Le Donazioni Sociali dell’Archivio di Stato di Lecce
Opere di Misericordia/Le testimonianze della concreta opera di carità verso il prossimo in Terra d’Otranto.
L’opera delle Sette opere di misericordia corporale (1607) del Caravaggio, conservata nel Museo napoletano del Pio Monte della Misericordia, è riconosciuta da più parti come un dipinto che, da un lato, con la silenziosa e fervida animazione delle figure segna in modo inequivocabile l’affermazione del “luminismo concitato e febbrile” del Seicento napoletano e, dall’altro, rappresenta un’opera che, in ambito controriformista, solleva “un problema in senso morale più che sociale” (Argan). Tra le sporadiche testimonianze pittoriche presenti nel Salento che trattano il medesimo tema è degna di considerazione la decorazione parietale della chiesetta di S. Anna a Specchia Gallone, nel comune di Minervino, riconosciuta come una delle testimonianze degli antefatti della pittura barocca salentina (D’Elia). Le Sette opere di misericordia sono riprodotte in singoli riquadri, ognuno dei quali ha il suo corrispondente contrario. La decorazione è interessante perché inserita in un contesto narrativo che ha la sua chiave di lettura nel Giudizio Universale che arreda l’intera controfacciata dell’edificio sacro, a significare che ogni essere vivente sarà giudicato nel Dies irae su come, nell’esistenza, ha messo in pratica gli insegnamenti evangelici. Ben si adatta, pertanto, in ambito post-tridentino, in cui l’immagine diventa pensiero e stimola all’azione. Il prototipo della Carità, o meglio della condivisione, rimane nell’immaginario collettivo S. Martino (315 ca.-397), vescovo di Tours, rappresentato talvolta in abiti episcopali, ma generalmente raffigurato a cavallo, nell’atto di dividere il suo mantello con la spada e di donarlo ad un povero, incontrato casualmente sulla sua strada. Diverse sono le testimonianze iconografiche salentine del patrono dei mendicanti.
In Terra d’Otranto, tuttavia, esistono altre testimonianze della concreta opera di carità verso il prossimo. Per le donazioni in funzione sociale rimane utile il fondo del Consiglio Generale degli Ospizi – Legati Pii dell’Archivio di Stato di Lecce. Ricordiamo a proposito almeno l’Opera dei Poveri infermi, sorta a Lecce nel 1582 per volontà e zelo del can. Nicola De Giorgi e finalizzata alla cura domiciliare degli infermi poveri. Inoltre, esistono nell’Archivio di Stato di Lecce diverse donazioni per i bisognosi, come per esempio, quella dei coniugi Lazzaro Chetrì ed Angela Candido di Lecce, che il 27 luglio 1800 sottoscrivono una donazione in favore dell’esposta Marianna perché non aveva la possibilità di maritarsi. È, del resto, noto che tra la metà del secolo XVII e la metà del sec. XVIII in Terra d’Otranto era attivo un commercio di schiave turche, per lo più bianche, e che le “piazze” riconosciute erano Lecce e Gallipoli. Don Oronzo Gravili, arcidiacono della cattedrale di Lecce, per esempio, nella Dispositio causa mortis del 4 aprile 1701 “liberamente affranca, esime, libera, et in pristina libertà pone, more romano” le sue schiave Maria e Saveria. Una pratica assai diffusa, peraltro rintracciabile in diverse epoche, è quella delle donazioni pro animae redemptione. Dalla storiografia tradizionale è stato tramandato che Giovanni d’Aymo nel 1388, per la salvezza della sua anima, fonda a Lecce il convento di S. Giovanni Battista, sulla destra entrando per Porta Rudiae. Con questo atto intendeva espiare la colpa di un delitto commesso ai danni di un “pellegrino fiamengo”, che gli aveva rivelato l’esistenza di un tesoro “nascosto (…) in un vaso di terra pieno di gioje, oro et argento in verghe e monete”. Per impossessarsi dell’intero tesoro pare che lo avesse ucciso e che, in un secondo momento, si fosse pentito. Lo stesso d’Aymo, con testamento redatto il 13 novembre 1394, fonda lo Spedale pei poveri infermi (successivamente intitolato allo Spirito Santo), la cui direzione fu affidata ai Padri Domenicani. Gli esempi potrebbero continuare, ma forse l’evento dell’imminente Giubileo potrebbe essere anche un’occasione per riflettere sul valore delle opere di misericordia nel Salento ieri ed oggi, non trascurando ricerche che garantirebbero esiti imprevedibili in un campo non molto esplorato soprattutto a livello iconografico.
Paolo Agostino Vetrugno