C’è una Chiesa su nel Ciel
Preghiera, Elemosina e Digiuno: Viatico per la Purificazione.
Il Suffragio/Un’Opera di Misericordia: Pregare Dio per i vivi e per i morti
Tra le opere di misericordia spirituale troviamo: pregare Dio per i vivi e per i morti. In prossimità della commemorazione del 2 novembre consideriamo la preghiera di suffragio per i fedeli defunti. Pregare Dio per i morti è la vetta più alta delle opere di misericordia, è l’ultimo passo della carità, perché porta a riconoscere che vi sono innumerevoli situazioni che superano le capacità dell’uomo. Quando egli non può tutto, non gli resta che affidare a Dio i suoi cari. È anche la forma più matura di carità, perché totalmente gratuita e disinteressata. Radicata nella sacra Scrittura (vedi 2Mac 12, 46), la memoria dei defunti assume nella pietà cristiana varie forme. Anzitutto, la preghiera di intercessione. Essa esprime una verità ed una esperienza di fede che proclamiamo nel Credo: la comunione dei santi. Recita così il Catechismo: “Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati in cielo” (CCC 962). Da qui si comprende che le preghiere dettate dalla tradizione popolare accompagnano il cammino di purificazione di quanti dormono il sonno della pace nell’attesa dell’incontro personale salvifico con il Cristo Redentore. Ancor più qualificati sono la preghiera liturgica ed il sacrificio eucaristico celebrato anche per i fedeli defunti, affinché possano entrare nella luce e nella pace di Cristo, della cui morte e risurrezione la messa è vivo memoriale. Così i vivi sostengono i morti nel processo della loro purificazione. Ma precisiamo un aspetto. Il suffragio non ha lo scopo di ridurre temporalmente questo processo. Non possiamo sapere come la nostra preghiera gioverà a un defunto. Ci basta confidare in questo fatto e lasciare con fiducia a Dio la “concreta” applicazione della nostra preghiera per la salvezza dell’uomo. Infine, sulla scia degli insegnamenti dei Padri, la Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze (CCC 1471 e ss.) e le opere di penitenza a favore dei defunti.
Vincenzo Martella
Convinzioni sbagliate/Messe per i defunti: “È mia, quanto costa?”
L’espressione “pagare la Messa” è impropria anche se comunemente purtroppo è ancora utilizzata dalla gente. E ciò nonostante che ormai tutti i sacerdoti si ingegnino in ogni modo a correggere questa espressione e suggeriscano altre espressioni più consone come “dare un’offerta libera per la celebrazione della Messa”. Secondo l’insegnamento della Chiesa la Messa non si “paga” ma si dà un’offerta perché in quella Messa si preghi per la relativa intenzione. L’offerta dei fedeli per la celebrazione della Messa è libera e strettamente collegata alla loro intenzione per la quale chiedono che si preghi in quella Messa; si tratta quindi di un segno concreto della loro partecipazione attiva alla celebrazione eucaristica e al bene della Chiesa. C’è anche da ricordare che la Messa rimane sempre la Messa di tutta la comunità che la celebra, quindi non è corretto dire “questa era la mia Messa, perché ho dato l’offerta per la mia intenzione”, oppure “è la mia Messa perché l’ho pagata”. La celebrazione della Messa è sempre l’unico sacrificio di Cristo cui si unisce l’offerta personale di tutti i fedeli che formano l’assemblea presieduta dal sacerdote e nella quale si prega anche per l’intenzione di quel fedele che ha accompagnato questa richiesta con la sua offerta in denaro. Altra precisazione riguarda la Messa per i defunti. Se è vero che le intenzioni per cui si fanno celebrare le Messe sono quasi sempre per i defunti, occorre ricordare che le intenzioni possono riguardare anche le necessità particolari dei vivi. Detto questo diventano più chiare e semplici le risposte alle altre domande. Pregare per i defunti e far celebrare la Messa per il loro suffragio è un’antichissima tradizione della chiesa. Lo ricorda il catechismo degli adulti della Chiesa italiana: “Il cristianesimo antico, in continuità con la tradizione ebraica, coltiva la pietà verso i defunti: preghiera, elemosina, digiuno e soprattutto celebrazione dell’eucaristia. Col volgere dei secoli si sovrappongono credenze popolari e vivaci rappresentazioni riguardanti il luogo, la durata e la natura del purgatorio. Ma l’insegnamento del magistero ecclesiale si mantiene estremamente sobrio e si può così riassumere: al termine di questa vita terrena, è concessa ai defunti, che ne hanno ancora bisogno una purificazione preliminare alla beatitudine celeste”. Da dove viene questa usanza? È chiaro quindi anche il motivo per cui si prega per i defunti: trovandosi essi in questo stato di purificazione, il purgatorio appunto, “possono essere aiutati dai suffragi della Chiesa e dei singoli cristiani, soprattutto dalla santa Messa” – continua il catechismo – . È infatti nella celebrazione della Messa che si esprime la comunione dei santi, ossia la solidarietà dei credenti e della comunità cristiana nel pregare Dio, che ci vuole solidali davanti a sé e ci chiede di cooperare con la sua grazia, per facilitare la purificazione dei defunti.
Mattia Murra