Gen. Bellini/“Siamo in pace o in guerra? Dal Papa un’opera concreta di pacificazione”
E proprio sull’Isis vorremmo farle una domanda. Spesso noi tutti anche quelli mediamente acculturati stentiamo a farci un’idea esatta di questo nuovo protagonista nel contesto del composito mondo islamico. Ci può dare qualche utile indicazione?
Cominciamo col dire che un documento utilissimo a riguardo è rappresentato da un recente libricino distribuito col Corriere della Sera di Loretta Napoleoni, dal titolo l’Isis. Ne vorrei sottolineare solo pochi concetti. Innanzitutto è bene considerare che l’Isis non è solo un’organizzazione terroristica, ma è anche un vero e proprio Stato, creato in poco tempo, con un territorio, specifiche strutture di governance e leggi proprie L’obiettivo dichiarato dell’Isis è quello di allagarsi ulteriormente fino a raggiungere possibilmente le dimensioni del Califfato di Baghdad distrutto dai Mongoli intorno al 1300.
Come si può combattere l’Isis?
Per realizzare tutto ciò l’Isis risulta essere il primo e unico esempio dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale di uno Stato che tenta di allargarsi con la forza delle armi. In ultima analisi il Califfo attuale Abu Bakr al-Baghdadi vuole coronare il sogno di offrire al mondo islamico uno Stato confessionale in cui tutti si riconoscano, in grado di proteggere comunque gli islamici di tutto il mondo, impersonando di fatto, forma anche più rigorosa, un ruolo simile a quello svolto da Israele a favore di tutto il mondo ebraico. L’Isis, a dispetto delle apparenze, opera con strutture e procedure modernissime e si avvale di tutte le possibilità offerte da tutte le tecnologie disponibili specie quelle informatiche e telematiche sia per operare sia per comunicare. Si può comprendere perciò quanto sia difficile per la comunità internazionale combattere l’Isis in una sorta di guerra asimmetrica, all’interno della quale trova ampio impiego il terrorismo sviluppato in genere con gruppi di kamikaze.
In questo scenario, non proprio roseo, quale ruolo può giocare l’Italia?
Il nostro Paese appartiene alla cerchia ristretta dei Paesi più i industrializzati e come tale ha il dovere di prendere parte attiva alle iniziative di vario genere messe in atto dalla comunità internazionale, specie quelle definite per controllare e possibilmente bloccare il terrorismo di qualunque natura e quindi anche quello sviluppatosi nell’area del cosiddetto fondamentalismo islamico. Oggi l’Italia vanta la più consistente partecipazione alle missioni di pace in atto. Ed in tale contesto la sua presenza più qualificante si esprime nel campo della formazione delle forze di sicurezza locali. Personalmente ho assistito ad un colloquio a livello dei Ministri delle Difese degli Usa e dell’Italia. In tale occasione ho avuto conferma che gli Americani hanno sempre molto apprezzato il contributo dell’Italia. In quell’occasione ci fu chiesto espressamente di lasciare in un certo teatro operativo, da cui ci stavamo ritirando, almeno il personale addetto alla formazione ritenuto in assoluto il migliore a livello mondiale, in modo particolare i Carabinieri utilizzati anche per l’Intelligence ed in altri settori operativi molto delicati come la difesa dell’ambiente, la protezione delle opere d’arte e la ricerca di esplosivi. In definitiva l’Italia sta svolgendo appieno la sua parte e continuerà a farlo, ritengo, anche per il futuro, impersonando un ruolo da protagonista mantenendo gli standard di qualità sin qui dimostrati.
Quale contributo può dare la Chiesa per controllare il pericolo del terrorismo internazionale specie di matrice fondamentalista.
La Chiesa con la sua esperienza millenaria saprà certamente individuare i modi per dare un contributo importante alla pacificazione degli animi ricercando il giusto dialogo con la parte più illuminata del mondo islamico che subisce le prepotenze ideologiche della componente fondamentalista. Il Papa ha già detto che l’aspirazione dei popoli non può essere che quella di convivere pacificamente nel rispetto delle tradizioni dei sentimenti religiosi di ciascun popolo. Per fare opera concreta di pacificazione il Papa non ha esitato ad esporsi anche a rischi terribili per la sua incolumità personali dimostrando la sua ferma convinzione che in fondo gli uomini possono e devono ricercare linee di convivenza e di collaborazione che rappresentino progresso per tutti. Rifuggendo da scorciatoie di tipo violento che non possono fare altro che mettere a rischio la serenità la tranquillità di tutti. In definitiva la Chiesa sta già svolgendo al meglio il ruolo che le è proprio in una forma di grande equilibrio importantissima in questa fase in cui molti dei protagonisti sulla scena mondiale operando istintivamente senza considerare le giuste rivendicazioni e aspirazioni degli altri.