Pubblicato in: Ven, Mar 13th, 2015

LE TAVOLE DI S. GIUSEPPE/“SANTI” E POVERI ALLA STESSA MENSA

IL CULTO NEL SALENTO

Nel mezzo del mese di marzo, quando la primavera è alle porte, si festeggia San Giuseppe, l’uomo giusto, sposo di Maria e padre putativo di Gesù, protettore univer­sale della Chiesa e in particolare dei pove­ri, dei moribondi, dei padri di famiglia, degli artigiani, in quanto artigiano anch’egli, il cui culto fu sancito da papa Sisto V nel 1497. La scelta della data non è causale perché, secondo le direttive stesse di San Gregorio Magno, le feste cristiane dove­vano sostituirsi ai riti pagani, in questo caso ad antiche liturgie per propiziare un buon raccolto, con fuochi e offerta di cibo.

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Nella Roma antica si celebravano a questo scopo i Saturnali in onore di Saturno, i Matronalia in onore di Giunone Licinia il 1° marzo, quando le donne sposate offri­vano banchetti e doni agli schiavi. Il 17 marzo la dea “Dia”, simbolo delle fecondità creatrice della natura e della sua immensità. Sempre a marzo ricorrevano le Quin­quatria Maiores, in onore di Minerva protettrice degli artigiani con la preparazione di dolci al farro, frutta e miele. La condivisione di un banchetto unisce dunque tutti questi rituali in perfetta sintonia con l‘agape cristiana, l’amore per il prossimo che comprende la condivisione della mensa.

CURIOSITÀ

“Il legame delle tavole con i valori di condivisione, carità e solidarietà sono dimostrati da un aneddoto che gli anziani raccontano ad Uggiano. Una famiglia aveva preparato la massa, ma quando si presentarono persone ritenute “poco di buono” non fu loro permesso di assaggiarla.

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La “massa” andò a male e nel recipiente che la conteneva trovarono vermi. Durante la Settimana santa i grossi pani delle Tavole vengono suddivisi e distribuiti fra i conoscenti. Le zeppole, dolce salentino tipico di San Giuseppe, rappresenterebbero i riccioli prodotti piallando il legno nell’attività di falegname”.

LUOGHI ED EVENTI

Molti sono i luoghi del sud Salento dove rimane viva la tradizione: Giurdigniano, Minervino di Lecce, con le frazioni di Cocumola e Specchia Gallone, Giug­gianello, Sanarica, Poggiardo San Cas­siano, Santa Cesarea con le frazioni di Cerfignano e Vitiliano. Ad essi si ag­giunge nel Nord Salento Guagnano. A Giurdiniano, che ne vanta le origini, una grande tavolata in piazza e altre private testimoniano lo spirito comunitario. Alle cerimonie religiose, tra cui la solenne processione, si accompagnano lumina­rie, musica e spettacoli per un mix tra tradizione e modernità. A Minervino il rito viene fatto risalire al 1468 quando migliaia di albanesi approdarono in Puglia e i patruni, signorotti del paese, offrirono cibo ai poveri, tradizione che mantennero nel tempo una volta l’anno. Oggi le solerti massaie fin dall’alba di mercoledì 18 si attivano per preparare le tredici pietanze delle varie tavolate. In Piazza Convento tavolata all’aperto. A Cocumola vi è stretta osservanza della tradizione; I vermicelli sono cuci­nati durante la notte recitando preghie­re a partire dalle due fino al mattino e “fare il santo” è considerato un grande onore che prima o poi tocca a tutti. La tavolata comunitaria è in piazza San Nicola. Ad Uggiano la Chiesa Maria Maddalena accoglie i visitatori in piazza Umberto I con il dono di una puccia devozionale offerta dalle famiglie. Alle ore18.00 di mercoledì le porte delle case si aprono per mostrare i banchetti che saranno consumati il giorno dopo. A Guagnano il rito prende il nome di Matthra, la tavola ribaltabile dove si im­pastava il pane e conservava la farina, da cui il detto “Sparagna la farina quan­do la matthra è china”. Il vecchio “trainu della matthra”, che un tempo distribuiva il cibo nel paese, è stato sostituito da un trattore debitamente allestito su cui siede la Sacra famiglia, per una tavo­lata itinerante. Sull’uscio di casa ogni famiglia sistema la sua tavola in attesa che il trattore venga a ritirare le pietan­ze e le distribuisca.

