Inaugurata la Casa della Carità/Il Card. Bertone: la vostra solidarietà luce e forza per questa Città
Un pane, un tetto/Mons. D’ambrosio: per i poveri l’avventura d’amore della nostra Chiesa.
Qualità della vita…
L’ALBERO DEL BENE CONTINUA A DARE FRUTTI
Anche quest’anno l’inverno si prepara a portare con sé il gelo della crisi. Gli ultimi dati statistici sono chiari: cresce dal 43,7% al 55,8% la percentuale di famiglie italiane che percepisce un peggioramento della qualità della vita, mentre s’indebolisce la soddisfazione per la situazione economica personale. C’è però l’altra faccia della medaglia, fatta di amore, solidarietà, volontariato. C’è chi si mette una mano sul cuore e contribuisce a risollevare il prossimo da terra, a scrollargli di dosso polvere e fango, a dargli la forza di ricominciare. L’ultimo frutto di questo albero del bene èla Casadella Carità, che con i suoi spazi e i suoi servizi si appresta ad offrire aiuto e accoglienza temporanea a 30 persone bisognose.
È una crisi del portafogli quella che ha ridotto i risparmi dei cittadini fino all’osso. Spesso, dei soldi, non rimane nemmeno l’ombra. È una crisi dello spirito, quella che per fame e per disperazione porta tanta gente ad infrangere le loro stesse regole morali, oltre che ogni residuo di dignità, rubacchiando cibo nei supermercati, lasciandosi rapire da giri illegali, rovistando tra le montagne di immondizia alla ricerca di uno scarto, di quello che il mondo del lusso ha gettato come un surplus ma che al loro occhio è linfa vitale. C’è una recessione del cuore, quando un giovane solo e senza lavoro deve arrangiarsi per vivere la sua giornata senza poter costruire un futuro, una famiglia, una ragione di vita che vada oltre la mera sussistenza; quando un anziano vorrebbe donare il mondo a figli e nipoti, per cui si è sempre sacrificato, ma con poche centinaia di euro al mese e tanti medicinali da pagare non può offrir loro null’altro che la propria stentata presenza; quando un immigrato, che ha superato la crudeltà della miseria e potenza del mare pur di non morire insieme alla speranza, vede sbattere a un palmo dal suo naso tutte le porte dell’integrazione.
Perché quando fa freddo e la coperta è troppo corta, invece di avvicinarsi per farsi calore a vicenda, ci si contende ogni centimetro di stoffa cercando giustificazioni dietro fragili meriti, supposti o reali. Saranno dunque i disoccupati, i barboni, i nuovi poveri, gli esodati, i migranti, i pensionati in difficoltà, gli uomini senza lavoro cacciati di casa a conclusione di pratiche di divorzio o separazione le persone che conosceranno questa nuova casa di accoglienza, tanto attesa dal popolo leccese per regalare a chi soffre la crisi una ventata di ossigeno e la voglia di riscattarsi nella società. Occorre, però, uno sforzo collettivo per comprendere che, con un po’ d’amore e di sacrificio in più, si può riuscire ad entrare tutti nella stessa coperta.
Grazia Pia Licheri