Pubblicato in: Gio, Dic 13th, 2012

Inaugurata la Casa della Carità/Il Card. Bertone: la vostra solidarietà luce e forza per questa Città

Un pane, un tetto/Mons. D’ambrosio: per i poveri l’avventura d’amore della nostra Chiesa. 

Qualità della vita…

L’ALBERO DEL BENE CONTINUA A DARE FRUTTI                                

Anche quest’anno l’inverno si prepara a portare con sé il gelo della crisi. Gli ultimi dati statistici sono chiari: cresce dal 43,7% al 55,8% la percentuale di famiglie italiane che percepisce un peggioramento della qualità della vita, mentre s’indebo­lisce la soddisfazione per la situazione economica perso­nale. C’è però l’altra faccia della medaglia, fatta di amore, solidarietà, volontariato. C’è chi si mette una mano sul cuore e contribuisce a risollevare il prossimo da terra, a scrollargli di dosso polvere e fango, a dargli la forza di ricominciare. L’ultimo frutto di questo albero del bene èla Casadella Carità, che con i suoi spazi e i suoi servizi si appresta ad offrire aiuto e accoglienza temporanea a 30 persone bisognose.

È una crisi del portafogli quella che ha ridotto i risparmi dei cittadini fino all’osso. Spesso, dei soldi, non rimane nemmeno l’ombra. È una crisi dello spiri­to, quella che per fame e per di­sperazione porta tanta gente ad infrangere le loro stesse regole morali, oltre che ogni residuo di dignità, rubacchiando cibo nei supermercati, lasciandosi rapire da giri illegali, rovistan­do tra le montagne di immon­dizia alla ricerca di uno scarto, di quello che il mondo del lusso ha gettato come un surplus ma che al loro occhio è linfa vitale. C’è una recessione del cuore, quando un giovane solo e senza lavoro deve arrangiarsi per vi­vere la sua giornata senza poter costruire un futuro, una fami­glia, una ragione di vita che vada oltre la mera sussistenza; quando un anziano vorrebbe donare il mondo a figli e nipoti, per cui si è sempre sacrifica­to, ma con poche centinaia di euro al mese e tanti medicinali da pagare non può offrir loro null’altro che la propria stentata presenza; quando un immigra­to, che ha superato la crudeltà della miseria e potenza del mare pur di non morire insieme alla speranza, vede sbattere a un palmo dal suo naso tutte le porte dell’integrazione.

Perché quando fa freddo e la coperta è troppo corta, invece di avvicinarsi per farsi calore a vicenda, ci si contende ogni centimetro di stoffa cercando giustificazioni dietro fragili meriti, supposti o reali. Saranno dunque i disoccupati, i barboni, i nuovi poveri, gli esodati, i migranti, i pensionati in difficoltà, gli uomini senza lavoro cacciati di casa a con­clusione di pratiche di divorzio o separazione le persone che conosceranno questa nuova casa di accoglienza, tanto attesa dal popolo leccese per regalare a chi soffre la crisi una ventata di ossigeno e la voglia di ri­scattarsi nella società. Occorre, però, uno sforzo collettivo per comprendere che, con un po’ d’amore e di sacrificio in più, si può riuscire ad entrare tutti nella stessa coperta. 

Grazia Pia Licheri

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