LA RICETTA DELLA MASSA

La “massa” è la ricetta cardine delle Tavole di San Giuseppe e presenta almeno due varianti che hanno in comune la pasta fatta a casa e i ceci. Prima va­riante, diffusa in Terra D’Otranto: ingredienti (ricetta per 10 persone circa): 600 grammi di pasta fresca (ottenuta con 350 gr. di farina e 250 gr. di acqua e sale), 500 gr. di mugnoli , 200 gr. di olio, 100 gr. di cipolla, pepe, chiodi di garofano, cannella.

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Preparazione: impastare la farina di grano duro, con acqua e un po’ di sale, lavorarla per un po’ e creare delle sfoglie sottili utilizzando il matterello;tagliare le sfoglie in fa scioline, la “tria” e lasciare, asciugare per circa otto giorni; lessare quindi i cavoli, a metà cottura aggiungere la massa; una volta raggiunta la cottura aggiungere dell’olio e una cipolla fritta e mescolare a fuoco spento. Una seconda variante non prevede i mugnoli, ma la cottura dei ceci, l’amalgama con la pasta fatta a casa lessata e l’aggiunta finale di striscioline di tria messe da parte e fritte (ciceri e tria).

I PREPARATIVI

La preparazione dei cibi lunga, elaborata e di impe­gno anche economico, è un rito collettivo declinato soprattutto al femminile. Generalmente è la devota padrona di casa a coordinare le varie attività che devono essere realizzate lentamente e accompagna­te dal canto di inni sacri e la recita di preghiere. In genere chi prepara una Tavola “lo fa per adempiere un voto “per grazia ricevuta” o per invocarla. A tal proposito la frase ricorrente in questo giorno è “San Giuseppe te l’aggia ansettu”, cioè “San Giuseppe gradisca il tuo sacrificio”che è la formula con cui si sostituiscono i ringraziamenti.

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Vengono poi allestite nella stanza più bella delle case dei devoti lunghe tavole imbandite, ricoperte da candide, preziose tovaglie di corredo decorate come un altare con fiori soprattutto narcisi, fresie, gigli, e con ceri. Al centro un’immagine di San Giuseppe. Colori prevalenti il bianco e il giallo, tipici dell’ico­nografia del santo. Le varie tavole sono aperte al pubblico la sera della vigilia, dopo la benedizione del sacerdote e oggetto di un pellegrinaggio che anticipa la visita ai Sepolcri del Giovedì Santo.

Pagine a cura di Lucia Buttazzo e Rocco Boccadamo

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  1. Sara Mariano ha detto:

    Trifone Mariano era il mio bisnonno, la sua storia, quella dei suoi fratelli e dei suoi figli si è persa nel tempo e riposa con i miei antenati ed in ultimo mio padre nella tomba di famiglia a Trifone intitolata… Mi piacerebbe molto sapere di Trifone, di don Vitale (alla storia della mia famiglia conosciuto come “Zi Papa”) dei figli di Trifone (Settimio mio nonno), so solo ciò che leggo qui su internet…sarebbe bello poter risalire alla loro ed alla mia storia…alla storia della loro casa in Marittima, alla carriera ecclesiastica del mio pro pro zio don Vitale. Avete ulteriori notizie in merito?

    • webmaster ha detto:

      Buona sera, sig.ra Mariano, l’articolo è un po’ vecchio e la rivista ha da un po’ bloccato le pubblicazioni. Proverò a contattare una delle autrici e spero che metta sotto l’articolo una risposta alle sue richieste, Grazie di averci contattato.

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