Erano Famosi/Il Ciclismo di una volta… faticoso e povero
Continua il racconto di Francesco Tarantino, appassionato ciclista salentino ancora in gara a 85 anni.
“Anche ottenere una semplice bottiglia d’acqua era pressoché impossibile Coppi, Bartali, Kübler, Koblet e altri grandi professionisti erano coadiuvati da alcuni gregari che correvano avanti entravano in un bar e si facevano dare una bottiglia d’acqua senza pagarla, solo per i capitani”.
Trofeo S. Pellegrino – Monteroni – 15 giugno 1958
Francesco, che rapporto avevi con il ciclismo di Monteroni?
A Monteroni ho creato sin dagli Anni ’60 una società ciclistica: la “Polisportiva Tarantino Francesco”, in quanto ne ero il Dirigente Sportivo con Licenza rilascitami dall’Unione Velocipedistica Italiana di Roma. Avevamo un furgone che ci era stato fornito dalla “Telefunken”, il famoso marchio radiofonico tedesco, ora anche televisivo, una sorta di sponsor della società. Con l’ausilio di questo furgone potevamo spostarci agevolmente nelle varie competizioni regionali. Corridori e bici insieme. Ho collaborato per lungo tempo anche con l’Atala di Lecce che era solita fornirci una Balilla per gli spostamenti. Ricordo che una volta con i miei ragazzi prendemmo il treno e salimmo sui vagoni con tutte le biciclette ma non appena giungemmo nei pressi della stazione di Bari ci fecero scendere forzatamente e fummo costretti a raggiungere il luogo della gara in sella alle nostre bici.
Con quali biciclette si correva e quali tecniche o strategie si utilizzavano?
Ad un certo punto rimasi senza bicicletta e decisi di acquistare una “Ideor”, marchio di bici d’epoca abbastanza quotato e quasi introvabile. Il rivenditore si trovava a Copertino. Come la vidi compresi che sarebbe stata perfetta per me ma non avendo le possibilità economiche necessarie a coprire l’intero prezzo d’acquisto concordai un pagamento dilazionato di 3 mila lire al mese che attraverso le gare contavo di guadagnare. Per cui durante le competizioni mi arrovellavo il cervello e calcolavo tutto pur di arrivare anche secondo pur di ottenere almeno una somma di 5 mila lire. Inutile dire che alla fine riuscì a saldare l’intera cifra e la bici fu davvero mia. Purtroppo però durante gli allenamenti che precedettero la gara di Ruvo di Puglia mi gettarono violentemente a terra e nell’urto si spezzò la forcella della bicicletta e dovendo di lì a poco gareggiare dovetti accontentarmi di una sostituta che mi fornì la società, peccato che fosse troppo alta per me.
Trofeo S. Pellegrino – Monteroni – 15 giugno 1958
Da una “Bianchi” adattissima alle mie misure passai ad una Atala per ‘giganti’. Considerando che la mia altezza era 1 metro e 68 circa alla fine della gara avevo le spalle a pezzi proprio perché se la bici non è adatta alle tue misure rischi di rimanere infortunato. Quella volta giunsi quindicesimo ma gareggiavano in 130 quindi me la cavai ma il punto e che avrei potuto realizzare una classifica migliore se avessi avuto la bici adatta. Durante la gara non c’era la possibilità di comunicare via radio come adesso. Si poteva parlare solo alla partenza e poi all’arrivo, non c’era modo di interagire con il direttore sportivo né con nessun tecnico.
Un ciclista del passato che ammiri e stimi.
Personalmente ero assai tifoso di Fausto Coppi non posso negarlo ma apprezzavo molto anche Fiorenzo Magni, corridore essenziale entrato a pieno titolo nella storia del ciclismo, non allo stello livello di Coppi ma egualmente importante. Li ho conosciuti entrambi, erano unici. Non tralascio certo Gino Bartali che, a mio giudizio salvò l’Italia, proprio perché con la sua vittoria al Tour de France 1948, contribuì ad allentare il clima di tensione sociale venutosi a creare dopo l’attentato a Palmiro Togliatti. Ricordo comunque con piacere Baldini, Fantini e Moser, l’ho rivisto dopo anni poiché è stato nostro ospite a Lecce durante le gare con l’Associazione 50&Più, adesso è divenuto un vitivinicoltore.