Privacy/Educare alla ‘privatezza’
La parola ‘discrezione’ deriva da ‘discernere’…
Educare alla ‘privatezza’ e alla cura attenta del proprio vissuto
C’è un proverbio sbarazzino per il suo contenuto: “Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io”. Questa forma di pessimismo provocatorio ha, comunque, una parte di consistenza perché credo che a moltissimi, se non a tutti, è capitato di trovarsi, un giorno o l’altro, deluso dal comportamento di qualche amico per il quale sentiva una piena fiducia. Questo ci sconvolge interiormente molto di più di un torto subito, di un danno materiale, di pettegolezzi operati da persone che, comunque, sapevamo non avere molta simpatia per noi. Ma la vita è questa e bisogna essere pronti a qualsiasi evento, pure a quelli neanche immaginati. L’importante è non cadere nella rete e non rilanciare con un giudizio o un atto dispettoso di rivalsa. Curiamo gli amici con i quali abbiamo comunione di intenti, di interessi, di modalità di comportamento. E saremo tranquilli. Ma il tema proposto è ancora più personale: non solo non dobbiamo lasciarci condizionare da soggetti esterni, ma dobbiamo educarci ed educare alla privatezza, che non vuol dire isolamento, ma cura del proprio vissuto e rispetto dei propri dubbi e dolori, delle gioie ma anche delle proprie scelte umane e culturali. Questo non vuol dire solipsismo e chiusura all’altro, ma rispetto di se stessi e degli altri che nascono come amici e non come spugne di notizie che potrebbero essere fraintese e poi pubblicizzate. Non stiamo parlando di pettegolezzi o di altro, ma di un normale, ovvio passaggio di notizie e valutazioni tra soggetti, all’insaputa del protagonista o dei protagonisti degli eventi richiamati.
Quella che chiamiamo discrezione non consiste nel tenere nascosti i fatti della nostra vita, ma di gestirli con accortezza e saggezza. Il che vuol dire che la nostra misura serve di fatto a non mettere in giro eventi, pensieri, paure che vanno gestiti nel nostro privato. Resta sottinteso che ci sono persone e ruoli che non vanno tenuti all’oscuro di ciò che ci capita, di ciò che avvertiamo, anche di ciò che temiamo per noi e per gli altri. Tale comportamento non è immediato e spontaneo e, anche per questo, richiamiamo nel titolo il concetto di una formazione, di una educazione alla riservatezza. Fino a non molto tempo fa era presente, nella cultura popolare della nostra terra, una immagine particolare: quella della comare che era la portavoce di tutto ciò che avveniva nel rione, con un esito disastroso perché, passando da persona a persona, da racconto a racconto, la realtà veniva deformata sulla base non solo dei fraintendimenti che nascevano in questo passa-parola popolare, ma anche da antipatie o simpatie di cui i protagonisti, magari a loro insaputa, godevano nel proprio spazio vitale. Ma che vuol dire discrezione? L’origine del termine discrezione deriva dalla radice “discernere” che vuol dire “vedere distintamente”, e ciò comporta anzitutto un rapporto diretto con la persona o con l’evento e non il “sentito dire” o la notizia di seconda o terza mano. Il modo “discreto” di agire darà di noi stessi una immagine pulita, basata sulla serietà e l’affidabilità. E di questi tempi non è poco.
Giovanni Invitto