Xylella/“Un processo silente che solo la Ricerca può sconfiggere”
A colloquio con Donato Taurino (Confagricoltura Puglia): In allerta giorno per giorno.
Nonostante siano trascorsi un po’ di mesi dallo sconvolgimento che nell’“universo agricolo” è stato provocato da “Xylella Fastidiosa” e ci sia stata assuefazione, quando non rassegnazione, al “piano Silletti”, l’esperienza degli olivicoltori più affinati decreta senza dubbio che per i prossimi tre o quattro anni dovremo assistere impotenti alla consumazione dei nostri olivi secolari.
Ci offre alcuni spunti di riflessione Donato Taurino, di Squinzano, 50 anni, agronomo, titolare dell’azienda omonima, fondata dai genitori nel 1985. Donato Taurino è inoltre vicepresidente di Confagricoltura Puglia.
Dottor Taurino, la sua azienda si colloca tra le più accreditate della Puglia. Come ha resistito all’“assalto Xylella”?
Non so se sia tra le più accreditate, non controllo le statistiche…so per certo, però, che ogni ora della mia giornata è per il lavoro, trasformato in passione e condiviso con i miei familiari, poiché è l’unica maniera per non sottrarmi a loro. A mio parere, quando il lavoro ha superato la dimensione del sacrificio e diventa vita quotidiana, è allora che si ottengono i risultati migliori. In particolare, ad un olivicoltore è necessaria una sensibilità straordinaria, dovendo instaurare un rapporto “umano” con le piante, le quali rispondono agli stimoli del conduttore, dimostrando gratitudine, soprattutto per il fatto di essere messe in stato vegetativo ottimale. Forse è proprio questo aspetto, oltre alla quasi neutralità del territorio di Squinzano, che ha aiutato l’azienda a bypassare, ad oggi, l’assalto del batterio. Devo dire, però, che vivo l’allerta giorno per giorno, in quanto l’infezione è un processo silente, non la si constata attraverso un esame esteriore, sicché occorre una continua operazione di monitoraggio su ogni singola pianta, per avere almeno la certezza di un margine di contenimento del processo infettivo. Purtroppo, la ricerca attualmente non ha soluzioni per debellare, ma solo per arginare, nei casi più fortunati.
Quali sono stati gli interventi immediati, per evitare di compromettere la produzione?
Una volta presa consapevolezza della presenza dilagante del batterio e dell’impossibilità di neutralizzarlo mediante processi chimici, fitofarmaci o trattamenti specifici, l’unica azione immediata si rivelava quella di mantenere assolutamente la pianta in vigore, nel suo rigoglio consueto, al fine di renderla resistente ad ogni attacco, proprio come per l’organismo umano. Si è proceduto all’aratura e alla potatura in modo tempestivo, appezzamento per appezzamento. Non esistendo un sistema di lotta, occorreva lavorare sulla prevenzione ed attivarsi su questo fronte, come tuttora da parte nostra si procede. Le prove effettuate dagli enti di ricerca dimostrano come alcune varietà riescano a convivere con il batterio o a contenerne l’attività, grazie alla resistenza che il rigoglio permette di conservare. L’azienda non ha programmato interventi particolari, ha semplicemente, da subito, accelerato il regolare stile di conduzione. Con ciò non si può affatto pensare di aver scongiurato la desertificazione tra qualche anno, riceviamo, infatti, continuamente comunicati che attestano la presenza dell’infezione anche in territorio barese. Se si considera che il focolaio è partito originariamente da Gallipoli, in verità si deve concludere che l’attenzione prestata inizialmente è stata scarsa, quindi il rallentamento nel reagire è stato fatale e ha impedito le normali tecniche di prevenzione di una malattia da quarantena, come viene definita, determinando, così, il contagio e la non circoscrizione entro i confini originari.
Ci può descrivere singolarmente le varie fasi produttive e, in particolare, quelle dove il batterio ha causato difficoltà?
Anzitutto, tengo a precisare che, per fortuna o per le cure necessarie tributate con coscienza alle singole piante, non ci siamo ritrovati con alberi da tagliare. Di conseguenza, i danni subìti non si sono riscontrati su campo o nella produzione diretta, ma noi produttori siamo stati posti in una situazione incresciosa a causa della “cattiva” informazione: addirittura sono passate notizie inverosimili del tipo “olio infetto da Xylella”! Non esiste, perché, se è presente il batterio nella pianta, questa muore senza dare frutto. Intanto c’è olio, in quanto proviene da pianta sana: è un assioma, direi, tra i più scontati. Invece, dalla mia postazione, sono giunte, a getto continuo, perplessità e domande da parte dei consumatori, inibiti all’acquisto del prodotto.
Quali sono le caratteristiche essenziali che definiscono un olio “di qualità”?
La prima caratteristica, davvero essenziale, che andrà a certificare la qualità dell’olio, è il frutto, l’oliva, e la morfologia che presenta quando perviene in frantoio: solo un frutto assolutamente sano garantisce un olio “di qualità”. L’oliva deve essere integra, immune da attacchi parassitari e raccolta dalla pianta al momento opportuno, secondo i tempi vegetativi corretti. Noi procediamo alla molitura, ossia all’estrazione dell’olio, in periodi pressoché immediati, nell’arco di due o tre ore. Il prodotto extravergine deve rispettare una serie di parametri chimici, tra cui il giusto grado di acidità, rilevati con precisione in laboratorio, ma da noi esaminati in maniera empirica in frantoio e supportati da certificazione prima della vendita. Un’altra peculiarità dell’olio extravergine è la presenza di “fruttato”, con intensità variabile, che affidiamo al nostro “team” di degustatori.
A cura di Angela De Venere