gastrenterico, dei sarcomi e tumori della prostata, in cui ultimamente abbiamo introdotto un nuovo tracciante.
Qual è?
La colina. Da circa venti giorni eseguiamo esami anche col glucosio, che è un tracciante del metabolismo delle cellule tumorali. Però, per un’elevata captazione delle cellule neoplastiche, utilizziamo un altro tracciante che è sempre marcato col fluoro: la colina. È un metabolita delle membrane cellulari che ha ottenuto una grossa performance nella diagnostica dei carcinoma della prostata, nel suo monitoraggio, nella valutazione di eventuali recidive o di probabili metastasi a distanza, soprattutto nelle ossa, in quanto nelle cellule prostatiche è stara rilevata un’iperattività dell’enzima colina chinasi, che così giustifica l’utilizzo di questo tracciante in tale tipo di patologia.
E per il futuro?
La PetTac è una metodica, che sarà il futuro della medicina nucleare. Specialmente nei nuovi traccianti di tipo molecolare che si stanno studiando. L’utilizzo del fluoro glucosio da una parte e fluoro colina dall’altra è solo una delle tipologie di traccianti che si possono usare nella Pet Tac. Ci stiamo attrezzando per l’uso, ad esempio, del gaglio 68 nella ricerca dei tumori di tipo neuro-endocrino. Ci stiamo attivando nell’utilizzo di una serie di altri traccianti di tipo molecolare che consentono di visualizzare e di individuare con una certa specificità l’evoluzione della patologia, l’accrescimento cellulare nell’ambito neoplastico.
Sono le nuove frontiere.
Sì, per quanto riguarda lo sviluppo di queste metodiche siamo agli albori, perché il tracciante maggiormente utilizzato in Italia è il fluoro desossi glucosio, ma ce n’è una vasta gamma, di cui si può fruire in ambito nucleare, specie con la metodica Pet Tac e che rappresenta un’innovazione. Ormai, siamo orientati verso la ricerca molecolare. Non andiamo alla scoperta della cellula, ma della singola molecola che può essere interessata nel processo neoplastico.